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In una sgangherata palestra della Downtown di Los Angeles, gestita da un maturo allenatore, Frankie Dun (Clint Eastwood), di origine irlandese, cattolico sulla sessantina che va a messa tutte le mattine e scrive ogni settimana a una figlia lontana, la quale respinge le lettere al mittente, si presenta una giovane che appartiene al livello più basso, povero e incolto del sottoproletariato bianco d’America, Maggie Fitzgerald (Hi-lary Swank). La ragazza è convinta che, se Frankie accetterà di allenarla, diventerà qualcuno. Frankie non ha nessuna intenzione di dedicarsi a lei per una serie di motivi. Prima di tutto perché è una donna. Secondariamente perché ha 31 anni. Ha bisogno di quattro anni per prepararsi al primo incontro. A 35 anni la carriera di un pugile è già avviata al declino. Inoltre Frankie non ha mai avuto fortuna con i pugili da lui preparati, che hanno sempre trovato il modo di lasciarlo prima di conquistare un titolo.
Eddie Scrap (Morgan Freeman), ex pugile nero che ha perso un occhio nel suo ultimo incontro e adesso aiuta Frankie nella manutenzione della palestra, adocchia la giovane, che di giorno fa la cameriera in una trattoria di infimo rango e di notte passa molte ore ad allenarsi. Resta impressionato dalla sua tenacia, capisce che ha stoffa e decide di darle una mano a far breccia nella corazza con la quale Frankie tenta di sottrarsi a un’impresa che avverte come pericolosa per se stesso e per altri. Il rapporto che si stabilisce tra Maggie e Frankie nelle estenuanti ore di allenamento ha in sé qualcosa di sorprendente.
Come è sicuro lui nel fornirle indicazioni giuste, così lei è precisa nel metterle in pratica. Frankie è una sorta di Pigmalione che modella giorno dopo giorno la sua «creatura». L’intesa tra i due è perfetta pur nella reciproca scontrosità determinata dai caratteri, entrambi forti, che danno luogo a scrontri di superficie dietro i quali si nasconde per pudore l’intesa di fondo.
Frankie ritrova in Maggie la figlia che si è allontanata da lui, la cui perdita gli ha procurato una ferita non ancora rimarginata. Maggie ritrova in Frankie il padre, l’unica persona al mondo che l’ha capita e incoraggiata, morto quando lei era ancora bambina lasciandola in una famiglia i cui esponenti (madre, sorella, cognato…) fanno a gara nel mostrarsi privi di dignità e di ambizioni… La storia di Frankie e Maggie è dunque quella di un rapporto di paternità e filiazione nel quale si concretizza il recupero di due vite che, a motivo di circostanze avverse, avevano rischiato di perdere l’orientamento con il quale erano partite. Il mondo della boxe non è certo privo di insidie. Si tratta di uno sport, come osserva il vecchio Scrap, dove tutto sembra andare alla rovescia: se vuoi colpire a destra devi spostarti a sinistra e viceversa… È uno sport violento: vince chi colpisce più duro. «Non abbassare mai la guardia!», è la regola di Frankie. Ma c’è chi non osserva nessuna regola. Ci sono manager che comprano e vendono pugili. Pugili che si fanno comprare e vendere volentieri. Incontri truccati…
Maggie domina un combattimento dopo l’altro, e ottiene di sfidare la campionessa mondiale: un incontro che vale il milione di dollari indicato nel titolo. Ma quando il film sembra avviarsi verso il lieto fine, tipico di tante pellicole hollywoodiane dedicate allo sport, accade l’imprevisto che imprime alla vicenda una svolta tragica. A causa di un colpo sleale dell’avversaria, Maggie sbatte la testa sul seggiolino del suo angolo e rimane paralizzata per sempre. L’evento scatena la reazione della famiglia della ragazza, che cerca di appropriarsi di tutti i soldi che ha guadagnato, e getta Frankie nel più nero sconforto. Pensa di aver spinto Maggie al di là del limite consentito e si sente in colpa per quanto è accaduto. Ma la prova a cui lo chiama la sua coscienza, e soprattutto la sua fede di cattolico praticante, è ancora più grande. Quando Maggie gli chiede di staccare il respiratore che la tiene in vita, l’anziano allenatore entra in una crisi irreversibile. Dopo essersi consultato con un sacerdote amico, che gli dice in maniera chiara quale è la posizione della Chiesa su questo argomento, Frankie decide di compiere ugualmente il gesto estremo.
Ora non gli resta che abbandonare per sempre la palestra, come se volesse cancellare definitivamente il proprio passato rinunciando a ogni velleità di rivincita nei confronti di una vita che è stata troppo dura con lui. Sa di avere commesso un peccato gravissimo ed è il primo a non vedere la luce che potrebbe condurlo verso la redenzione. Quello che, letto in superficie, sembra un film che giustifica l’eutanasia è in realtà il resoconto obiettivo di un caso tragico che si verifica nella vita di un uomo. Frankie è solo davanti alla sua scelta. Il rapporto di simbiosi che ha stabilito con Maggie gli consente di percepire con chiarezza quello che lei vuole, che gli chiede di fare e che nessun altro può fare al suo posto. L’uomo sa di non poter eludere la propria responsabilità. Decide di spegnere la luce. La sua è una scelta disperata che punta senza esitazioni verso le tenebre.