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Come vanno risolti i problemi secondo Francesco, e in particolare quelli posti dall’Amazzonia? La risposta si trova in una parola spagnola che ricorre cinque volte nell’Esortazione apostolica Querida Amazonia e che è il motore o, meglio, il cuore pulsante del testo. Ma in realtà, in generale, lo è del modo di vedere stesso di papa Francesco. Il termine è desborde o, nella forma verbale, desbordar. Difficile tradurlo in altre lingue sempre con la stessa parola. Potremmo dire debordare, sovrabbondare, oltrepassare, traboccare…
Nei grandi problemi, come quello che l’umanità si trova ad affrontare in Amazzonia, «la via d’uscita si trova per “traboccamento” (la salida se encuentra por “desborde”)»[1], afferma papa Francesco. E aggiunge che, per poter riconoscere il «dono più grande che Dio sta offrendo», bisogna «ampliare orizzonti al di là dei conflitti» e trascendere le dialettiche che limitano la visione. Non basta disciplinare la vita, la si deve aprire a Dio, la cui presenza è sempre maggiore, «traboccante».
Già nel 1989, l’arcivescovo Bergoglio spiegava che la crisi della politica attuale consiste nell’incapacità di governare il potere della tecnologia con quell’unità interiore che scaturisce dai fini reali e dai mezzi usati su scala umana. Ciò rende «gnostica» la politica, nel senso che, pur possedendo un sapere, manca di unità. Egli affermava: «Questa crisi […] si può superare attraverso lo straripamento interno, ovvero [entrando] nel nucleo stesso della crisi, assumendola nella sua totalità, senza rimanervi intrappolati, ma trascendendola verso l’interiorità»[2].
Desborde, che in italiano si può rendere con «straripamento» o «traboccamento», è una parola cara a Francesco, che la mette in evidenza anche quando a usarla è qualcun altro. Nel Sinodo, mentre parlava del traboccamento della misericordia di Dio, egli ha detto: «È un traboccamento che suor Miranda ha espresso con una parola che mi ha colpito molto: il traboccamento dell’itineranza[3]. Soltanto chi è in cammino è capace di traboccarsi»[4]. E nell’Esortazione ha dato voce alle poetesse e ai poeti amazzonici che parlano del fiume che straripa: «Nasce ad ogni istante. Discende lenta, sinuosa luce, per crescere nella terra. Scacciando il verde, inventa il suo corso e cresce»[5] (QA 45).
Che cosa significa questo termine nel pensiero di Francesco? È necessario considerare il traboccare da diverse prospettive.
Il traboccamento dell’agire di Dio
Riteniamo anzitutto che il desborde, il «traboccamento», non vada considerato come un «termine tecnico», sebbene abbia un solido fondamento filosofico e si possa trovare l’origine del suo contenuto nel pensiero di Romano Guardini[6]. Esaminiamo ora alcuni testi in cui questo autore mostra la vita come pienezza che trabocca e supera se stessa, crescendo e maturando dall’interno.
«Come tale [pienezza], la vita contrasta la forma; vuole rimanere sempre sorgiva, liberamente zampillante. Impossibile da prendere, da legare, da sigillare. Sempre sfuggente, perennemente straripante, debordante oltre ogni forma e figura. Inesprimibile, inspiegabile»[7]. «C’è qualcosa nella vita che sorpassa sempre i limiti del prima e del poi»[8]. «La vita si protende oltre se stessa, si sorpassa, sta fuori di se stessa. E sa d’essere tanto più forte e più libera, quanto meno resta in sé chiusa»[9]. Anche il pensiero che concepisce questo superamento vitale deve essere educato per maturare in modo tale da riuscire a superare (hinauszuwachsen[10]) i limiti dei pregiudizi e ad avere una visione completa. Il desborde, il traboccare interiore, è, pertanto, essenzialmente una maturazione.
Tutti questi testi ci risultano familiari quando ascoltiamo Francesco. Ma non dobbiamo cercare di definire in astratto il «traboccamento». Nell’uso che ne fa il Papa esso è piuttosto una parola evocativa e indicativa, che invita a guardare oltre e genera un dinamismo «superatore» ogni volta che la vita sembra impantanarsi in interpretazioni che si contraddicono fra loro in maniera escludente.
Il fenomeno del desborde che il Papa ha presente come analogato principale è l’agire di Dio nella nostra vita e nella nostra storia: «È proprio del Cuore di Dio traboccare di misericordia»[11]. Francesco addita questo come il massimo dono di Dio (cfr QA 105). In esso si fondano sia il traboccamento come modo di agire sinodalmente sia il traboccamento come metodo pratico di pensiero. Sono un modo e un metodo che cercano di adeguarsi a questo dono di Dio sempre più grande, a questo «ambito vitale» che i traboccamenti di amore e di misericordia di Dio non cessano di creare e di offrire.
