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Il 12 febbraio 2021 ricorrono esattamente 90 anni dal giorno in cui Pio XI inaugurò con un famoso Radiomessaggio – «Udite o cieli…» – la nuova Stazione della Radio Vaticana, costruita per suo volere da Guglielmo Marconi e affidata alle cure del gesuita p. Giuseppe Gianfranceschi[1] come primo direttore. La «missione» della Radio Vaticana era chiara fin dall’inizio: essere strumento a servizio del Papa per il suo ministero di annuncio del Vangelo nel mondo e di guida della comunità universale della Chiesa cattolica. Questa missione si è conservata nel tempo ed è stata più volte ribadita dai Papi, garantendo una forte identità dell’istituzione[2].
Tuttavia la «missione» si è attuata, con il passare del tempo, in situazioni storiche ed ecclesiali molto diverse. Basta riflettere un poco su ciò che è avvenuto nei 90 anni trascorsi e che si è rispecchiato nella vita della Radio Vaticana non soltanto come sviluppo dei «contenuti di informazione», ma anche come modo di essere e di comunicare. Vogliamo perciò tentare di mettere in luce, decennio dopo decennio, le tappe principali del suo affascinante cammino.
La voce del Papa
La Radio Vaticana è nata in un tempo preciso e per l’uso di una tecnologia precisa. Nasce nel 1931, nel contesto della rapida edificazione del nuovo Stato della Città del Vaticano, per utilizzare «la Radio», allora in pieno e promettente sviluppo, per rendere possibili comunicazioni praticamente immediate a grandi distanze e su aree molto vaste, al di là dei confini fra le nazioni e delle difficoltà di trasporto. La Stazione radio costruita da Marconi è all’avanguardia della tecnologia del tempo, ed è in grado di svolgere servizio telegrafico e servizio radiofonico in modo del tutto indipendente dall’Italia. Grazie alle onde corte, in un «etere» ancora non troppo affollato da innumerevoli trasmissioni, con una potenza piuttosto ridotta si poteva essere ascoltati anche in altri continenti.
Agli inizi della sua esistenza, la Radio Vaticana è lo strumento grazie al quale i cattolici del mondo possono ascoltare per la prima volta direttamente la voce del Papa. Non solo leggerne la parola scritta, ma percepire la voce viva del Pastore universale, con il suo timbro caratteristico. Un’esperienza nuova di presenza del Papa, che suscita negli ascoltatori entusiasmo ed emozione e un più forte senso di unione con lui. È uno dei segreti della forza e del fascino della radio: la voce umana pura, la voce inconfondibile della persona che ami, senza la distrazione delle immagini, giunge non solo alla tua mente, ma scende fino al tuo cuore.
Naturalmente, il contenuto di ciò che il Papa vuol dire è ugualmente importante. Perciò i «Radiomessaggi» sono il genere più caratteristico della prima fase della storia della Radio Vaticana, soprattutto nelle grandi occasioni (Congressi eucaristici internazionali, Natale, Pasqua), insieme alle «dirette» delle celebrazioni di maggiore importanza per la Chiesa nel mondo: l’Anno Santo, le canonizzazioni e beatificazioni, per non parlare della grandiosa inaugurazione del pontificato di Pio XII.
Ma gli anni Trenta sono anni di potere dei totalitarismi. Le posizioni di Pio XI sono coraggiose e, nell’addensarsi della tempesta si guarda alla Chiesa con fiducia. La domanda di trasmissioni in diverse lingue per orientare e sostenere i fedeli nei Paesi europei cresce rapidamente. P. Filippo Soccorsi, nominato alla guida della Radio nel 1934 (a 34 anni!), dopo la prematura morte di p. Gianfranceschi, non si dedica solo al miglioramento delle strutture tecniche – come la nuova antenna che svetta sui giardini vaticani, detta «Il dito del Papa» –, ma coglie prontamente l’attesa di far crescere la Radio anche nei contenuti della programmazione. L’Emittente vaticana viene così accolta nel 1936 nell’Unione Internazionale di Radiodiffusione con un riconoscimento della sua natura particolare che l’autorizza a esercitare attività radiofonica senza alcuna limitazione geografica. Per l’esiguità dei mezzi a disposizione, p. Soccorsi chiede la collaborazione di confratelli gesuiti di varie nazioni per la redazione e la presentazione dei testi. Particolarmente importanti sono evidentemente le trasmissioni in lingua tedesca.
