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Ancora oggi, la nozione di «periodo assiale (Achsenzeit)» è oggetto di accesi dibattiti. Dovremmo considerarlo un «mito» o una realtà storica vera e propria? In un primo approccio, dobbiamo affrontare il concetto come uno strumento di analisi piuttosto che come una realtà storica saldamente ancorata nel tempo (una dinastia o la rivoluzione industriale, per esempio). Karl Jaspers ha introdotto l’espressione «periodo assiale» all’indomani della Seconda guerra mondiale. Il contesto spiegava sia la prospettiva storica adottata sia le riserve ben presto emerse nei suoi confronti: si trattava allora di ripensare a quale potesse essere il fondamento di un umanesimo condiviso.
Ma occorre notare che il modo in cui Jaspers immaginava l’evoluzione di cui voleva rendere conto rimaneva ben poco articolato: nella «grande narrazione» che ci consegnava, le categorie di pensiero dominanti sembravano scomparire quando un’altra categoria prendeva il sopravvento; il mythos inevitabilmente spariva a vantaggio del logos, il politeismo a vantaggio del monoteismo. Da allora abbiamo imparato a considerare la storia del pensiero in termini di spostamenti, aggiustamenti, sintesi nuove e talvolta sconcertanti, a volte di ritorno al passato, e non solo in termini di opposizioni nette o di successioni senza ritorno.
Slanci decisivi
Tuttavia l’idea-forza di Jaspers rimaneva ancorata a un’osservazione che non dovrebbe essere qualificata troppo rapidamente come «mitica»: essa riguarda ciò che è avvenuto tra l’800 e il 200 a.C., e più in particolare tra il VI e il III secolo a.C. Si tratta di una serie quasi concomitante di slanci intellettuali che avrebbero fissato i punti di riferimento delle civiltà nelle quali si erano verificati, prima di mettere in discussione, molto più tardi, quelli di altre culture. Questi slanci introducevano le domande e i punti di vista da cui noi oggi siamo strettamente dipendenti…
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THE “AXIAL AGE” AND THE INVENTION OF A SHARED FUTURE
In spite of the criticism it has been subjected to, the notion of the “axial age” has the merit of highlighting a series of intellectual leaps that took place between 800 and 200 BC in India, Israel, China and Greece. During this period, these countries forged new ways of approaching the world, and these leaps were embodied in personalities who had the common trait of being “defeatist” aspiring to the ideal they saw. The canonisation of the texts thus produced closely followed the conclusion of this period. Even today, their reading constantly re-proposes their innovation. Situated at the end of the “axial age,” Jesus also gives its full meaning to the encounter between the wisdom and the classics that took shape in the different regions of the Planet. A consideration of this historical sequence leads us to reflect on the question: “What does it mean ‘to be human’ today?”.