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Chiesa e spiritualità

Il re prepotente e il povero Nabot: una storia infinita

Giancarlo Pani

21 Luglio 2018

Quaderno 4034

Control and power. Foto: iStock/SergeyNivens

«La storia di Nabot è antica nel tempo, ma nella realtà è storia di tutti i giorni»[1]: Ambrogio inizia così il racconto del povero Nabot assassinato dal re Acab per impadronirsi della sua vigna. Nabot di Izreèl, Acab di Samaria, sua moglie Gezabele e il profeta Elia sono i personaggi del Primo libro dei Re, dove si narra la vicenda[2]. Sono i protagonisti del tempo passato: il re, potente che tutto possiede, brama anche una piccola vigna che confina con le sue sterminate proprietà; la moglie è l’istigatrice del delitto; c’è poi il povero che ha solo una modesta vigna, ereditata dai padri; e infine il profeta che denuncia l’ingiustizia e scuote le coscienze.

La storia si ripete all’epoca di Ambrogio, nell’allora capitale dell’Impero romano, che va cambiando profondamente e trasformandosi, dove i potenti hanno ricchezze immense che sperperano in modo indegno: non solo in case decorate d’oro e in palazzi ornati di pietre preziose, ma anche in giochi grandiosi per onorare i propri figli, oppure in conviti con centinaia di portate. Il loro sfoggio di ricchezza stride con la povertà e la miseria delle masse.

Qui emerge Ambrogio, il vescovo di Milano, proveniente da una famiglia di origine senatoria, agiata e potente. Da catecumeno era stato prefetto della città e aveva conosciuto bene, di persona, i giochi e gli imbrogli dei ricchi e dei potenti. Divenuto cristiano, aveva devoluto alla Chiesa tutti i beni di proprietà. Il diacono Paolino, il suo biografo, documenta che egli aveva donato anche l’oro e l’argento che possedeva.

Acab e Nabot sono anche personaggi della storia di ogni tempo e di ogni luogo[3], dove il potere diviene prepotenza, e la giustizia ha il volto della corruzione. Nella storia siamo presenti anche noi che non ci accontentiamo di ciò che abbiamo e vogliamo possedere sempre di più a scapito dei poveri e dei meno fortunati. Ma la parola di Dio, su cui si fonda l’opera di Ambrogio, ha una forza inattesa, un valore perenne e risuona attuale ogni volta che si perpetra un’ingiustizia a danno degli ultimi, dei miseri, degli sfruttati, degli affamati.

La storia di Nabot

Ambrogio scrive La storia di Nabot verso la fine del IV secolo[4]. L’episodio biblico deve essere rimasto impresso a fondo nella sua mente, poiché egli vi rinvia in molte opere[5]. Il vescovo cala la sopraffazione di Acab nella particolare situazione sociale, politica e

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Il re prepotente e il povero Nabot: una storia infinita

Giancarlo Pani

Scrittore emerito de La Civiltà Cattolica.


21 Luglio 2018

Quaderno 4034

  • pag. 119 - 130
  • Anno 2018
  • Volume III

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Antico testamento Bibbia Potere Povertà

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