Nella tragedia della guerra: per la pace e la solidarietà con i sofferenti
Il Preposito generale dei gesuiti, p. Włodzimierz Ledóchowski, provvide poi a costituire un solido gruppo redazionale di gesuiti, cosicché alla vigilia della guerra, nel 1939, vi erano regolari trasmissioni in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, polacco, ucraino, lituano, e l’Emittente fu in grado di essere un punto di riferimento per la Chiesa nell’immane tragedia, svolgendo il suo ruolo di denuncia della violenza, di sostegno delle vittime e dei resistenti, e di incoraggiamento alla speranza. Famosi rimangono i «Radiomessaggi» di Pio XII nel tempo di guerra, attesi con ansia e ascoltati con estrema attenzione in tutta l’Europa. Era la voce più alta e autorevole che si alzava al di sopra delle parti in conflitto, in quegli anni terribili, per invocare la giustizia e la pace.
Ma durante la guerra la Radio Vaticana divenne famosa anche per un altro servizio: fu infatti strumento fondamentale del grande impegno voluto da Pio XII con l’«Ufficio Informazioni della Segreteria di Stato», nato fin dal 1939 per rintracciare civili e militari dispersi e prigionieri, darne notizia alle famiglie e ristabilire possibilmente fra loro almeno il vincolo di un saluto, un ricordo. L’Ufficio, sotto la responsabilità di mons. Giovanni Battista Montini, organizzò una vastissima e capillare rete di corrispondenze e di punti di ascolto con nunziature, diocesi, parrocchie ecc., nelle diverse parti del mondo.
La Radio Vaticana dedicava trasmissioni specifiche per richiedere notizie circa i dispersi e diffondere brevi messaggi delle famiglie ai prigionieri, i cui nomi venivano lentamente scanditi dalla voce «metallica» degli speaker. Queste trasmissioni arrivarono a raggiungere 70 ore settimanali, con punte di 12-13 ore al giorno. Fra il 1940 e il 1946 venne trasmesso un totale di 1.240.728 messaggi, in 12.105 ore di trasmissione effettiva. In certi casi le trasmissioni vennero diffuse dagli altoparlanti nei campi di prigionia. Le testimonianze di gratitudine per questo servizio furono numerosissime e commoventi. Questa è una delle pagine più belle della storia della Radio Vaticana.
Una voce per la «Chiesa del silenzio»
Con la fine della guerra, la Radio Vaticana accompagna con le sue trasmissioni il clima di ricostruzione morale e spirituale dei Paesi devastati dal conflitto, mentre fervono i preparativi per il grande Anno Santo del 1950, tempo di rinnovata vitalità della Chiesa.
Ma intanto la maggior parte dell’Europa orientale cade sotto l’oppressione dei regimi comunisti e la Chiesa cattolica diventa oggetto di dura persecuzione in molti Paesi. Questa è una sfida storica per la Radio Vaticana, che costituisce praticamente l’unica via attraverso la quale i fedeli possono alimentare il loro legame con il Papa e la Chiesa universale e ricevere un sostegno per la loro fede. Pur nella limitatezza delle risorse, i programmi nelle lingue dei Paesi dell’Est europeo diventano più numerosi e con tempi più ampi. Alla fine degli anni Quaranta, al programma in polacco – che insieme a italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco era stato da sempre una delle lingue principali di trasmissione – si sono aggiunti quelli in ceco, slovacco, ungherese, lituano, lettone, russo, croato, sloveno, ucraino, romeno, bulgaro, bielorusso e, poco dopo, in albanese. Per decenni, in tutto il tempo dell’oppressione, le trasmissioni della Radio Vaticana hanno offerto un appuntamento regolare e sicuro per fedeli, religiosi/e, sacerdoti, vescovi privati della libertà di esprimere e vivere la loro fede.
Su questi anni ci sarebbero infinite storie da raccontare. In certi Paesi e in certi periodi di persecuzione più dura, l’ascolto della Radio Vaticana era assolutamente proibito e gravemente rischioso: poteva essere causa di gravi pene, fino al carcere e addirittura – in alcuni casi – alla condanna a morte. Per alcune lingue, come il polacco o lo slovacco, l’ascolto era elevato, mentre per altre, dove i cattolici erano una minoranza, gli ascoltatori non erano molti, ma il principio che guidava i padri della Radio, secondo l’intenzione del Papa, non era la vastità dell’audience, ma la situazione di necessità degli ascoltatori. Per questo le lingue di trasmissione verso i Paesi dell’Est hanno rappresentato sempre oltre metà delle lingue usate dalla Radio Vaticana. Quando, dopo molti anni, caddero i muri, la gratitudine di fedeli e popoli poté infine esprimersi in forme commoventi, come le oltre 40.000 lettere arrivate alla Sezione ucraina nel primo anno dopo la caduta del regime sovietico, o il conferimento dell’onorificenza dello Stato albanese per l’opera della Radio Vaticana. È un servizio che occupa un posto nella storia di quei popoli: in anni molto recenti l’«Istituto della memoria nazionale» di Praga ha chiesto di digitalizzare e conservare tutti i testi delle trasmissioni in ceco e in slovacco degli anni del comunismo.