Perché avvenga questo «adeguamento» tra il desborde del dono maggiore di Dio e il nostro modo di agire e di pensare, è necessario operare un discernimento. E ciò s’impone ogni volta che ci troviamo davanti a un bivio. Si tratta di discernere il punto concreto – di apertura, di fragilità, di abbassamento – che permette i traboccamenti di Dio.
Quando diciamo «punto concreto», ci riferiamo al fatto che il traboccamento può avvenire sia per un intervento al momento giusto, sia per un cambiamento di tono, o forse per un gesto di abbassamento e/o di avvicinamento all’altro, che sbilancia ciò che bloccava la relazione vitale. Le immagini evangeliche in questo senso sono tante: dalla corsa del padre misericordioso che si getta al collo del figlio fino al chinarsi del Signore per lavare i piedi dei discepoli.
Traboccamento più che disciplina: un filo conduttore del Sinodo
Il discernimento su quando vadano posti limiti – disciplinari – e quando invece si debba lasciar agire e favorire il traboccamento di Dio nella nostra vita e nella storia è un filo conduttore degli interventi di Francesco nel Sinodo. La questione della disciplina appare già nel primo discorso: «Ci avviciniamo ai popoli amazzonici in punta di piedi […], estranei a colonizzazioni ideologiche che distruggono o riducono le specificità dei popoli. […] E ci avviciniamo senza ansia imprenditoriale di proporre loro programmi preconfezionati, di “disciplinare” i popoli amazzonici, di disciplinare la loro storia, la loro cultura; ossia quest’ansia di “addomesticare” i popoli originari»[12].
Alla fine del Sinodo, il Santo Padre è tornato a parlare delle questioni disciplinari e ha osservato che l’importanza del Sinodo non si poteva ridurre alle discussioni di tipo intraecclesiastico, preoccupandosi di chi «avesse vinto» in questa o in quella. Il Papa ha chiesto esplicitamente ai mezzi di comunicazione di dedicarsi piuttosto a diffondere «le diagnosi [del Sinodo], che è la parte più consistente, che è la parte dove davvero il Sinodo si è espresso meglio: la diagnosi culturale, la diagnosi sociale, la diagnosi pastorale e la diagnosi ecologica. Perché la società deve farsi carico di ciò»[13].
Nel cuore dell’Esortazione apostolica, Francesco ha chiarito che non «è ammissibile, di fronte ai poveri e ai dimenticati dell’Amazzonia, una disciplina che escluda e allontani [… da parte di] una Chiesa trasformata in dogana [… mentre essa è] “quella Madre che è chiamata a portare loro la misericordia di Dio”[14]» (QA 84).
E davanti ai problemi posti dall’inculturazione, nei punti finali dell’Esortazione, che sono punti chiave, il Pontefice ha ripreso l’immagine del «traboccamento» che aveva usato in un suo intervento spontaneo, affermando: «Analogamente [ai primi tempi della Chiesa], in questo momento storico l’Amazzonia ci sfida a superare prospettive limitate, soluzioni pragmatiche che rimangono chiuse in aspetti parziali delle grandi questioni, al fine di cercare vie più ampie e coraggiose di inculturazione» (QA 105).
Il traboccamento di Dio nella vita e nella storia
Nel suo intervento spontaneo, Francesco ha affermato di aver ascoltato con attenzione tutte le riflessioni, cercando sempre quanto c’era di positivo in ciascuna, ma che nel corso del Sinodo aveva provato anche una progressiva insoddisfazione e dispiacere nel vedere che non si trovava la strada. Lo ha espresso mostrando che c’era qualcosa che univa l’Assemblea: la convinzione che il conflitto amazzonico fosse qualcosa di totalizzante.
Tuttavia, le soluzioni che venivano avanzate erano proposte di rammendo, di carattere meramente disciplinare. È a questo punto che Francesco si è ispirato all’espressione di suor Arizete Miranda – il «traboccamento dell’itineranza» – e ha utilizzato due immagini per mostrare come Dio abbia risolto «per traboccamento» sia il conflitto del peccato sia il blocco iniziale della Chiesa primitiva, ancorata a questioni di tipo disciplinare.
