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Daniel Pennac, con il suo ultimo romanzo La legge del sognatore, si mette in diretto contatto con il regista italiano Federico Fellini, del quale ricorre proprio quest’anno il centesimo anniversario dalla nascita. Il fil rouge che lega i due personaggi, entrambi presenti nel romanzo, è costituito dall’importanza dell’elemento onirico nelle rispettive esistenze. Fellini, infatti, era solito, appena arrivato nel suo ufficio, raffigurare in un quaderno – che verrà pubblicato postumo con il titolo Libro dei sogni – con colori, matite e pennarelli i propri sogni avuti durante il precedente sonno notturno. Allo stesso modo, il giovane protagonista del romanzo, Daniel Pennac stesso, comincia ad annotare i propri sogni: «In seguito, trascrivendo i miei sogni (li ho trascritti per tutta la vita a partire da quel giorno), mi sono reso conto che raccontare un sogno significa immaginarlo, oltre che raccontarlo. Trasformare la sensazione in racconto. In senso stretto, costruire una storia» (1).
La legge del sognatore
Questa storia onirica, che riprende inizialmente proprio una frase felliniana – «Verso i sei, sette anni ero convinto che ci fossero due vite, una con gli occhi aperti e l’altra con gli occhi chiusi» (p. 9) –, vede il piccolo Daniel Pennac in vacanza sul massiccio del Vercors con i genitori e il suo amico Luis. Di notte, nel prendere sonno, Daniel, fissando una lampadina accesa, la fa esplodere; da essa comincia a spandersi un liquido dorato che arriva fino al salone, che è dominato da una statua di san Sebastiano. Il bambino si muove per casa, stupito dal sorprendente fenomeno, e si accorge che l’abitazione è rimasta improvvisamente disabitata, priva dei propri familiari e di Luis; questo strano liquido, inoltre, non è solo presente all’interno della casa, ma pervade tutta la città.
A questo sogno se ne aggiungerano altri, in un continuo aprire e chiudere finestre di tempo e di spazio, dove è complesso distinguere ciò che è reale da ciò che è sognato. Lo stesso «io narrante» diviene inattendibile, privo dell’aspetto di affidabilità che garantisce l’unità e la veridicità della narrazione stessa. Il lettore così si deve affidare alla verità del sogno piuttosto che alle strutture razionali e logiche con cui è abituato a ragionare e a formulare ipotesi durante la lettura.
Un teatro per Fellini
I sogni conducono a uno spettacolo teatrale su Fellini: il teatro è un altro luogo dove è possibile sognare ad occhi aperti, o forse ad occhi ancora chiusi. L’evento, intitolato «Federico Fellini è disposto a ricevere chiunque voglia incontrarlo», viene rappresentato il 20 gennaio, giorno dell’anniversario della nascita del regista, al Piccolo Teatro di Milano. È un meta-teatro, che richiama, nella modalità, anche il celebre film Otto e mezzo (1963) del regista riminese. Viene rappresentato un giovane Fellini che disegna un sogno, mentre gli spettatori siedono su un palco con le sembianze dello Studio 5 di Cinecittà, luogo per eccellenza nel quale hanno preso forma i suoi film. Il finale è la videoproiezione dello stesso spettacolo, che si conclude con una festa di musica, attori, comparse, pubblico che si riversa sulle strade per festeggiare la risurrezione di Fellini.
La potenza della parola, dell’azione teatrale, dell’arte può mettere in atto anche una risurrezione, intesa come il riportare in mezzo agli spettatori lo spirito artistico di colui che è mancato, il suo giocare con i personaggi, il clima di festosità, la possibilità di vivere nella soavità di un sogno che allevia la drammaticità di una realtà spesso dolorosa. Così Fellini diceva di se stesso e della sua attività di regista: «Sono un uomo come tanti altri, che sta vivendo una sua esperienza, un uomo che guarda le cose intorno a sé con umiltà, con rispetto, con ingenua curiosità, soprattutto con amore. Da questo amore nasce la tenerezza e la pietà che io provo per tutte le creature che incontro» (2).