Arrivare fino ai confini della Terra
Quella della Radio Vaticana è una storia di messaggi di fede e di speranza, ma è anche una storia di impegno scientifico e tecnico per farli giungere agli ascoltatori. La Stazione marconiana, per quanto potenziata nel tempo, alla soglia degli anni Cinquanta non era più all’altezza delle sfide da affrontare, né bastavano i nuovi spazi messi a disposizione della Radio nella Città del Vaticano. Occorreva un’ampia estensione di terreno dove installare trasmettitori e sistemi di antenne più potenti per poter essere ascoltati più lontano e poter diffondere, se necessario, più trasmissioni contemporaneamente, in direzioni e con frequenze diverse. Comincia così la grande impresa della costruzione del nuovo Centro trasmittente, nella campagna romana, a una trentina di chilometri da Roma, con il riconoscimento dell’extraterritorialità da parte dell’Italia a motivo della missione universale della Chiesa.
Con tutte le sue forze giovanili – ha 35 anni – si getta nell’avventura il nuovo direttore della Radio, p. Antonio Stefanizzi, succeduto nel 1953 a p. Soccorsi. Nel 1957 Pio XII inaugura personalmente il Centro di Santa Maria di Galeria. Costruito con lungimiranza, nei decenni seguenti esso potrà ospitare nuove installazioni. Le coppie di tralicci, alti 100 metri, delle due grandi antenne rotanti e il traliccio altissimo a forma di croce su cui sono installati i ponti radio per ricevere il segnale in linea retta dal Vaticano rimangono i simboli di un’epoca in cui le trasmissioni in onda corta e media vengono utilizzate in tutte le loro possibilità per far arrivare «fino ai confini della Terra» la Parola del Signore attraverso le parole della Chiesa.
Con questo magnifico strumento negli anni Sessanta si possono seguire nel mondo le grandi novità della Chiesa di Giovanni XXIII e di Paolo VI: le parole di pace di Giovanni XXIII – come il «Radiomessaggio» che nel 1962 contribuisce al superamento della crisi fra Usa e Urss per i missili a Cuba –, il Concilio Ecumenico Vaticano II, i primi viaggi internazionali di Paolo VI, il suo sguardo aperto verso lo sviluppo dei popoli e i nuovi rapporti ecumenici e così via.
Le trasmissioni si ampliano e si dirigono verso i diversi continenti: in inglese, francese e portoghese per l’Africa; in amarico per l’Etiopia e in igrigna per l’Eritrea, che lotta per la sua indipendenza; in portoghese (brasiliano!) e spagnolo per l’America Latina; in inglese e poi in malayalam, hindi e tamil per l’India, dopo il viaggio di Paolo VI nel 1964 a Bombay. E proprio Paolo VI, in un importante discorso programmatico nel 1966, inaugurando nuovi trasmettitori a Santa Maria di Galeria, insiste affinché la Radio metta al centro della sua attenzione la produzione dei programmi. Resteranno impresse nella memoria le sue parole: «A nulla servirebbe avere un magnifico strumento, se non lo si sapesse magnificamente usare».
Mentre p. Stefanizzi rimane direttore tecnico, la Radio nel suo insieme viene affidata a p. Giacomo Martegani (già direttore de La Civiltà Cattolica) come direttore generale, e vengono create le due nuove figure del direttore dei programmi (p. Jorge Blajot) e del direttore del «Radiogiornale», cioè dell’informazione (p. Francesco Farusi). L’Emittente pontificia assume così una struttura più articolata ed efficace per svolgere la sua missione. Non a caso, mentre finora la Radio era stata diretta da grandi tecnici, d’ora in poi i direttori generali saranno comunicatori con un’ampia esperienza nella vita della Chiesa e nel giornalismo.
