Il racconto della violentissima tempesta vissuta da Paolo nel capitolo 27 degli Atti degli Apostoli è relativamente poco conosciuto. Nella liturgia cattolica romana, dopo il Concilio Vaticano II, viene letta meno della metà degli Atti, ed esso non ne fa parte: si passa direttamente da At 25,13b-21 ad At 28,16-20,30-31. Che episodio incredibile, però! Abbiamo una tempesta straordinaria, una varietà di peripezie, un esito miracoloso, ma – apparentemente – del tutto naturale. Abbiamo Giulio, un centurione gentile e umano; uno strano pasto; un angelo che appare durante la notte; e un protagonista, Paolo. Egli è calmo e coraggioso, sereno e credente, generoso e intelligente. Mancano solo i pirati! Ma perché questo racconto? Perché Luca ci parla così a lungo di tale tempesta? Perché questa scena, una delle più lunghe del libro e la più lunga di tutta la fine del libro? Perché non raccontare invece il martirio di Paolo? Il capitolo 28 degli Atti, che inizia subito dopo la tempesta, è più breve e non contiene alcuna scena spettacolare: il libro si conclude così con un anticlimax, un finale che in parte è frustrante o che lascia il lettore con la voglia di saperne di più.
Poniamoci questa domanda: cosa vuole dire Luca di importante per la Chiesa, per noi? Egli non scrive un romanzo di avventura o un’opera di puro intrattenimento: scrive per edificare, per nutrire la fede, scrive da teologo. Come credenti, crediamo che tutto il Nuovo Testamento ci offra un contenuto teologico. Anche Luca, e anche gli Atti. Certo, Luca lo fa con talento, con una scrittura brillante, con sottili allusioni letterarie, ma lo fa per parlare di fede. E i cristiani hanno riconosciuto la sua opera come ispirata dallo Spirito Santo: quindi, è lo Spirito Santo che vuole dirci qualcosa in questa scena. Qualcosa che deve servirci non soltanto per intrattenerci, ma per edificarci nella fede. Ma che cosa esattamente? Cosa ci viene detto che è importante ancora oggi per la nostra fede?
Il «noi» del testo è davvero «noi»?
Chi c’è su questa barca, e perché è importante? Vorremmo sapere quanti sono i cristiani e i non cristiani. Conosciamo il numero totale delle persone, perché è indicato con una precisione del tutto eccezionale nell’opera di Luca (e nel Nuovo Testamento in generale): sono «276 anime» (At 27,37). Termine molto raro, che richiama le «anime» salvate in At 2,41, alla fine della prima predicazione di Pietro. Anime create da
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