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Benché oggi la parola «pastorale» sia di uso comune in tutta la Chiesa, non ne esistono definizioni e c’è molta confusione riguardo al suo uso e alla sua interpretazione. È da rilevare che, sebbene la parola sia stata adottata dalla Chiesa in un contesto amministrativo-giuridico, la sua etimologia rinvia alla pastorizia e fa sì che conservi ancora il contenuto descrittivo più generale di qualità come misericordia, perdono e altri termini simili, sia nella Chiesa sia nel mondo, cosa che papa Francesco ha voluto sottolineare.
In questo articolo cercheremo di individuare il significato della parola «pastorale» secondo l’uso che ne è stato fatto dagli ultimi pontefici: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.
Prenderemo in considerazione i vari modi in cui essi hanno adoperato il termine, facendo riferimento, in particolare, alle loro allocuzioni alla Rota Romana.
Giovanni XXIII: «pastorale» come rinnovamento e apertura al mondo
Nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII espresse il desiderio che il Concilio riformasse la Chiesa, affinché essa fosse in grado di rispondere ai bisogni spirituali del mondo e per il bene delle anime. Il Papa indisse il Concilio con l’obiettivo di un «aggiornamento» della Chiesa cattolica, che avrebbe comportato grandi miglioramenti nella sua prassi.
Pertanto, queste intenzioni di Giovanni XXIII esplicitano la sua visione del carattere «pastorale» di quell’assemblea ecclesiale. Il Papa desiderava che essa raggiungesse una più profonda penetrazione del Vangelo e del mistero della Chiesa, al fine di «adottare quella forma di esposizione che più corrispondesse al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale».
Paolo VI: «pastorale» come stile di presentazione della dottrina
Dopo la morte di Giovanni XXIII e l’elezione di Paolo VI, quest’ultimo, nel discorso di apertura al Concilio riunito nell’ottobre 1963, ribadì i punti enunciati dal suo predecessore in Gaudet Mater Ecclesia…