Comunicazione per la comunione
Nel 1970 le redazioni e gli studi della Radio Vaticana si trasferiscono a Palazzo Pio, davanti a Castel Sant’Angelo, disponendo di spazi adeguati in quella che diventerà per decenni la sede principale dell’Emittente. Nel 1973 p. Roberto Tucci (anch’egli già direttore de La Civiltà Cattolica e autorevole punto di riferimento di moltissimi giornalisti durante il Concilio) succede a p. Martegani nella direzione generale. Siamo alla vigilia dell’Anno Santo 1975 e la Radio è completamente mobilitata. Non si tratta solo di trasmettere in diretta grandi celebrazioni papali, udienze ed eventi, e di darne adeguata informazione in tutte le lingue perché la Chiesa universale si senta coinvolta, ma anche di svolgere un servizio per i pellegrini che arrivano da tutto il mondo a Roma.
Nasce per questo un nuovo programma in diretta, in quattro lingue (italiano, inglese, francese e spagnolo), con tre appuntamenti quotidiani: «6983555 – Una Redazione per voi». Animato dall’indimenticabile don Pierfranco Pastore e da un gruppo di giovani redattori, è impostato con la formula geniale di fornire non soltanto le informazioni più utili sugli eventi dell’Anno Santo, ma anche un’informazione essenziale sugli eventi internazionali per chi si trova temporaneamente a Roma. È un successo. Queste trasmissioni plurilinguistiche in diretta dal primo mattino al tardo pomeriggio continueranno e si evolveranno con il nome di «Quattrovoci». Aggiungendosi al classico «Radiogiornale», trasmesso in più lingue a metà della giornata e di contenuto prevalentemente ecclesiale, esse costituiranno l’ossatura di quello che negli anni Novanta diventerà il sistema dei «Servizi informativi centrali» della Radio Vaticana, cioè il cuore del suo servizio giornalistico di attualità.
Alla crescita ulteriore della Radio Vaticana, dai secondi anni Settanta contribuiranno anche altri due nuovi arrivati: p. Pasquale Borgomeo, che sarà un dinamico e creativo direttore dei programmi; e p. Félix Juan Cabasés, responsabile della «Redazione centrale», successivamente «Servizio di Documentazione». Il primo coltiverà molto i preziosi rapporti internazionali dell’Emittente, in particolare con l’Unione Europea di Radiodiffusione (UER – EBU); il secondo lascerà un segno duraturo nell’organizzazione della documentazione e della programmazione redazionale. A lui si deve l’avvio del «Servizio previsioni», una dettagliata presentazione degli eventi ecclesiali e civili più importanti prevedibili, continuamente aggiornata, come pure l’invenzione di un sussidio molto dettagliato per seguire i viaggi dei Papi, ordinato cronologicamente e arricchito di informazioni sui singoli eventi, lo svolgimento previsto, le personalità che saranno presenti… L’impostazione è così intelligente che rimane tuttora invariata, e il sussidio ha giustamente assunto il nome storico di «Cabasario». Da oltre quarant’anni questi due servizi sono molto ambìti da tutti i giornalisti internazionali che seguono il Vaticano.
La Radio Vaticana raggiunge così la sua maturità, con crescente qualità professionale e giornalistica, che da Roma la rende cuore pulsante della comunicazione quotidiana nella Chiesa universale – «comunicazione per la comunione», come auspicava il Concilio –, ma anche attiva protagonista nel mondo più ampio della comunicazione cattolica e laica sulla vita della Chiesa.
Da Roma al mondo
L’elezione di papa Wojtyła rappresenta una vera ondata di novità e slancio per la Chiesa, e ciò si ripercuote naturalmente anche sulla Radio Vaticana, che il nuovo Papa ben conosce e apprezza, essendo polacco, per il suo servizio ai popoli privati della libertà. La Radio ne segue con attenzione appassionata i primi anni di pontificato e si trova con i microfoni aperti durante la drammatica udienza del 13 maggio 1981. La radiocronaca in diretta dell’attentato, condotta da Benedetto Nardacci, rimane uno dei documenti più impressionanti dei 90 anni di storia della Radio Vaticana.
