|
Il volume raccoglie alcuni saggi in onore dell’Istituto Ellenico di Studi bizantini e post-bizantini di Venezia, eretto nel 1948 dallo Stato greco con il permesso di quello italiano. Gli scritti vogliono ricordare sia i direttori che lo hanno guidato fino ad oggi, sia la comunità greca che si stabilì nella città lagunare nel XIV secolo. Alcuni aspetti di questa storia, tra cui la ricca tradizione liturgica bizantina, che ha lasciato segni indelebili nella cultura veneziana, vengono approfonditi dagli studiosi delle varie discipline.
Nel Quattrocento, due fatti importanti contribuirono ad attirare i greci a Venezia: il Concilio di Ferrara-Firenze e la caduta di Costantinopoli, il 29 maggio 1453, ad opera dei turchi ottomani, guidati dal sultano Maometto II. Il Concilio permise di far conoscere la città a 700 persone: erano prelati, dotti e umanisti, sbarcati a Venezia il 4 febbraio 1438, come esperti di parte ortodossa. Essi rimasero affascinati dallo splendore di questa città, tanto che il card. Bessarione, in una lettera al doge, la definì «quasi un’altra Bisanzio». I segni di una presenza greco-bizantina erano – e sono ancora – visibili nell’arte e nell’architettura, a cominciare dalla basilica di San Marco.
Nella seconda metà del Quattrocento vivevano a Venezia probabilmente 4.000 greci: non soltanto dotti e umanisti, ma anche esponenti delle professioni e dei mestieri. Dopo i primi riconoscimenti, la comunità greca cercava di ottenere una propria autonomia dalla giurisdizione ecclesiastica veneziana, con la nomina di propri cappellani. Nel 1498 il Senato la riconobbe come confraternita. Essendo diventata insufficiente la chiesa di San Biagio, la confraternita fece la richiesta al Consiglio dei Dieci di una nuova chiesa e di un terreno per il cimitero: richiesta che fu accolta, a condizione che ci fosse anche l’approvazione della Sede Apostolica. E il 18 maggio e 3 giugno 1514 papa Leone X la diede.
I lavori della chiesa vennero ultimati nel 1573. La chiesa di San Giorgio dei Greci diventava così, per i greci della diaspora, un importante punto di riferimento (oggi è sede del Metropolita ortodosso per l’Italia). La comunità greca era ritenuta la più numerosa di tutto l’ellenismo della diaspora.
Si deve anche ricordare il legame di Venezia con Padova, che fin dal Duecento era un centro di studi superiori. Questo ci fa capire come i greci in contatto con Venezia, per potersi perfezionare in campo culturale e scientifico, scegliessero l’Università di Padova. Quando a Venezia nacquero le prime officine tipografiche, Manuzio o Giunta si affidavano ai greci esperti nella lingua classica. Anche la Signoria se ne avvaleva per far apprendere la lingua greca ai funzionari che avrebbe inviato nei propri territori del Levante.
Molto importante fu anche la tradizione dei pittori greci. Il loro influsso era evidente, come nel caso di Domenico Theotokopulos, detto El Greco, presente in città prima del 1568.
Con la caduta della Repubblica di San Marco nel 1797, la comunità greca venne assistita da cappellani provenienti dalla Grecia. Ma con l’occupazione francese, alla confraternita furono confiscati beni e capitali: un duro colpo, che diede inizio alla sua decadenza. Inoltre, con la creazione di uno Stato greco indipendente (1830), molti greci della diaspora furono indotti a tornare in patria. Per di più, il commercio europeo si spostava ormai verso altri luoghi.
Oggi l’Istituto Ellenico continua a tramandare le tradizioni dell’antica confraternita greca, dedicandosi allo studio storico, letterario e artistico dell’ellenismo bizantino moderno.
Venezia quasi un’altra Bisanzio
a cura di GIORGIO FEDALTO – RENATO D’ANTIGA
Venezia, Marcianum, 2018, 384, € 32,00.