Dopo aver trattato il tema della desolazione[1], vediamo ora l’altro grande pilastro del discernimento degli spiriti proposto dal cammino degli Esercizi spirituali (ES), la consolazione. Anch’essa, sebbene certamente più allettante e desiderabile della sua «sorella speculare», la desolazione, non è per questo priva di insidie e di pericoli per chi, come l’esercitante, è alla ricerca della volontà di Dio. Ci sono infatti anche delle consolazioni che sono buone solo in apparenza e possono con facilità ingannare (cfr ES 329-336). Per questo si richiede nella persona maturità (propria di chi non resta abbagliato semplicemente da ciò che luccica), capacità di valutazione critica e, soprattutto, libertà interiore.
Ignazio presenta in questi termini la consolazione spirituale: «Si intende per consolazione quando si produce uno stimolo interiore, per cui l’anima si infiamma di amore per il suo Creatore e Signore, e quindi non può amare nessuna delle realtà di questo mondo per se stessa, ma solo per il Creatore di tutte; così pure quando uno versa lacrime che lo portano all’amore del Signore, sia per il dolore dei propri peccati, sia per la passione di Cristo nostro Signore, sia per altri motivi direttamente ordinati al suo servizio e alla sua lode. Infine si intende per consolazione ogni aumento di speranza, fede e carità, e ogni gioia interiore che stimola e attrae alle realtà celesti e alla salvezza dell’anima, dandole tranquillità e pace nel suo Creatore e Signore» (ES 316).
Qui viene offerta la descrizione di una situazione interiore, non certamente una definizione. La prima caratteristica è che si tratta di un «movimento intimo», non superficiale, che tocca nel profondo, ma non è appariscente. In secondo luogo, questa situazione interiore è legata al pilastro attorno a cui ruota il cammino degli Esercizi, il «Principio e fondamento»(«amare ogni cosa nel suo Creatore»)[2]; in questa prospettiva anche il dolore può diventare motivo di consolazione (molto diversa quindi da un semplice «sentirsi bene»), perché riconduce alla verità del rapporto con Dio[3]. La svolta decisiva nella vita di Ignazio è legata all’incidente occorsogli a Pamplona, che lo vede ferito e infermo per un lungo tempo: quel tempo diviene occasione di una radicale trasformazione della sua relazione con Dio[4]. Infine, è interessante che, nel nominare le virtù teologali, Ignazio inizi con la speranza, intesa come ciò che indica il cammino.
Ma la consolazione, come si notava, può anche diventare una tentazione, in quanto si può
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