Ma il pontificato di Giovanni Paolo II si ricorda in particolare per i viaggi internazionali, frequenti, lunghissimi, in ogni continente, con un numero incredibile di appuntamenti, di celebrazioni e di discorsi (fino a oltre 70 discorsi in viaggi massacranti, durati anche 10 giorni!). Ogni volta la Radio si mobilita, inviando al seguito e sul posto i suoi tecnici per assistere i tecnici locali per i servizi di amplificazione e di trasmissione, per aiutare i suoi redattori inviati di diverse lingue (a seconda dei Paesi visitati) nel realizzare i loro servizi radiofonici e le dirette, da diffondere da Roma perché in tutta la Chiesa si possa partecipare al pellegrinaggio del Papa itinerante. Appena finito un viaggio, si deve cominciare a prepararne un altro. Ma la Radio è facilitata, perché proprio p. Tucci dal 1982 viene ufficialmente incaricato della loro organizzazione. Anche dopo la nomina di p. Borgomeo a direttore generale, nel 1985, Palazzo Pio e la Radio rimangono la base operativa, attrezzata ed efficiente, di p. Tucci e dei suoi più stretti collaboratori – mons. Emil Paul Tscherrig e il dottor Alberto Gasbarri –, cosicché tutte le informazioni e indicazioni opportune sui viaggi del Papa sono disponibili «in casa».
In certe situazioni, il servizio svolto dalla Radio Vaticana diventa estremamente importante. Famoso è il caso del primo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia nel 1979, quando le autorità cercano in ogni modo di limitare o manipolare l’eco delle parole del Papa, controllando i media polacchi. In questa circostanza le trasmissioni in diretta e i programmi in polacco della Radio Vaticana vengono seguiti da un pubblico immenso, e il messaggio di papa Wojtyła si diffonde largamente al di là degli ostacoli.
Spesso i viaggi del Papa, fin dalla loro preparazione, sono occasione di contatti molto importanti. La Radio Vaticana non parla più solo da Roma per il mondo, ma viaggia con il Papa in tutto il mondo. Questo la porta a maturare una sua caratteristica «filosofia comunicativa» nella linea dell’«inculturazione» del messaggio che diffonde. Le diverse redazioni linguistiche non devono affatto essere mere traduttrici di testi preconfezionati da altri, ma devono cercare di dire ciò che va detto con il linguaggio proprio della loro cultura, crescendo in responsabilità. Del resto, sarebbe del tutto impossibile voler «controllare» ciò che viene detto ogni giorno in decine di ore di trasmissioni, a volte contemporanee, in una trentina di lingue diverse… Occorre che i responsabili delle Sezioni abbiano compreso bene la loro missione e stimolino con coraggio le capacità espressive dei loro collaboratori, perché il senso dell’attività del Papa e delle sue parole venga espresso nel modo adatto per ascoltatori di culture e condizioni che nessun altro a Roma può conoscere meglio di loro.
Intanto p. Sesto Quercetti, reduce dal Vietnam e da Taiwan, sviluppa negli anni Ottanta un programma vietnamita, che svolgerà un servizio straordinario per la comunità cattolica, non solo nell’informazione, ma anche nella formazione catechetica, biblica, teologica. Come l’analogo programma cinese, è il programma più lungo della giornata: oltre 40 minuti di lettura di testi molto densi, preparati quotidianamente con cura. Un lavoro durissimo, una valanga di contributi preziosi per le Chiese in difficoltà.
Alla fine degli anni Ottanta, il personale della Radio Vaticana, fra redattori e tecnici, tocca il massimo storico: si aggira sulle 400 persone, di oltre 60 nazionalità diverse, con oltre 30 lingue regolarmente utilizzate. È una straordinaria comunità multiculturale di comunicatori, piccolo specchio della ricchezza e varietà della Chiesa universale, dove il Papa poliglotta trova anche chi lo aiuta a esercitarsi per pronunciare i suoi discorsi ed esprimere i suoi saluti nelle lingue più varie. Ma anche i costi sono saliti, e il nuovo direttore dei programmi, p. Federico Lombardi, se lo sente dire fin dal primo incontro in cui viene presentato ai Superiori all’inizio del 1991, e se lo sentirà ripetere innumerevoli volte in tutti i 26 anni del suo servizio.
Una rete di radio
All’inizio degli anni Novanta, i muri sono caduti e la situazione cambia profondamente; in particolare, i programmi per l’Est possono aprirsi a corrispondenze, interviste, contatti con i Paesi destinatari, e accompagnare così il nuovo cammino delle Chiese locali nel tempo delle crescenti possibilità di azione ed espressione. Contrariamente a quanto qualcuno superficialmente pensava, la funzione dei programmi per l’Est non è affatto terminata con la caduta del comunismo, ma cambia profondamente di fronte alla sfida non meno difficile dell’influsso di una cultura tutt’altro che cristiana, proveniente dall’Ovest.
