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ABSTRACT – L’incontro tra papa Francesco e il presidente Usa, Donald Trump, è stato un evento importante e in qualche modo necessario. Tuttavia era un incontro potenzialmente imprevedibile rispetto agli altri immediatamente precedenti, e questo lo ha reso effettivamente un momento molto schietto.
Davanti a questo appuntamento, il sentimento prevalente in alcuni ambienti dei media è stato quello dell’interesse, unito a una certa curiosità a causa della «contrapposizione» tra il Papa e il Presidente che spesso è stata data semplicemente come ovvia. Ma il Papa non è ideologico e non pensa per bianco e nero.
Francesco è anche molto realista: sa che la situazione del mondo in questo momento è di seria crisi. E spesso a rischio sono i più deboli. Crescono i nazionalismi, i populismi, le povertà, i «muri». Francesco, il Papa dei ponti, vuole parlare con qualunque capo di Stato glielo chieda, perché sa che nelle crisi non ci sono «buoni» e «cattivi» in assoluto. Per questo non entra in reti di alleanze precostituite, mantenendo i giusti rapporti tra dimensione politica e valori spirituali.
Interessante il significato dei doni che si sono scambiati il Papa e il Presidente. In particolare, papa Francesco ha donato a Donald Trump un’edizione speciale delle sue Esortazioni apostoliche Evangelii gaudium e Amoris laetitia, della sua Enciclica Laudato si’ e del «Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2017». In essi si trovano messaggi molto forti, coincidenti con il senso profondo di questo pontificato. Due in particolare: la pace, così come la intende Francesco, fondata sulla giustizia sociale; e la protezione del creato, che implica tutta una serie di impegni che oggi rischiano di essere messi in discussione, anche dall’amministrazione statunitense.
Con Francesco si va concludendo quel processo «costantiniano», in cui si attua un legame organico tra cultura, politica, istituzioni e Chiesa. Un tratto netto della geopolitica bergogliana consiste nel non dare sponde teologiche al potere perché possa imporsi o per trovare un nemico da combattere. La spiritualità non può legarsi a governi o patti militari: è a servizio di tutti gli uomini. Le religioni non possono vedere alcuni come nemici giurati né altri come amici eterni. Quella di proiettare la divinità sul potere politico, che se ne riveste per i propri fini, è una tentazione trasversale. Anche in parti del mondo cattolico a volte ritorna una simile tentazione, ma la fede non ha bisogno di una sponda nel potere.