La prima immagine è stata quella del traboccamento della Redenzione. «La Redenzione è stata un traboccamento», ha detto il Papa. A Dio non è bastato disciplinare le cose con la legge: è dovuto ricorrere alla Grazia, che è un traboccamento, è quel «più abbondantemente» dell’agire di Dio.
Oltre al traboccamento della misericordia di Dio, l’altro esempio menzionato da Francesco è stato quanto è accaduto nella Chiesa primitiva di fronte al conflitto fra tradizioni giudaiche e pagane. In quel caso le questioni non vennero risolte «disciplinando» i pagani, ma la Chiesa compì un «salto qualitativo, un salto di traboccamento», aprendosi all’azione dello Spirito.
È importante ricordare questi esempi, perché altrimenti la formulazione scelta da Francesco corre il rischio di non essere compresa correttamente, come è accaduto in alcune analisi dei suoi famosi quattro princìpi: il tempo è superiore allo spazio, la realtà è superiore all’idea, eccetera. Chi li trattasse come fossero princìpi meramente logici o filosofici si fermerebbe alla formula, come fosse una sorta di ricetta o di magia.
Quando Francesco afferma che alcuni conflitti si risolvono soltanto per traboccamento, occorre aggiungere: «per un traboccare di misericordia, come quello che Dio ha usato per risolvere il conflitto del peccato», o «con un traboccare di gioia nell’annuncio del Vangelo, come quello che ha spinto la Chiesa a uscire da sé come modo per superare conflitti culturali o disciplinari». Il tempo è superiore allo spazio e la realtà è superiore all’idea, perché solo nella totalità del tempo e della realtà Dio può elargire la sua misericordia debordante.
L’Amazzonia come simbolo del traboccamento di Dio nella creazione
Il traboccamento di Dio – della sua misericordia e della gioia di evangelizzare – non è un traboccamento di grazia che viene solo dall’alto, cioè un fenomeno meramente soprannaturale, ma preme anche dall’interno della creazione. Come dice la massima: «La grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona», la presuppone e la eleva[15]. L’intera creazione, sconfinata e multiforme, ha all’interno questo seme del traboccamento che la fa essere più di quel che è, uscire da sé, interconnettersi.
L’Amazzonia è una di quelle realtà in cui il mistero della creazione si manifesta e brilla in maniera unificata e traboccante. Il traboccamento, nel suo caso, ha una particolarità: non è possibile «disciplinarlo» senza distruggerlo. L’Amazzonia non si può addomesticare come altre realtà. In essa tutto è uno, «tutto è connesso» (QA 41), ma non attraverso connessioni esterne, come quelle create dalla tecnologia che consente di rimpiazzare pezzi, bensì tramite connessioni radicate in modo tale che tutte le parti esigono un rispetto integrale, sia dal nostro agire sia dal nostro modo di pensarle.
Dato che l’Amazzonia è una di quelle «realtà viventi la cui unità sorpassa le divisioni concettuali senza opporsi a esse»[16], per accedervi non è necessario, e nemmeno giusto, procedere a fonderne le parti come meri elementi di un tutto omogeneo, dato che ciascuna di esse è un fenomeno originario irriducibile. L’Amazzonia è un centro vivente per il quale vale la regola che guidava Guardini: «Più elevazione entitativa ha un essere concreto vivente, maggiore ne è il grado di intimità e, pertanto, più intensa la capacità espressiva»[17]. L’Amazzonia è un simbolo dell’attuale «coscienza ecologica che va avanti e che oggi denuncia un cammino di sfruttamento compulsivo, di distruzione»[18]. Come scrive Ana Varela Tafur: Molti sono gli alberi / dove abitò la tortura / e vasti i boschi / comprati tra mille uccisioni[19] (QA 9).
L’importanza dell’Amazzonia come luogo concreto e come simbolo con il quale confrontarsi sta nella sua capacità di suscitare un atteggiamento esistenziale che porti a cercare soluzioni creative, innovative: un futuro migliore. In essa, i popoli che l’abitano hanno creato culture che da sempre interagiscono in maniera saggia con la natura e hanno una parola da dire ad altre culture, le quali, in questo momento di crisi ecologica, non sanno come comportarsi verso la natura e si rivolgono a essa in maniera spasmodica, passando da una relazione ipertecnologizzata a un’altra distruttiva e caotica.
Interagire con realtà come la nostra amata Amazzonia – custodendole – fa sì che trovino il loro posto l’uomo, le culture, l’economia e la politica, cioè gli stessi soggetti a cui uno smisurato paradigma tecnocratico e tecno-economico lo ha fatto perdere di vista, per cui rischiano di distruggere la vita (cfr QA 46 e 52). Per questo Francesco afferma: «Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste» (QA 7).