Intanto anche le tecnologie di comunicazione si sono evolute. È il tempo dei satelliti, e la Radio Vaticana ne è ben consapevole. Nella prima metà degli anni Novanta, tutti i suoi programmi, oltre che con le onde corte e medie, vengono diffusi via satellite, usando anche due nuove stazioni satellitari costruite sul colle vaticano. Ciò non mira a un ascolto diretto via satellite da parte di singole persone, ma alla ricezione in ottima qualità dei programmi da parte delle Stazioni radio che desiderano ritrasmetterli. Nel mondo la radiofonia locale si è sviluppata capillarmente, anche quella cattolica, e ora ciò avviene anche nei Paesi dell’Est, dove prima era impossibile.
I programmi nelle diverse lingue sono così ritrasmessi da un numero crescente di Emittenti sparse nei vari continenti: un numero che alla fine supererà abbondantemente il migliaio, in oltre 80 Paesi, facilitandone l’ascolto su larga scala. Mai nella sua storia la Radio Vaticana era stata ascoltata da tante persone. Il programma informativo quotidiano in polacco, ritrasmesso dalla radio nazionale, raggiunge milioni di ascoltatori; quello francese e quello brasiliano, ritrasmessi da efficienti reti di radio cattoliche, diverse centinaia di migliaia, e così via.
In questo periodo la Radio Vaticana promuove quella che si potrebbe chiamare una «ecclesiologia» della comunicazione radiofonica cattolica «in rete». Alla base, c’è la moltitudine delle Emittenti locali di vario genere, che rispondono alle esigenze dei territori da loro raggiunti; a un livello superiore, ci sono le radio o i servizi radiofonici organizzati da vescovi o Conferenze di vescovi a raggio regionale o nazionale, collegando e integrando le radio locali con i loro contributi; a livello più universale, si colloca il servizio della Radio Vaticana, che offre da Roma la voce e gli insegnamenti del Papa e le informazioni che riguardano la Chiesa nella sua dimensione più vasta. Essa sa bene di non poter né dover dire tutto: altri in loco sanno assai meglio come e che cosa dire per le esigenze della vita cristiana, ma nessuno è in condizioni così favorevoli per poter parlare sul servizio dell’unione della Chiesa che viene svolto da Roma, sui Sinodi continentali convocati dal Papa, sui suoi viaggi ecc.
Intanto anche la «filosofia comunicativa» della Radio si evolve. Il direttore del settore informativo, riorganizzato e rafforzato, p. Ignacio Arregui, insiste perché i redattori siano attenti e attivi anche nel campo dell’informazione internazionale generale; la nostra è una Chiesa che vive nel mondo, il Papa e i vescovi intervengono sui grandi avvenimenti: la pace e la guerra, la giustizia e i diritti, la fame e l’ignoranza. Dobbiamo saper spiegare seriamente il contesto in cui le parole e gli eventi ecclesiali si inseriscono. La «professionalità» giornalistica fa passi avanti.
Il Grande Giubileo e il nuovo Millennio
Intanto il pontificato di Giovanni Paolo II converge verso l’appuntamento storico del Grande Giubileo del 2000. Tutti, secondo le loro diverse prospettive, ne hanno un ricordo indelebile; anche il personale della Radio Vaticana, che lo ricorda come un tempo esaltante e insieme di lavoro massacrante. Il personale tecnico ha dovuto garantire i servizi di amplificazione e trasmissione di un numero enorme di eventi in successione e sovrapposizione continua; i redattori hanno seguìto con passione non soltanto i grandi messaggi, ma anche gli echi nell’animo di innumerevoli pellegrini delle diverse parti del mondo, culture e lingue.
Per gli appuntamenti col Papa nelle Giornate Mondiali della Gioventù si è fatta la diretta in 17 lingue diverse, mai così tante! Su Roma è stato organizzato un programma speciale in FM, in diretta permanente, con l’intreccio continuo di cinque lingue: italiano-francese-inglese su un canale, spagnolo-portoghese su un altro. Jubilaeum rimarrà un’esperienza unica, in particolare per il centinaio e più di giovani stagisti delle diverse parti del mondo che si succederanno nella sua animazione, sotto la guida geniale di alcuni redattori esperti. Già, perché la Radio Vaticana, nel corso di una ventina d’anni, ha ospitato con gioia un paio di migliaia di stagisti di molti Paesi e lingue, cosicché la «rete» delle radio cattoliche non era solo una realtà «tecnica» per la diffusione di contenuti, ma anche un tessuto sempre più fitto di conoscenze personali, di amicizie durevoli, di collaborazioni formative.
