MUSICA
a cura di G. Arledler
FRYDERYK CHOPIN, STUDI OP. 10 E OP. 25, Maurizio Pollini, pianoforte, Testament SBT 1473 CD.
La storia ufficiale di Maurizio Pollini (Milano, 1941) inizia, ovviamente, prima della sua clamorosa affermazione al concorso «Chopin» di Varsavia nel 1960 (il più giovane vincitore). Più che il secondo premio al concorso di Ginevra, ottenuto a 15 anni, a noi interessa il saggio al Conservatorio di Milano nell’anno successivo, quando eseguì i Tre Pezzi da Petruska di Igor Stravinski, lasciando attonita, senza fiato, la maggior parte dei presenti e provocando reazioni inaspettate, per le quali alcuni dei suoi colleghi decisero che avrebbero rinunciato ad ogni velleità competitiva o, almeno, alla carriera concertistica. Che cosa era emerso in quella interpretazione? Non tanto il virtuosismo estremo (esistono pagine più difficili e di maggior effetto), ma la sensibilità, la maturazione, la cultura nel rendere lo spirito di Stravinski al tempo delle sue prime grandi affermazioni riuscendo, nello stesso tempo, ad essere musicale e originale.
Circa due anni dopo a Varsavia, in occasione appunto del premio «Chopin», Pollini vinse meritando l’ammirazione incondizionata di Arthur Rubinstein, presidente di una giuria di cui facevano parte personalità del valore della didatta e compositrice Nadia Boulanger. Rivolto ai colleghi, Rubinstein si espresse con queste lapidarie parole: «Questo giovane suona meglio di tutti noi!». La vincita del premio comportava contratti per una serie di concerti e l’incisione del primo Concerto per pianoforte e orchestra di Chopin per l’etichetta Emi-La voce del padrone. A quella prima registrazione dovevano seguirne altre, ma il giovane Pollini si ritirò dall’ufficialità per cinque anni, studiando con Arturo Benedetti Michelangeli e immergendosi nella musica senza confini di epoche e repertori, così da sconfinare in seguito nel campo della direzione d’orchestra, con Una Donna del lago per il Rossini Festival di Pesaro e per i dischi (1983), e in quello della musica da camera, con una memorabile esecuzione e incisione del Quintetto op. 34 di Brahms, avendo come partner i membri del Quartetto Italiano.
Probabilmente per il superamento della data imposta dai diritti d’autore, la Emi ha tratto dal suo archivio l’incisione completa degli Studi op. 10 e op. 25 di Chopin, realizzata da Pollini dopo quella del Concerto, e non autorizzata per la pubblicazione. L’interpretazione si conferma autorevole e persuasiva. La sede della prestigiosa collana Testament fa pensare a un omaggio postumo se nel catalogo — tra direttori, solisti, voci di canto, quali Toscanini e Karajan, D. Oistrakh e Gilels, Gigli e la Callas — non ci fosse la celebre violinista Ida Haendel.
Tra i grandi riconoscimenti, Pollini annovera il titolo di cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, ma ovviamente i risultati di cui va più fiero sono quelli ottenuti nella sua carriera di interprete. Essa include l’esecuzione completa di tutte le Sonate per pianoforte di Beethoven, eseguite alla Scala di Milano tra il 1995 e il 1996 e anche a Berlino, Monaco di Baviera, New York, Londra, Vienna e Parigi. In tempi più recenti, la proposta, in altre sedi prestigiose, compreso il Parco della musica a Roma, del cosiddetto «Progetto Pollini», una serie di concerti che includono accostamenti di pagine pianistiche classiche e romantiche alle partiture del repertorio contemporaneo, perfino in prima assoluta, come avvenne nel 1995 per la Quinta Sonata di Salvatore Sciarrino.
Riprendendo assieme ai concerti le incisioni per l’etichetta Deutsche Grammophon, accanto a molto Chopin (un’incisione dei Notturni nel 2006 fu venduta in diverse migliaia di copie), Maurizio Pollini incide Mozart, Beethoven (più volte i Concerti, collaborando con Böhm, Jochum e Abbado), Schubert, Schumann, Brahms, Liszt, Debussy e le cose più significative del Novecento: di Schönberg una quasi integrale, compreso il Concerto op. 42, la Sonata op. 1 di Berg, le Variazioni op. 27 di Webern, la Sonata n. 7 di Prokofiev, i celebrati Tre Pezzi da Petruska di Stravinski. Una cura quasi maniacale, che ha indotto qualche critico ad accusarlo di cerebralismo, viene riposta nei confronti di alcuni esponenti dell’Avanguardia con i Klavierstücke VII, IX e X di Stockhausen e, soprattutto, con la Seconda Sonata di Boulez, che valse un commento esagerato del sempre ironico Fedele D’Amico: volendo dare un’idea della difficoltà di studio della partitura (Pollini spesso suona a memoria), il celebre studioso e critico romano scrisse che era «come mandare a memoria l’elenco telefonico di Terni»!