Il traboccamento come maturazione
Ciò che è essenziale del fenomeno del traboccamento è contenuto nella parola «maturazione». Il traboccamento di Dio ha in sé un germe di unità che porta a maturare le realtà in cui trabocca.
Maturare è proprio della vita: maturano i semi, i frutti; maturano le persone e i popoli, le loro istituzioni e le loro culture. Maturare è traboccare interiormente nelle proprie circostanze, senza perdere unità.
Maturare è anche proprio del pensiero. Afferma Guardini: «La questione non è se esistano pregiudizi, ma quali siano. Non se lo scienziato possa riuscire a liberarsene, ma se li possegga “giustamente”, vogliamo dire, se l’aspetto dell’avere pregiudizi sia consaputo, e se venga superato e inserito criticamente in un ordine. L’educazione personale del pensiero ha il compito di far maturare oltre (hinauszuwachsen) tali limiti; di portare l’ambiente individuale in contatto e in intesa con il mondo umano complessivo, ma senza per questo perdere il radicamento elementare nel terreno particolare. Dunque, universalità organica»[20].
In questa citazione troviamo una dettagliata espressione degli atteggiamenti che Francesco mette in gioco quando parla di superare i conflitti per «traboccamento interiore». Il traboccamento come maturazione di un processo si proietta verso il futuro, con creatività, mentre nel presente si dà camminando con altri (sinodo) e dialogando (traboccamento di voci), in modo da riuscire a superare gli schemi concettuali rigidi e astratti. Notiamo che il Papa non teme che trabocchino le parti, perché ha fiducia che esse non vogliano rimpiazzare il tutto e troveranno il loro limite, il loro alveo: «Il conflitto si supera ad un livello superiore, dove ognuna delle parti, senza smettere di essere fedele a sé stessa, si integra con l’altra in una nuova realtà» (QA 104).
La realtà non è contraddittoria
Il traboccamento interiore, in quanto metodo di pensiero che si adegua al traboccamento di Dio nella vita, è un modo di contemplare la realtà senza paura e senza fretta di spiegarla con categorie astratte. Si tratta di stabilire un rapporto dinamico tra vita e pensiero e non soltanto tra idee, e questo presuppone la fiducia basilare nel fatto che la realtà non è contraddittoria. Se c’è qualcosa di contraddittorio che non permette di avanzare con soluzioni reali, allora ci troviamo di fronte a uno schema mentale riduttivo, parziale, che va superato.
Quando ci si inoltra con decisione nella realtà, accettando le tensioni in atto, si può giungere a «vedere» quell’unità propria di tutto ciò che è vivente, l’unità che produce e mantiene le tensioni polari in maniera feconda, senza esaurirsi in una soltanto, trascendendo le parti verso il tutto. È un tipo di pensiero che Bergoglio chiamava «sineidetico»[21]. Questo metodo consente di sviluppare un’«intuizione integrale»[22] che si apre al mistero di realtà dotate di intimità sulla base di un atteggiamento interiore che mantiene le tensioni e non si polarizza.
L’Amazzonia consente questa «incarnazione», perché è una realtà organica, dove tutto è collegato. Afferma il Papa: «“Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio”[23]. Le relazioni umane sono impregnate dalla natura circostante, perché gli indigeni la sentono e la percepiscono come una realtà che integra la loro società e la loro cultura, come un prolungamento del loro corpo personale, familiare e di gruppo sociale: Quella stella si avvicina / aleggiano i colibrì / più che la cascata tuona il mio cuore / con le tue labbra irrigherò la terra / che su di noi giochi il vento[24]» (QA 20).
Che tipo di «quadro di riflessione» è «Querida Amazonia»?
Papa Francesco ha affermato che la sua intenzione, con Querida Amazonia, non era né di sostituire né di ripetere il Documento finale elaborato dal Sinodo[25], ma di offrire l’apporto di «un breve quadro di riflessione» all’intero processo sinodale e «presentare ufficialmente» il Documento, invitando a leggerlo «integralmente» (QA 3).
Questa affermazione ha inquietato qualcuno riguardo al suo stesso «valore magisteriale». È stata molto interessante la risposta data dal card. Czerny a un giornalista che gli chiedeva dell’ordinazione dei viri probati utilizzando un’espressione ricorrente in quei giorni: il Papa «ha chiuso la porta». Czerny ha risposto dicendo che il modo migliore per capire le cose è pensarle come un «processo che andrà maturando», come un percorso[26]. Cercare di definire quale «porta è stata chiusa» è tutto il contrario dello spirito con cui va vissuto l’evento sinodale e con cui se ne devono leggere i documenti. Pensiamo che proprio a questo proposito vada tenuta a mente l’idea del «traboccamento».
