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ABSTRACT – Il 16 ottobre 2016 è stato canonizzato il beato Alfonso Maria Fusco, insigne educatore dei poveri nel Mezzogiorno napoletano dell’Ottocento. È interessante riscoprire il suo programma educativo nel contesto sociale e politico del suo tempo.
Scrive un suo biografo: «Egli non si è limitato a raccogliere dalla strada fanciulli e fanciulle abbandonati, salvandoli dalla fame e dai pericoli e insegnando loro a pregare, ma si è preoccupato di fare apprendere loro un mestiere che gli avrebbe consentito di lavorare e vivere dignitosamente». Per questo è stato anche chiamato il «don Bosco del Sud».
Sebbene non si sia mai occupato né di politica né di studi storiografici e filosofici, è vissuto in un’epoca dominata in Italia dalla «Questione romana», dai governi liberali postrisorgimentali e dalla cultura del positivismo. Come cittadino e come prete, è dunque vissuto in un tempo di travaglio istituzionale e di crisi per la coscienza cattolica, quando i cattolici «furono veramente assillati dalle punture di spillo, feriti nei loro sentimenti».
D’altra parte, nell’Ottocento cattolico si è avuta una straordinaria fioritura di Istituti religiosi, maschili e femminili, all’origine dei quali vi è la santità eroica dei loro fondatori e fondatrici, spesso elevati successivamente all’onore del culto pubblico. Molti di questi Istituti nacquero come comunità di apostolato sociale e la loro attività fu in buona parte opera di supplenza della società e dello Stato a vantaggio delle classi più povere o meno abbienti o abbandonate. Il Fusco si colloca a pieno diritto tra questi fondatori, e nel gruppo di quei cattolici e preti che, nel secondo Ottocento, avvertirono l’esigenza di un nuovo ordine sociale costruito su una migliore intelligenza della dignità di ogni uomo.