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OPERAZIONE VALCHIRIA

Virgilio Fantuzzi

2 Maggio 2009

Quaderno 3813

Operazione Valchiria (Usa – Germania, 2008). Regista: BRYAN SINGER. Interpreti principali: T. Cruise, K. Branagh, B. Nighy, T. Wilkinson, C. van Houten, T. Kretschmann, T. Stamp.

L’attore Tom Cruise, che veste i panni del colonnello Claus Schenk Graf von Stauffenberg nel film Operazione Valchiria di Bryan Singer, sembra uno di quei personaggi che nei film di fantascienza vengono da mondi lontani per mettere a posto le cose sulla Terra. Stauffenberg, ufficiale dell’esercito tedesco, era stato gravemente ferito nell’aprile del 1943, nell’Africa settentrionale, nel corso di un mitragliamento aereo mentre era impegnato in un’azione sul fronte. Aveva perduto l’occhio sinistro, la mano destra e le due dita esterne della mano sinistra. Il film insiste su queste menomazioni fisiche con dettagli raccapriccianti, come quando lo si vede mentre raccoglie l’occhio di vetro, caduto tra i cubetti di ghiaccio del whisky e lo asciuga prima di deporlo in un astuccio rivestito di velluto, oppure si rivolge a un superiore gridando: «Heil Hitler!» e sollevando il moncherino con un gesto che trasforma il saluto militare in un macabro sberleffo.

Il film racconta l’ultimo e il più spettacolare degli attentati alla vita di Adolf Hitler, tutti falliti, di cui Stauffenberg fu l’esecutore materiale il 20 luglio 1944. Dell’attentato si è occupata qualche anno fa la nostra rivista con un articolo ricco di particolari inediti (cfr G. Sale, «L’attentato a Hitler, la Santa Sede e i gesuiti», in Civ. Catt. 2003 I 466-479). È difficile immaginare un soggetto cinematografico che sia più esaltante di un colpo di Stato, a meno che non si tratti di un colpo di Stato fallito, ha scritto il critico francese Emmanuel Burdeau (cfr Cahiers du Cinéma, febbraio 2008, 22). La duplicità delle mosse e contromosse richieste da una cospirazione che tende la fitta rete delle complicità dietro la facciata apparentemente monolitica degli alti comandi militari configura una situazione che è già di per se stessa cinematografica.

I cospiratori della prima ora si riconoscevano d’istinto. Ma è necessario reclutarne altri. Quelli il cui silenzio equivale a una tacita complicità. Quelli che devono essere adescati con una manovra di raggiro che fa leva sui loro punti deboli: dubbi, paure, ambizioni segrete… Bisogna sapersi muovere con circospezione e allo stesso tempo con determinazione. I generali, tra esitazioni e rinvii, rischiano in ogni momento di far fallire l’impresa. È qui che interviene il colonnello Cruise-Stauffenberg che, sia pure a scapito di qualche semplificazione nella ricostruzione storica, riesce a conferire una precisione hitchcockiana alla suspense che, con ritmo implacabile, conduce il film verso un esito imprevedibile nella sua prevedibilità.

Un leggero taglio sul collo di Stauffenberg mentre si rade con la lametta. Una macchia di sangue sul colletto della camicia. Ancora dettagli… Sono quelli dai quali può dipendere la riuscita o il fallimento dell’attentato. I contrattempi nello spogliatoio dove, con il pretesto di cambiarsi, il colonnello innesca l’esplosivo nascosto nella sua borsa prima dell’incontro con il Fuhrer nella «tana del lupo», il cambiamento improvviso dell’ora e del luogo in cui avrebbe dovuto svolgersi la riunione, la borsa che, passando da una mano all’altra, viene cambiata di posto, una telefonata, un berretto dimenticato su un attaccapanni… Ma c’è dell’altro. Non basta uccidere il tiranno. Per giungere a una effettiva presa di potere i cospiratori contano di poter utilizzare, dopo l’attentato, un piano di emergenza nazionale, denominato «Operazione Valchiria», che lo stesso Hitler ha predisposto per proteggere il Governo nel caso di una sua improvvisa uscita di scena. Stauffenberg è incaricato di modificare quel piano, per adattarlo alle esigenze della congiura, e di sottometterlo all’approvazione del Fuhrer.

Nel 1944 la Germania sa che sta per perdere la guerra. L’attentato contro Hitler è un’operazione di puro prestigio. Ha lo scopo di far sapere alle altre nazioni e alle generazioni future che non tutti i tedeschi sono nazisti. Una delle immagini chiave del film è quella in cui si vede un fonografo di uso domestico, sul quale gira un disco con la cavalcata delle Valchirie, inquadrato a perperdicolo da una macchina da presa che gira in senso inverso. È il movimento dell’utopia che non si accorda con quello della storia. Ma quello che non accade nella realtà può accadere in un film. Credendo che Hitler sia morto nell’attentato, Stauffenberg e i suoi complici hanno a loro disposizione alcune ore di tempo per tentare di impadronirsi del potere prima che il cerchio si stringa attorno a loro e si scateni la feroce vendetta hitleriana. Quell’effimera illusione dà vita a uno squarcio di cinema nel quale si ha l’impressione che la storia, smettendo di girare per il verso sbagliato, cominci a girare per quello giusto. Il sogno si sostituisce alla realtà. Ma lo spettatore può pensare, al contrario, che una realtà diversa stia prendendo il posto dell’incubo orrendo nel quale la Germania e il mondo intero stanno sprofondando in quel momento.

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OPERAZIONE VALCHIRIA

Virgilio Fantuzzi

Già scrittore de "La Civiltà Cattolica" (1937 - 2019).


2 Maggio 2009

Quaderno 3813

  • pag. 317
  • Anno 2009
  • Volume II

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