Il quadro che il Papa apporta al Sinodo è «un quadro che trabocca». È in qualche modo paradossale, dal momento che non si tratta di un quadro che cerca di porre limiti esterni a un contenuto, ma che piuttosto stimola quel contenuto a maturare, camminando con altri in cerca di soluzioni nuove, creative. Con la sua Esortazione, il Papa non soltanto vuole aiutare a comprendere meglio il Documento finale, ma desidera orientare tutti verso «un’armoniosa, creativa e fruttuosa ricezione dell’intero cammino sinodale» (QA 2), comprese la preparazione e le applicazioni che verranno.
Per questo egli avverte dell’importanza del Sinodo come un tutto e raccomanda di non ridurlo a qualche aspetto in cui una posizione di parte prevale su un’altra. Nelle sue parole di chiusura del Sinodo, Francesco è stato molto duro rispetto a simili atteggiamenti di parte. Citando Charles Péguy, riguardo a coloro che hanno tali atteggiamenti, che ha definito di élite, ha detto: «Poiché non hanno il coraggio di stare con il mondo, loro credono di stare con Dio. Poiché non hanno il coraggio di impegnarsi nelle opzioni di vita dell’uomo, credono di lottare per Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare Dio». E ha aggiunto: «Mi ha fatto molto piacere che non siamo caduti prigionieri di questi gruppi selettivi che del Sinodo vogliono vedere solo che cosa è stato deciso su questo o su quell’altro punto intra-ecclesiastico, e negano il corpo del Sinodo che sono le diagnosi che abbiamo fatto nelle quattro dimensioni»[27].
Traboccamento e struttura dell’Esortazione
La struttura scelta per organizzare il materiale è suggestiva. La possiamo definire come una struttura «di sogni a fontana»: i capitoli dell’Esortazione sono quattro grandi sogni che la «cara Amazzonia» ispira al Papa. Così come i sogni, i temi traboccano uno nell’altro come l’acqua di una fontana da una vasca all’altra, ciascuna delle quali resta piena in sé e contemporaneamente si riversa nella successiva. Quando finisce il «sogno sociale», «nasce il sogno successivo», quello culturale (QA 27); da questo, a sua volta, «si fa strada il sogno successivo», quello ecologico (QA 40), «sogno fatto di acqua» (QA 43-46), da cui «prende avvio» il «sogno ecclesiale» (QA 60).
Il tema dei sogni ci ricorda il passo del profeta Gioele che papa Francesco ama spesso citare: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,1). «In che modo le due cose si completano a vicenda? Gli anziani hanno sogni intessuti di ricordi, delle immagini di tante cose vissute, segnati dall’esperienza e dagli anni. Se i giovani si radicano nei sogni degli anziani riescono a vedere il futuro, possono avere visioni che aprono loro l’orizzonte e mostrano loro nuovi cammini. Ma se gli anziani non sognano, i giovani non possono più vedere chiaramente l’orizzonte» (Christus vivit [CV], nn. 192-193). «Per questo è importante “lasciare che gli anziani facciano lunghe narrazioni”[28] e che i giovani si fermino a bere a questa fonte» (QA 34).
Il traboccamento a cui il Papa invita è più intergenerazionale che spaziale. «Abusare della natura significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorelle, della creazione e del Creatore, ipotecando il futuro» (QA 42). Possiamo pertanto leggere l’Esortazione e il Documento finale del Sinodo per l’Amazzonia alla luce di questo passo, in una dinamica di complementarità tra sogno e profezia. Il fatto che Francesco collochi il suo apporto dalla parte dei sogni dell’anziano si può leggere come un invito ad attribuire al Documento finale, specie alle diagnosi che ne costituiscono il corpo, la categoria di profezia[29]. I sogni ampliano la visione, ma concretizzandola. Molte cose che il Papa aveva espresso in altri documenti, ora che vengono applicate alla realtà amazzonica, acquistano nuova forza: si vede come l’universalità di un principio rifulge integra in qualcosa di concreto.
Traboccamento interiore: dinamica incarnatoria
Diversamente dalle fontane artificiali che vengono alimentate a cascata, qui è lo Spirito che procura l’acqua e fa sì che la dinamica non soltanto sia discendente, ma scaturisca anche dall’interno, come l’acqua viva che il Signore promette e che «zampilla» per la vita eterna (cfr Gv 4,14), come le «acque sotterranee (che) affiorano per abbracciarsi con l’acqua che scende dalle Ande» (QA 45).
