Nella cultura dominante in Occidente, il povero è percepito e trattato come «uno che non conta», che non ha nulla da offrire e che, pertanto, è più un peso per la società che una risorsa. L’intervento della società civile (istituzioni benefiche, volontariato, Caritas), pur costituendo un contributo indispensabile per ridurre il disagio e le sofferenze dei poveri, è assolutamente insufficiente per combattere il fenomeno della povertà, come, d’altronde, le sole leggi del mercato. Prevale inoltre una certa cultura — che va intensamente contrastata —, secondo la quale le azioni a favore dei poveri, da parte dello Stato, sono una specie di benevolenza, di «elemosina», a favore di persone meno fortunate. Inoltre l’assenza da sempre in Italia di un piano di lotta contro la povertà rivela una visione di società «classista», ereditata dal passato, secondo la quale il diritto pieno di cittadinanza appartiene alla parte economicamente produttiva della popolazione, mentre i poveri e i non autosufficienti sono cittadini di «serie B».
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«POVERI DI DIRITTI». Rapporto sulla povertà in Italia
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