L’enciclica di papa Francesco Laudato si’ (LS) del 2015 (con la recente integrazione dell’esortazione apostolica Laudate Deum [LD], resa pubblica il 4 ottobre 2023) ha attirato l’attenzione della riflessione ecclesiale sulla questione ambientale; ha rinnovato altresì la considerazione dei rapporti dell’essere umano con il creato: sacramento di comunione[1], dispiegarsi di reti e di connessioni tra i suoi molteplici elementi[2]. L’enciclica sottolinea come l’uomo debba contemplare la natura dall’interno[3], riconoscendo e assumendo i legami di fraternità che sussistono fra tutti gli esseri viventi che in essa vivono[4]. Nelle pagine iniziali il Papa cita il Cantico delle creature di san Francesco[5], con il suo ripetuto invito alla lode. Il Cantico è una bellissima preghiera, ma è anche una meravigliosa poesia[6].
Da questa considerazione è sorta per noi una provocazione: che ruolo ha la natura nella poesia? Il tema è vasto, quanto il creato e quanto lo spazio del linguaggio: spazio umano per eccellenza che si nutre di simboli. Potremmo dire che creato e poesia quasi coincidano, giacché il creato di per sé è luogo di relazione e di relazioni, e la poesia, in quanto spazio di parola che vive dell’apertura tra due soggetti, vive del creato.
Consapevoli dell’ampiezza di tale domanda, possiamo progettare un breve percorso che colleghi alcuni testi, di poesia e in prosa, senza alcuna ambizione di esaustività e con il desiderio piuttosto di trasmettere al lettore la curiosità e il gusto per una personale ricerca di come la letteratura, nei modi propri e con le regole formali che le appartengono, coglie e trasmette le possibili relazioni dell’umano con il creato.
«Cantico delle creature»
Il primo testo che presentiamo qui non può non essere che il Cantico delle creature[7] di san Francesco di Assisi[8]. Lo è per una duplice ragione. La prima: è il testo che papa Francesco ha scelto per la sua enciclica. È dai suoi versi che è stato tratto il titolo del documento pontificio. La seconda ragione: il Cantico è considerato da molti studiosi come il primo testo scritto in lingua volgare italiana di cui si conosca l’autore[9]. Nel tempo in cui la lingua della Penisola stava vivendo la muta, in bilico tra il latino, ormai corrotto e lontano dall’uso del popolo, e le primizie di un’altra lingua che stava faticosamente nascendo, il cosiddetto «volgare» (dal termine latino vulgus, «popolo»). In
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