Ma il Grande Giubileo, culmine di attività e momenti spiritualmente esaltanti, è come un crinale per la storia del mondo, per il Papa, e anche per la Radio Vaticana. Indimenticabile e drammatico l’11 settembre 2001, quando siamo in diretta e sui monitor vediamo cadere le Torri gemelle di New York. Ne parleremo per giorni, riflettendo con il Papa su come far fronte nella fede a questi eventi inauditi. Poi accompagneremo con passione il Papa anziano nel suo ammirabile impegno per la pace, mentre incombe la guerra. Diffonderemo la sua voce sempre più incerta, e talvolta registreremo la sua parola, abbreviandone i silenzi e i respiri più affannosi, perché possa essere ben compresa dai fedeli, mentre il Centro Televisivo Vaticano presenta con amore la sua immagine sofferente agli occhi di innumerevoli fedeli che ne seguono con apprensione e partecipazione il declino fisico.
La morte di Giovanni Paolo II, le esequie, la preparazione del Conclave, l’elezione di Benedetto XVI, dal punto di vista comunicativo sono un tempo straordinario di mobilitazione e di armonica collaborazione fra la Radio, il Centro Televisivo Vaticano e la Sala Stampa, non solo per l’informazione da diffondere, ma anche per l’accoglienza e il servizio tecnico ai comunicatori di tutto il mondo, giunti a migliaia da ogni angolo del Pianeta, tanti come mai prima di allora.
Ci si prepara così ad altri grandi eventi che seguiranno, come la beatificazione di Giovanni Paolo II e le dimissioni di Benedetto XVI e il successivo Conclave, quando il grande Centro allestito per i giornalisti nell’Atrio dell’Aula Paolo VI, con tutti i suoi collegamenti, sarà un capolavoro di cui tutti i fruitori saranno grati. La piena collaborazione di quei giorni, frutto della comunanza di intenti e della lunga conoscenza e amicizia fra i responsabili, lascia tuttavia intuire che per il futuro sarebbe auspicabile una forma più strutturata di coordinamento fra le principali istituzioni comunicative della Santa Sede.
Nel nuovo mondo delle comunicazioni digitali
Il mondo della comunicazione infatti è cambiato. La televisione ha assunto da tempo un ruolo guida, e la rete si sviluppa con prepotenza sull’onda dei progressi delle tecnologie digitali. L’audio prodotto dalla Radio è diffuso in misura sempre maggiore in accompagnamento alle immagini delle dirette del Centro Televisivo, o alle clip video inserite su YouTube. La Radio ha avviato la digitalizzazione progressiva di tutti i suoi strumenti di elaborazione e trasmissione dell’audio, e ha aperto il suo sito internet, che si va arricchendo rapidamente di servizi e di contenuti nelle diverse lingue.
Mentre le onde corte arrivavano potenzialmente dappertutto, ma solo nel momento in cui venivano emesse, internet richiede nuovi strumenti di accesso, ma può anch’esso diffondersi capillarmente e archiviare tutti i contenuti trasmessi, che rimangono quindi accessibili nel tempo, e comprendono non solo l’audio, ma anche i testi scritti e le immagini. Le potenzialità sono quindi immense, anche per valorizzare il lavoro compiuto dalle redazioni linguistiche. Allo stesso tempo, tramite internet, ogni persona, se ne ha i mezzi, può arrivare direttamente a ogni sito e può interagire con esso. Gradualmente la strategia dello sviluppo della rete mondiale delle radio cattoliche con i suoi diversi livelli diventa in certa misura superata, e le stazioni satellitari vaticane non sono più necessarie. Da parte loro, i redattori devono diventare capaci non soltanto di redigere e pronunciare i loro testi al microfono, ma anche di pubblicare informazioni sul sito, con lo stile adatto e, se possibile, usare Facebook e altri social media per allargare gli sbocchi del loro servizio. Nel 2009 il Messaggio pasquale, pubblicato in video e audio su YouTube, è sottotitolato integralmente in 27 lingue diverse! Nella limitazione delle risorse disponibili è un nuovo impegno, gravoso ma ineludibile, una bellissima sfida.