Questa dinamica incarnatoria dell’Esortazione si può scorgere nell’intenzione del Papa di «offrire un breve quadro di riflessione che incarni nella realtà amazzonica una sintesi di alcune grandi preoccupazioni» già manifestate nei documenti precedenti[30]. Dunque non ci troviamo, come dicevamo, di fronte a un quadro teorico che contiene tutti i temi in maniera astratta, ma davanti a un quadro dinamico che cerca di incarnarli. Il Papa rinvia a una rilettura di interi passi di documenti precedenti. Per esempio, il «grande annuncio per tutti i giovani», che comprende le tre grandi verità – «Un Dio che è amore»; «Cristo ti salva»; «Egli vive!»[31] –, viene qui riproposto come parte del «sogno ecclesiale»: «Questo annuncio deve risuonare costantemente in Amazzonia, espresso in molte modalità diverse» (QA 64). E il desiderio, espresso nella Laudato si’, di ascoltare sia il grido della Terra sia quello dei poveri[32] e delle loro culture[33] si incarna nella Querida Amazonia, risuonando nelle voci delle poetesse e dei poeti che il Papa fa proprie, in un traboccare di citazioni inedito nei documenti papali[34].
Quando viene trattato il tema dell’inculturazione, risaltano due idee centrali. La prima è che lo Spirito è già presente in tutti i popoli e nelle loro culture; l’altra, che bisogna fare sempre una nuova sintesi culturale, anche con le culture «già evangelizzate». Afferma Francesco: «Ai suoi inizi, la fede cristiana si è diffusa mirabilmente seguendo questa logica, che le ha permesso, a partire da una matrice ebraica, di incarnarsi nelle culture greca e romana e di assumere al suo passaggio differenti modalità. Analogamente, in questo momento storico, l’Amazzonia ci sfida a superare prospettive limitate, soluzioni pragmatiche che rimangono chiuse in aspetti parziali delle grandi questioni, al fine di cercare vie più ampie e coraggiose di inculturazione» (QA 105). La comprensione della relazione tra Vangelo e cultura è sempre in una tensione bipolare: «Quando una comunità accoglie l’annuncio della salvezza, lo Spirito Santo ne feconda la cultura con la forza trasformante del Vangelo»[35].
D’altra parte, «la Chiesa stessa vive un percorso ricettivo, che la arricchisce di ciò che lo Spirito aveva già misteriosamente seminato in quella cultura» (QA 68). Non esiste un «Vangelo puro» da comunicare a una «cultura del tutto priva di Vangelo», e tantomeno un «Vangelo già inculturato in una cultura privilegiata», che debba venire impiantato sostituendo altre culture. La dinamica è sempre quella di «permettere e incoraggiare che l’annuncio del Vangelo inesauribile, comunicato “con categorie proprie della cultura in cui è annunciato, provochi una nuova sintesi con tale cultura”[36]» (QA 68; 129). Questa nuova sintesi va cercata anche nelle culture già evangelizzate e dentro le strutture e tradizioni più «cattoliche», per così dire.
Due testimonianze di conoscenza incarnata
Per concludere, presentiamo due brevi testimonianze, umili ma importanti, che ci aiutano non soltanto a comprendere intellettualmente che cosa può significare il «traboccamento» come idea, ma anche a sperimentare ciò che il Papa scatena quando con un intervento spontaneo dà testimonianza di ciò che gli trabocca interiormente e lo riversa nel Sinodo, parlando come un semplice membro di esso.
A prender nota delle testimonianze è stato Óscar Elizalde Prada, giornalista al Sinodo per l’Amazzonia. Si è trattato di due suoi brevi scambi di battute con alcune donne partecipanti: «“Il Papa ci ascolta”, mi ha detto un’indigena. Un’altra mi ha precisato che lui “è chi ne capisce di più su quanto accade in Amazzonia”. “Anche se ha passato soltanto poche ore a Puerto Maldonado?”, le ho chiesto. E mi ha replicato: “Ci sono molti che conoscono l’Amazzonia da anni, ma non la sentono come Papa Francesco”»[37].
