
La prima volta che mons. Maffeo Ducoli, vescovo di Belluno-Feltre, avendo ricevuto non poche sollecitazioni, parlò alla Congregazione dei Santi della possibile apertura della causa per la bea-tificazione di Giovanni Paolo I, gli fu fatto osservare che, oltre a Pio X, già canonizzato, erano allora in corso le cause di Pio IX, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI, e forse per il momento questi papi potevano bastare. Egli quindi soprassedette, anche se i vescovi brasiliani nel 1990 avevano già presentato a Giovanni Paolo II una petizione in tal senso, firmata dai 226 membri della Conferenza, interpretando l’aspirazione dei loro fedeli.
Ma il successivo vescovo di Belluno-Feltre, mons. Vincenzo Savio, continuando a ricevere molte richieste, riprese l’iniziativa nei primi anni 2000, chiedendo che la sede dell’inchiesta diocesana fosse la sua diocesi e non quella di Roma, luogo della morte di papa Luciani, data la brevità della sua permanenza nell’Urbe. Nel 2003 la Congregazione concesse il nulla osta. Nel lungo lavoro compiuto nella fase diocesana e in quella successiva romana sono stati ascoltati ben 188 testimoni di ogni condizione ecclesiale, fra i quali anche il papa emerito Benedetto XVI, caso finora unico, dato che un papa «in carica» non può testimoniare, essendo il giudice della causa.
Nel novembre del 2017 papa Francesco ha autorizzato il decreto di riconoscimento delle «virtù eroiche» di Luciani e nell’ottobre del 2021 quello relativo alla guarigione miracolosa di una bimba di Buenos Aires, affetta da encefalopatia acuta. Si è aperta così la via per la beatificazione, che sarà celebrata il prossimo 4 settembre in San Pietro.
Il seminarista e il prete bellunese
Albino Luciani nasce il 17 ottobre 1912 a Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), nel Bellunese, in una famiglia di condizioni modeste, e viene immediatamente battezzato dalla levatrice perché in pericolo di vita[1]. Il padre Giovanni, di idee socialiste, lavora come migrante stagionale, da marzo a novembre per 27 anni, in Germania, Francia, Svizzera e Argentina. Gli anni della Prima guerra mondiale, e soprattutto dell’invasione austriaca dopo la rotta di Caporetto, sono durissimi, di vera miseria. La madre Bortola, fervente cattolica, avvicina il marito alla fede, tanto da concedere al figlio Albino l’autorizzazione a entrare in seminario nel 1923 e intraprendere la via del sacerdozio.
L’itinerario della sua formazione è lineare, ordinario: una vocazione senza incrinature e incertezze. Prima gli studi ginnasiali nel seminario minore di Feltre, poi il liceo e la teologia nel seminario di Belluno.
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