Nel 2001 era anche scoppiata una violenta campagna contro la Radio, più precisamente contro l’attività del Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria, a motivo dell’«elettrosmog», cioè dei disturbi e dei presunti danni alla salute, conseguenti alle emissioni delle onde elettromagnetiche. Favorite dal clima elettorale del momento, poi dalla crescente sensibilità ambientalista, le polemiche sui media – a nostro avviso, del tutto pretestuose – durarono a lungo, né mancarono dolorose e sofferte vicende giudiziarie, a cui si dovette far fronte con pazienza e costanza. Oggi, per quanto riguarda la Radio, non se ne parla praticamente più, e ben altri problemi sanitari sono emersi all’attenzione del mondo; ma il Centro di Santa Maria ne rimase colpito. Il meraviglioso sistema di antenne per l’onda media – con le sue «Quattro Torri», alte 90 metri –, che garantiva una buona copertura del continente europeo, non esiste più. Col tempo, in seguito alla moltiplicazione delle ritrasmissioni da parte di altre radio e della diffusione delle comunicazioni via internet, anche i servizi in onda corta sono stati radicalmente ridotti, conservati solo per le aree per cui sono più strettamente necessari. La parabola discendente del Centro, dopo 50 anni di attività, si è accelerata.
Il sistema comunicativo della Radio Vaticana non si lascia tuttavia scoraggiare, anzi risponde alle sfide del nuovo millennio con impegno e creatività, sia facendo i primi passi nel nascente mondo digitale, sia concentrando l’attenzione sulla profondità della sua missione. La direzione dei programmi da parte di p. Andrzej Koprowski[3] (che nel 2005 ha sostituito p. Lombardi, diventato direttore generale) è uno stimolo continuo a formulare i messaggi della Chiesa, così da entrare sempre più seriamente nel cuore delle questioni umane, morali e spirituali della cultura e del mondo attuale. Non basta ripetere parole o moltiplicare notizie con strumenti nuovi e brillanti: occorre cogliere ciò che è in gioco nella vicenda umana in rapporto con la salvezza, con Dio, e aiutare la Chiesa a essere all’altezza della missione di annuncio del Vangelo per questo mondo. Secolarizzazione, globalizzazione, dialogo ecumenico, dialogo con le altre religioni e con il mondo della cultura, conversione e purificazione di fronte agli scandali degli abusi, evangelizzazione sono le grandi questioni su cui bisogna lavorare durante i pontificati di Benedetto XVI e poi di Francesco, senza lasciarsi dominare da paure o ossessioni nella cronaca degli scandali, delle crisi o delle questioni organizzative. Questa cronaca va conservata nei suoi giusti termini di verità e trasparenza.
Così la Radio Vaticana giunge alle soglie della prevista e attesa riforma del sistema delle comunicazioni della Santa Sede, imposta dalla convergenza dei diversi media nel mondo digitale, offrendo una ricca eredità di esperienze nel campo tecnico e comunicativo da investire negli impegni futuri, per una missione al servizio del Vangelo e del ministero papale che rimarrà in fondo sempre la stessa, pur cambiando negli strumenti e nei linguaggi. Come «Istituzione collegata alla Santa Sede», con propri Statuti e affidata per la sua direzione alla Compagnia di Gesù, la Radio Vaticana termina di esistere nel 2016, per essere integrata nella nuova Segreteria (poi Dicastero) per la Comunicazione. Ma questa è un’altra storia, che non tocca a noi raccontare.
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ONCE UPON A TIME THERE WAS THE VATICAN RADIO. 90 years after its inauguration
February 12, 2021 will mark the 90th anniversary of the inauguration of the Vatican Radio Station by Pius XI, who had entrusted its construction to Guglielmo Marconi and its direction to Fr. Giuseppe Gianfranceschi. The article traces the decade by decade history of the Pontifical Radio Station by focusing on its service during the time of the Second World War and the Church’s silence; on the development of programming in different languages for the different cultures of the world; and, living in harmony with the path of the Church as it has been led by eight popes during Vatican Radio’s service. The mission remained the same throughout the continuous change of historical situations and communication technologies until 2016, when the Radio ceased to exist as an institution, when it was integrated into the Secretariat – then Dicastery – for Communication.
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[1]. Cfr F. Lombardi, «Un gesuita verso il Polo Nord. Il p. Gianfranceschi al seguito della spedizione del dirigibile “Italia”», in Civ. Catt. 2021 I 176-187.
[2]. Alla storia della Radio Vaticana sono dedicati i volumi di F. Bea – A. De Carolis, Ottant’anni della Radio del Papa, 2 voll., Città del Vaticano, Libr. Ed. Vaticana, 2011.
[3]. Il p. Koprowski è mancato a Varsavia il 29 gennaio 2021, pochi giorni prima della pubblicazione di questo articolo. Egli aveva molto incoraggiato l’Autore a scriverlo e ne aveva letto e apprezzato il manoscritto. Perciò lo dedichiamo alla sua cara memoria.