Il «sentire» di cui parla quella donna è importante. Per interpretare bene la forza di convinzione con cui si esprime, ci avvaliamo di una riflessione di Guardini, che traduce questa esperienza in parole. Analizzando il problema gnoseologico di quel «concreto vivente»[38] che è l’essere umano, il teologo veronese fa riferimento a due diversi tipi di conoscenza. La prima è la conoscenza degli aspetti formali della realtà: «[La scienza] è atto formale che apprende la forma, e giunge fin dove giunge la forma, vale a dire, a tutto ciò che sia forma e che la forma possa rappresentare». La seconda è la conoscenza esperienziale: «Esiste però ancora un altro atteggiamento conoscitivo: in esso il conoscente s’esperisce non come posto “di fronte” all’oggetto, ma come uno che sente l’oggetto, o meglio, sente l’equivalente soggettivo d’esso, la sua rappresentazione “in se stesso” e sé “in essa”»[39]. «Quando, per esempio, una madre sa con perfetta chiarezza e sicurezza la momentanea situazione fisio-psicologica del suo bambino […], non lo potrebbe mai, come tale, esprimere in concetti, fosse pure la più acuta cultrice di filosofia; ma lo potrebbe con l’immagine, con un gesto, un’azione»[40].
Questo può aiutare a comprendere in maniera adeguata ciò che quella donna ha intuito sul «modo di conoscere del Papa». Con la sua risposta su come il Papa «sente» l’Amazzonia in maniera diversa, si colloca in un altro ambito di conoscenza. È una conoscenza interpersonale: lei, che vive in quei luoghi, sa che il Pontefice conosce la sua regione meglio di tanti altri. A questa si aggiunge l’affermazione della sua conterranea: «Il Papa ci ascolta». Siamo nell’ambito del «conoscere chi conosce», di apprezzarlo e dargli la parola, di ascoltarlo, cioè qualcosa di più del mero conoscere «ciò che ne sa».
Perciò le diagnosi del Sinodo hanno questo valore aggiunto, di cui hanno fruito nella loro elaborazione coloro che vivono in Amazzonia e là mettono in gioco la loro vita. E per essi la cosa più importante è il fatto che il Papa dimostra loro di conoscerli «sentendo» la loro realtà «come la sentono quelli del posto». E quindi le diagnosi che essi fanno hanno un valore nuovo, diverso da quello offerto da una conoscenza di tipo scientifico, neutro, universale e astratto, che chiunque può avere da lontano. Questa conoscenza è a sua volta utile e si aggiunge all’altra, che però resta decisiva in quanto traboccante.
(ESPAÑOL)
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THE HEART OF «QUERIDA AMAZONIA». “Overflowing while we are on the way”
According to Pope Francis, how are problems, in particular those concerning the Amazon, to be solved? The answer is found in a Spanish word that recurs five times in the Apostolic Exhortation Querida Amazonia and which is the engine, or better still, the beating heart of the text. But, in reality this is the heart itself of Francis’ own way of seeing. The term is desborde or, in verb form, desbordar. To the great problems “solutions are found by an “overflow”. The phenomenon of desborde that the Pope has presented by analogy is the action of God in our life and in our history: “It is proper to the Heart of God to overflow with mercy”.
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[1]. Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia, 2020, n. 105 (d’ora in poi citeremo QA, seguito dal numero del paragrafo citato; faremo lo stesso per le altre Encicliche).
[2]. J. M. Bergoglio, Non fatevi rubare la speranza, Milano, Mondadori, 2013, 183. L’affermazione è tratta dalla lezione inaugurale del corso accademico del 1989 nella Facoltà di Filosofia e Teologia San Miguel dell’Università del Salvador, a Buenos Aires.
[3]. Suor Miranda ha ricordato: «Dopo il mio intervento, il Papa mi ha detto che gli era piaciuta una parola che avevo usato: itinerancia. Sono convinta del fatto che, come Chiesa, siamo chiamati a “itinerare” nella nostra interiorità, ma anche all’esterno, nella strada, nel sociale… Tutto ciò è profezia, nella misura in cui ci porta a creare qualcosa di nuovo» (A. Miranda, «Sínodo para la Amazonía: ¿profecía o herejía?», in Combonianum – Spiritualità e missione: cfr combonianum.org/2019/11/04/sinodo-para-la-amazonia-profecia-o-herejia).
[4]. Il 15 ottobre 2019 Francesco è intervenuto come un comune membro dell’Assemblea, uguale tra pari, senza alcuna autorità aggiuntiva. A questo proposito citeremo alcune sue espressioni, raccolte da testimoni oculari e da interviste e diari personali di alcuni partecipanti e non pubblicate ufficialmente.
[5]. A. Thiago de Mello, Amazonas, patria da agua.
