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ABSTRACT – Nel 2012 il rettore del Politecnico di Milano fece approvare una norma che aboliva l’uso dell’italiano nei corsi avanzati dell’Università e in quelli di dottorato. Ne scaturì un contenzioso con un centinaio di professori dello stesso Politecnico che si concluse con una sentenza della Corte Costituzionale (42/2017), la quale ha stabilito che mai una lingua straniera può sostituire o accantonare la lingua italiana, alla quale spetta un primato, implicitamente riconosciuto nell’articolo 9 della Costituzione della Repubblica. La Corte ha inteso legiferare non sulla lingua della scienza (come è considerato oggi l’inglese), ma sulla lingua della didattica. Questa è una distinzione importante.
Il linguista Claudio Marazzini, dal 2014 presidente dell’Accademia della Crusca, ha recentemente descritto un fenomeno autodistruttivo – comune a tutte le lingue d’Europa, specialmente a quelle romanze – che sostiene l’obsolescenza e l’inutilità della nostra lingua nel mondo globalizzato in nome della «dittatura dell’inglese», che non è quasi mai il vero inglese, ma il cosiddetto globish.
Esiste l’opinione diffusa della superiorità naturale dell’inglese, che permetterebbe agli italiani di dire cose che la loro lingua non saprebbe esprimere; e assistiamo all’inserimento fastidioso di parole inglesi all’interno della lingua italiana. I prestiti di una lingua all’altra non sono di per sé un danno; anzi, possono essere un arricchimento, quando la parola di un’altra lingua porta un concetto nuovo o indica un oggetto mai visto.
Una volta, anche gli uomini di scienza ricevevano una salda formazione umanistica. Oggi, almeno in Italia, si è approfondito il solco tra le due culture, quella umanistica e quella scientifico-tecnologica. Marazzini fa osservare che, da un lato, ci si preoccupa che la scuola procuri un buon apprendimento dell’italiano e invogli gli alunni a leggere i classici della nostra letteratura; dall’altro, si sostiene praticamente e si diffonde, anche da parte di enti pubblici, l’idea che l’italiano sia ormai una lingua senza prestigio, della quale gli studiosi e gli scienziati possono fare benissimo a meno. Una contraddizione che ha un’evidente ricaduta agli occhi dei giovani e delle famiglie. E anche su una corretta divulgazione scientifica nella nostra lingua.
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THE RISKS OF «GLOBISH»
The article presents a recent book by an authoritative linguist on the problem of the dominance of English and the correlative devaluation of Italian in some of our cultural environments. A phenomenon in which both the Italian’s lack of sense of national identity and the widespread inclination to a certain xenophilia have taken their part.