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Che cosa si intende quando si parla di «pluralismo educativo»? Che rapporto c’è tra il sistema di istruzione pubblico, il pluralismo inteso come valore e la libertà di educazione? Quali sono i paradigmi ordinamentali e pedagogici in base ai quali modellare i sistemi di istruzione nel XXI secolo? Questi sono alcuni interrogativi che attraversano il libro di Ashley Berner, vice-direttore del Johns Hopkins Institute for Education Policy e docente presso la School of Education della Johns Hopkins University (Usa).
Nella prima parte del volume l’autore fa notare l’inefficienza dell’attuale sistema educativo americano, individuandone tre cause principali: anzitutto l’errata convinzione che «solo le scuole statali possano formare buoni cittadini»; poi che «solo le scuole statali possano offrire pari opportunità per tutti i bambini»; e infine che «ogni altro assetto ordinamentale» diverso dall’uniformità della «scuola di Stato» debba essere guardato con sospetto.
Così, i capitoli che seguono, rimettendo in discussione questi tre punti sotto un profilo storico, filosofico, giuridico e pedagogico, fanno emergere la tesi centrale del volume: superare «un assetto politico-istituzionale che privilegia lo Stato sulla società civile e un pensiero pedagogico tenacemente trincerato su posizioni che – ancorché involontariamente – rafforzano le divisioni di classe e svantaggiano i bambini più bisognosi» (p. 25).
In particolare, viene messa sotto accusa l’eccessiva uniformità del sistema di istruzione: le scuole pubbliche americane, sottolinea l’autore, «non sono “uniformi” dal punto di vista operativo: esse si differenziano per risorse finanziarie, qualità degli insegnanti, contesto territoriale, dati demografici degli studenti e perfino per alcuni accenti specifici dei programmi curricolari. Esse sono, ad ogni modo, concettualmente uniformi, poiché sono state create con l’intento di suscitare un’esperienza uniforme» (p. 66).
Eppure, rileva l’autore, non si giustifica il permanere di un tale assetto, dato che non vi è «nessun chiaro vantaggio per un sistema di istruzione uniforme nella sua capacità di preparare gli studenti dal punto di vista scolastico e civico» (p. 161): vantaggi che al contrario si potrebbero conseguire «attuando un sistema plurale ben delineato» (p. 209).
Il libro – come scrive nell’introduzione Francesco Magni – rappresenta al tempo stesso un richiamo e un’opportunità per «un vero e proprio cambio di paradigma nel modo di concepire l’istruzione pubblica» (p. 23). Infatti, al di là dei contesti territoriali e delle singole soluzioni proposte, esso fornisce elementi «per guardare con occhi nuovi questa realtà in così rapida trasformazione», al fine di «ricominciare a pensare, a immaginare e a ricostruire fin dalle fondamenta l’intero impianto – anche ideale – del sistema educativo italiano, mettendo in discussione i paradigmi culturali, ordinamentali e pedagogici che l’hanno retto finora» (p. 21).
Il testo è curato nello stile e offre spunti utili non soltanto per conoscere il sistema scolastico americano, ma anche per rilanciare un dibattito nel nostro Paese sul senso e significato della scuola italiana e sul ruolo (sociale) della scuola parificata.
ASHLEY R. BERNER
Non scuola ma scuole. Educazione pubblica e pluralismo in America
Roma, Studium, 2018, 256, € 22,50.