[6]. R. Guardini, Der Gegensatz, Mainz, Matthias-Grünewald, 1985, 48. L’edizione spagnola è R. Guardini, El contraste, Madrid, BAC, 1996, con un Estudio preliminar di A. López Quintás. La citeremo come EC. L’edizione italiana dell’opera – dove non compare lo «Studio preliminare» – è R. Guardini, L’ opposizione polare, Milano, La Civiltà Cattolica – Il Corriere della Sera, 2014, che citeremo come OP. In realtà, Bergoglio riprende il termine «traboccamento» da Alfonso López Quintás, il quale, nel suo Estudio preliminar della traduzione in spagnolo del volume di Guardini L’ opposizione polare, traduce con questo termine varie espressioni dell’autore.
[7] . OP 48.
[8] . OP 81. Cfr G. Simmel, Lebensaschauung, Berlin, Duncker & Humblot, 1918; il primo capitolo è sulla capacità di trascendersi nella vita.
[9] . OP 82.
[10]. OP 209.
[11]. Francesco, Omelia nella santa Messa del Crisma, 24 marzo 2016.
[12]. Id., Saluto, nell’Apertura dei lavori dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica sul tema «Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale», 7 ottobre 2019.
[13]. Id., Discorso al termine dell’ Assemblea sinodale, 26 ottobre 2019.
[14]. Id., Esortazione apostolica Amoris laetitia, 19 marzo 2016, n. 49.
[15]. Cfr Sum. Theol. I, q. I, a. 8, ad 2.
[16]. Afferma Guardini: «Ci sono due maniere di porsi in modo sintetico [davanti a realtà complesse]: quella falsa di chi cerca di cogliere gli esseri in blocco, senza badare alle strutture e ai dettagli, e quella vera di chi guarda all’insieme senza cedere alla tentazione dell’universalismo [astratto]» (R. Guardini, Unterscheidung des Christlichen, Mainz, Matthias-Grünewald, 1963, 17 s) (EC 24).
[17]. EC 21-22.
[18]. Francesco, Discorso al termine dell’Assemblea sinodale, cit.
[19]. A. V. Tafur, «Timareo», in Id., Lo que no veo en visiones, Lima, Copé, Petroperú, 1992.
[20]. OP 209.
[21]. Un pensiero che fa «un lavoro d’insieme, di tensione e sineidetico», per vedere «le parti in funzione del tutto e il tutto in funzione delle parti, nella consapevolezza che in qualsiasi insieme vitale (e l’elemento politico-sociale è un insieme vitale) non si possono separare le parti dal tutto o viceversa, per la semplice ragione che non è possibile capire una parte senza cogliere il tutto a cui è legata, e anche il contrario» (J. M. Bergoglio, Non fatevi rubare la speranza, cit., 189 s).
[22]. Anschauung (cfr EC 45).
[23]. Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica, Instrumentum laboris, 17 giugno 2019, n. 24.
[24]. Y. L. Lema, Tamyahuan Shamakupani (Con la lluvia estoy viviendo), 1 (cfr siwarmayu.com/es/yana-lucila-lema-6-poemas-de-tamyawan-shamukupani-con-la-lluvia-estoy-viviendo).
[25]. Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica, Documento finale. «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale», 26 ottobre 2019.
[26]. Cfr www.youtube.com/watch?v=Ll-1QkNc5xg
[27]. Francesco, Discorso al termine dell’Assemblea sinodale, cit.
[28]. Cfr CV 195.
[29]. «Questo è il carisma della “profezia”, inteso non come conoscenza del futuro, ma come comunicazione di un’esperienza spirituale personale» (Francesco, «Miguel Ángel Fiorito, maestro di dialogo», in Civ. Catt. 2020 I 111).
[30]. Per esempio, la questione dell’interconnessione, che è un tema chiave in Laudato si’ (LS): cfr Francesco, Enciclica Laudato si’, 24 maggio 2015, nn. 16, 91, 117, 138, 240.
[31]. Cfr CV, capitolo IV.
[32]. LS 49.
[33]. LS 143-146 («Ecologia culturale»).
[34]. Vengono citati 16 poetesse e poeti.
[35]. Giovanni Paolo II, s., Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata, 25 marzo 1996, n. 116.
[36]. Ivi, 105.
[37]. Ó. Elizalde Prada, El Sínodo amazónico: contexto, texto y pretexto, novembre 2019 (cfr www.amerindiaenlared.org/uploads/adjuntos/201911/1573214262_r2hwyFgD.pdf).
[38]. Guardini si preoccupava di trovare un metodo per pensare all’uomo come a un «essere concreto vivente».
[39]. OP 177 s.
[40]. OP 180, nota 3.