Questi aspetti di rispetto, umiltà e amore traspaiono anche dal ritmo della narrazione dello scrittore francese. Un ritmo calmo, pacato, costituto da descrizioni essenziali che conducono il lettore a mettersi in dialogo con le storie narrate, che, nel trasformarsi, aprono a spazi di fantasia e meraviglia. Lo stile della scrittura, dunque, rispecchia il senso dell’onirico: essa infatti procede come un sogno, con un andamento evanescente, sbiadito, interrotto, quasi in attesa che possa essere completata e riformulata attraverso l’immaginazione del sognatore.
Quale verità
In questo susseguirsi di eventi, simili a scatole cinesi, Daniel Pennac si ritrova in ospedale a causa di un incidente accadutogli mentre era intento a sostituire una lampadina fulminata del videoproiettore. Si è appena svegliato dal coma – altro elemento che richiama il sonno e il sogno – e prova a rileggere tutto quanto è stato raccontato (e ormai letto) nel romanzo. Il patto tra lettore e narratore ormai diviene stretto e unico: la fiducia si instaura indissolubile, perché il contenuto è evocativo, sfumato, totalmente illusorio e, pertanto, vero: «L’ospedale dormiva. Avevo scritto la struttura di ciò che avete appena letto, e calcolavo la mia percentuale di verità, con un margine di approssimazione del 10%».
Dal sogno a una realtà sperata
Ma il sogno diviene anche veicolo di relazione e di sanazione, come Pennac narra nell’ultima parte del romanzo. L’autore francese, infatti, ha una vasta esperienza come professore nelle scuole, e per un periodo si trovò a insegnare in una «classe differenziale» in cui, per diverse problematicità pregresse, gli studenti si rifiutavano di scrivere. Egli narra: «A costoro insegnai a raccogliere i sogni. Non a scriverli: a raccoglierli semplicemente. A coglierli, anzi. Annotandoli solo per sé» (p. 141). E se le prime volte i testi erano costituiti solamente da qualche parola o da un’immagine, con il tempo diventavano dei veri racconti, trasformati, completati, fantasticati: «La fantasia infatti non ha alcun obbligo di fedeltà nei confronti dei sogni» (p. 142).
Il sogno diviene così realmente parte della propria esperienza esistenziale, costituendo non soltanto un mezzo di conoscenza più profonda di se stessi, come hanno dimostrato gli studi novecenteschi di psicologia, ma anche uno strumento concreto per affrontare e superare alcune ferite dell’animo, come nel caso degli studenti di Pennac.
Conclusioni
Per lo scrittore francese, come per Fellini, la forza del sogno è soprattutto generativa, immaginativa: permette di aprire finestre di creatività, attraverso cui è possibile descrivere, comprendere e trasformare la realtà.
La potenza sognatrice è tale da trasformare anche la figura dell’io narrante, sognatore anch’egli, sempre in bilico tra realtà e sogno: il sogno entra nella realtà, e viceversa, in un circolo infinito che crea e plasma la narrazione stessa, l’arricchisce, la permea di senso e di bellezza. Così accade anche per Fellini, come afferma p. Fantuzzi: «Nato, come autore cinematografico, quando al cinema si chiedeva di rispecchiare fedelmente la realtà (nel clima fervido del dopoguerra), Fellini ha sentito fin da principio il desiderio di arricchire la nuda elencazione dei dati esteriori con l’apporto interno della fantasia. Ben presto si è accorto che il reale e il fantastico, all’interno di un film, non si respingono reciprocamente, ma possono coesistere in un felice rapporto di simbiosi, tanto da suggerire l’idea di una vita sognata, piuttosto che vissuta a occhi aperti» (3). In La legge del sognatore si dice: «Federico non è un sognatore della domenica, lui lo sa che il sogno è la vita».
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DANIEL PENNAC AND FEDERICO FELLINI: LIFE IS DREAMING
The French writer, Daniel Pennac, with his La legge del sognatore [The Dreamer’s Law] enters into dialogue with the figure of Federico Fellini. Inspired by the Italian director’s Book of Dreams, he shows, through a succession of journeys, adventures, stages, always on the fine line between reality and illusion, to what extent the dreamlike aspect plays an important value in existence. In fact, it is not relegated to moments of illusion or escape, but rather can be considered as a concrete and substantial element of life, which contains a generative and healing power.
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(1) D. Pennac, La legge del sognatore, Milano, Feltrinelli, 2020, 39.
(2) V. Fantuzzi, Il vero Fellini, Roma, Ave – La Civiltà Cattolica, 1994, 178 s.
(3) Ivi, 71 s.