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Un titolo d’impatto e un sottotitolo che sintetizza efficacemente il contenuto del libro. Si tratta di uno studio della mentalità giustizialista, delle sue origini, dell’affermarsi del populismo penale tra le forze politiche e i mezzi di informazione, e delle sue degenerazioni politico-culturali. Il populismo penale, scrivono gli autori, «sembra essere l’ideologia che domina il presente, se non il vero e proprio spirito del tempo» (p. 127), e caratterizza terminologia, iniziative e proposte di una parte delle forze politiche.
Luigi Manconi, già docente di sociologia dei fenomeni politici, e Federica Graziani, studiosa di filosofia e letteratura, fanno un’ampia analisi – anche con passaggi critici – dell’orientamento dei partiti che hanno dominato la scena politica italiana negli ultimi anni, di un certo modo di fare informazione con toni accesi e forcaioli, e delle politiche penali che hanno pesantemente inciso sull’inasprimento delle pene e sull’allargamento del perimetro delle condotte incriminatrici, sebbene, nello stesso periodo, i livelli di delittuosità abbiano mostrato una sensibile flessione.
Il termine «giustizialista» si è affermato nel nostro Paese alla fine degli anni Ottanta. Il giustizialismo ha trovato largo spazio nell’informazione e nel dibattito politico, spesso alimentato dalla confusione fra giustizia sociale e giustizia penale e dall’idea che la magistratura inquirente e i tribunali possano rendere giustizia al popolo punendo poteri forti e personaggi impunibili. Un’idea di giustizia che prescinde dalle garanzie processuali e dai diritti individuali. Questo clima è diventato il terreno fertile del giustizialismo morale e del populismo penale, di campagne di opinione finalizzate ad alimentare la voglia di rivalsa sociale, a trovare facili bersagli e ad esporli alla gogna mediatica di un tipo di cultura che «trasforma immediatamente l’errore in reato e il peccato in crimine» (p. 258). Una visione che confonde la politica con la morale, la morale con la giustizia e la giustizia con la politica.
L’unico argine possibile al dilagare del giustizialismo e del populismo penale – questa è la tesi degli autori – è costituito dalla cultura del garantismo e dai suoi princìpi, che trovano spazio nella Costituzione italiana e nello Stato di diritto. Un garantismo inteso non solo come insieme di tutele e vincoli nel processo penale, ma come «sistema di controlli imposti a tutti i poteri» (p. 174), a tutela di chiunque possa subirne gli abusi.
Gli autori analizzano anche il populismo ai tempi del Covid-19, dedicando all’argomento l’appendice del testo – «Il virus come forma di governo» –, in cui mostrano come le loro tesi non vengano in alcun modo messe in discussione dall’emergenza sanitaria. Anzi, lo stato di emergenza ha creato le condizioni ideali per l’affermarsi di alcune manifestazioni del populismo e del populismo penale. La pandemia ha dimostrato che «c’è un populismo che si fa immediatamente rivalsa penale e furia giudiziaria» (p. 254), e che c’è una continuità di toni e atteggiamenti del dibattito politico e delle cronache fra il periodo precedente al Covid-19 e quello della diffusione del virus. A tale proposito gli autori forniscono una serie di esempi, ricordando le diatribe sulle misure anti-contagio adottate dal governo e sugli strumenti normativi per introdurle.
Una parte del testo costituisce anche una sorta di esame per il lettore, per verificare il suo atteggiamento di fronte ad alcuni casi giudiziari e sottoporre il suo livello di rispetto dei princìpi dello Stato di diritto alla prova di fatti reali. Attraverso 11 vicende emblematiche, che hanno trovato ampia trattazione da parte dei media, il libro propone al lettore una sorta di test: giustizialista o garantista? Un quesito, o forse anche un dilemma, a cui ogni lettore potrà dare la sua risposta.
LUIGI MANCONI – FEDERICA GRAZIANI
Per il tuo bene ti mozzerò la testa. Contro il giustizialismo morale
Torino, Einaudi, 2020, 272, € 17,50.