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ABSTRACT – La situazione del Nicaragua, a partire dal 18 aprile in avanti in particolare, desta grande preoccupazione. Come mai il presidente Ortega, che negli anni Settanta ha combattuto per abbattere il regime dei Somoza, cerca ora di imporre la sua «dinastia» e sta reprimendo la protesta popolare che vorrebbe impedirglielo?
Ortega è riuscito a mantenere «democraticamente» la presidenza per tanto tempo e appare deciso a rimanere al potere fino alla conclusione del mandato per il quale è stato eletto, cioè fino al 2021.
Dall’inizio della protesta vengono diffuse due differenti ricostruzioni dei fatti: quella del governo, che parla di reazione a un «tentato golpe», e quella degli osservatori internazionali, che vedono in atto la repressione, ingiustificatamente violenta, di una protesta popolare. Secondo l’Associazione nicaraguense per i diritti umani, il bilancio delle vittime di questa repressione governativa, alla fine di settembre 2018, ammontava a 512 persone assassinate, 4.062 ferite, 1.428 sequestrate a opera delle forze parapoliziesche – di cui 125 ritrovate e che hanno denunciato di «essere state brutalmente torturate» –, 1.303 scomparse, che potrebbero essere state imprigionate «in maniera illegale».
Risultano al momento sospesi i colloqui di pace intavolati dalla Conferenza episcopale del Nicaragua, chiamata a intervenire proprio da Ortega. Il processo aveva fatto registrare pochissimi passi avanti, perché il governo non ha manifestato disponibilità a negoziare, e nel frattempo accentuava la repressione. Nel frattempo, alle critiche e agli attacchi verbali dello stesso Ortega contro la Cen – accusata apertamente dal Presidente di essere «golpista» per aver proposto nell’agenda per il dialogo nazionale l’anticipazione delle elezioni – si sono aggiunte aggressioni anche fisiche contro alcuni vescovi, sacerdoti, esponenti dell’Università centroamericana e difensori dei diritti umani condotte da sostenitori fanatici delle posizioni governative.
In realtà, da più parti si ravvisa che il metodo democratico di risoluzione della crisi è proprio l’anticipazione delle elezioni nel 2019 anziché nel 2021, affinché sia il popolo nicaraguense a decidere attraverso le urne il futuro del Paese. In modi diversi, ma su questa stessa linea, si sono pronunciate personalità che in passato erano state molto vicine a Ortega e che ora gli chiedono di interrompere la repressione, perfino il fratello dell’attuale presidente, il leader rivoluzionario Humberto.
È urgente e necessario restare in ascolto delle grida di tante vittime nicaraguensi e incrementare l’appoggio e la solidarietà internazionale verso questo popolo centramericano in favore della verità, della giustizia, del rispetto dei diritti umani e della volontà popolare.
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THE CURRENT SITUATION IN NICARAGUA
The situation in Nicaragua has been of grave concern since April. Why is President Ortega, who fought in the 1970s to overthrow the Somoza regime, now trying to impose his «dynasty» and repressing the popular protest that is trying to prevent him from doing so? Since the beginning of the protests two different reconstructions of events have spread: that of the government, which speaks of their response to an «attempted coup»; and that of international observers, who see the unjustifiably violent repression of a popular protest. The peace talks initiated by the Episcopal Conference of Nicaragua, called to intervene by Ortega himself, are currently suspended at the government’s request. The Author is delegated for the Mission of the Jesuit Provincial Conference of Latin America and the Caribbean.