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Verso la fine del XIX secolo, lo scultore francese Auguste Rodin (Parigi, 1840 – Meudon, 1917), considerato l’erede contemporaneo di Michelangelo, scoprì il fascino della danza. Una folgorazione destinata a influenzare gran parte della sua produzione degli ultimi anni. «L’artista deve essere pronto a lasciarsi consumare dal fuoco della propria creazione», così affermava.
Questo volume, edito da 24Ore Cultura, a corredo scientifico e iconografico dell’importante mostra Rodin e la danza, allestita al Mudec (Museo delle culture di Milano), in collaborazione con il Musée Rodin di Parigi, dal 25 ottobre 2023 al 10 marzo 2024, a cura di Aude Chevalier, Cristiana Natali ed Elena Cervellati, raccoglie i saggi – su arte, antropologia e danza – delle curatrici e di studiosi del settore, quali Sophie Biass-Fabiani (sull’arte di disegnare corpi danzanti) e Cyrielle Durox (sulla fotografia di danza al Museo Rodin), oltre al catalogo e agli apparati.
La mostra, inedita e originale, racconta il fascino e il fortissimo imprinting creativo che la danza ebbe sul genio artistico di Rodin. Al Mudec vengono presentate 15 piccole statuette in terracotta, cui Rodin lavorò tra il 1902 e il 1913, peraltro mai esposte durante la vita dello scultore. Ognuna di esse raffigura un passo, una «figura» di danza, in cui molti ballerini potrebbero ritrovare ancora oggi una posizione fondamentale, congelata nell’attimo della scultura. La libertà e la radicale sperimentazione formale di queste terrecotte sconcertano l’approccio culturale e artistico del tempo. In quel contesto storico, infatti, nasce la danza moderna e contemporanea, in cui il movimento del corpo si scioglie in una nuova libertà ritmica senza precedenti, una destrutturazione e disarticolazione di forme lontanissima dai canoni del balletto classico, eppure così attraente. Un’armonia tutta nuova e sconosciuta, che era, di fatto, figlia di un’apertura e di una contaminazione culturale legata ad altri modelli di danza provenienti da altre culture, extraeuropee ed extraoccidentali. Siamo nell’epoca della prima vera globalizzazione culturale, grazie soprattutto alle prime Esposizioni internazionali: Rodin vive appieno questa innovazione.
Nel volume si ripropone la divisione in tre sezioni realizzata in sede espositiva: 1) Movimenti di danza; influenze dall’Estremo Oriente; 2) Rodin e la danza cambogiana; Rodin e la danza del nostro tempo; 3) Danza contemporanea. Nella prima sezione, a cura di Aude Chevalier, si approfondiscono i rapporti tra lo scultore e le sue «muse», ovvero le danzatrici, fautrici delle prime rivoluzioni della danza libera o moderna, quali Loie Fuller, Isadora Duncan, Ruth St. Denis, insieme a Vaslav Nijinskij. Nel ricostruire, analizzare e interpretare i «movimenti di danza» di Rodin in mostra, Chevalier enuclea il valore primo dell’esposizione al Mudec: rendere noto «il compimento formale dell’interesse che [Rodin] nutrì sempre per la danza» (p. 44).
Di pari livello scientifico e critico sono sia la sezione a cura di Cristiana Natali, che mostra le influenze e le contaminazioni sulla danza occidentale da parte della danza cambogiana, diventata estremamente popolare in Europa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, grazie alle tournées delle danzatrici khmer a Parigi, e del particolare interesse di Rodin per la danzatrice giapponese Hanako; sia la sezione a cura di Elena Cervellati, incentrata sulle suggestioni scultoree nelle creazioni della coreografia contemporanea, dove la questione fondamentale e centrale del ritmo in danza affrontata da Rodin trova una corrispondenza nelle creazioni di coreografi di primo piano del XXI secolo, quali Anne Teresa de Keersmaeker, Anna Halprin o Alessandra Cristiani, e dove «quell’energia che pare prorompere dall’interno delle creazioni di Rodin […] è intimamente connessa con l’accanita ricerca di un’interiorità generatrice di movimento» (p. 71).
Il principale contributo del volume è nella messa a fuoco di quanto Rodin sia vitale nella transizione tra il tramonto di una tradizione e l’alba di una nuova era e visione, tra l’Ottocento e il primo Novecento, come ponte tra l’Europa e le culture extraeuropee. Scorrere e leggere le pagine di questo volume offre ai lettori la lente giusta per assimilare la lezione teorico-pratica di Rodin sulle origini della contaminazione che è alla base delle sperimentazioni artistiche contemporanee.