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ABSTRACT – Sono passati quarant’anni dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro da parte di un commando delle Brigate Rosse, che uccise anche cinque componenti della scorta. Cosa è realmente accaduto? Il corso della storia è cambiato solamente per la volontà di quel gruppetto di brigatisti poco più che ventenni? Quale eredità ha lasciato lo statista nella vita politica del Paese? Purtroppo, il rischio dell’oblio è dietro l’angolo, non solamente perché circa il 70% dei ragazzi non sa chi sia stato Moro, ma per il rischio di ridurre i 62 anni della sua vita al «caso Moro» e ai 55 giorni della sua prigionia.
Quando decide di impegnarsi in politica, Moro è un giovane figlio di maestri formidabili: Giovanni Battista Montini, il suo assistente spirituale nella Fuci; Giuseppe Dossetti, per lui più che un punto di riferimento culturale; Alcide De Gasperi, il modello a cui si ispirava. Con ragione gli storici lo hanno definito «il più degasperiano dei dossettiani».
Osteggiato soprattutto dagli Stai Uniti, nell’ultima parte della sua vita politica Moro lavora per la democrazia dell’alternanza, ma non per il compromesso storico, a cui punta invece il segretario comunista Berlinguer. Quest’ultimo punto è chiarito in un’intervista a Scalfari, pubblicata postuma nell’ottobre del 1978: «Non è affatto un bene che il mio partito sia il pilastro essenziale di sostegno della democrazia italiana. Noi governiamo da trent’anni questo Paese. Lo governiamo in stato di necessità, perché non c’è mai stata la possibilità reale di un ricambio che non sconvolgesse gli assetti istituzionali ed internazionali […]. La nostra democrazia è zoppa fino a quando lo stato di necessità durerà. Fino a quando la Democrazia cristiana sarà inchiodata al suo ruolo di unico partito di governo». La stagione della solidarietà nazionale che ne consegue per Moro, dunque, è solo una scelta contingente: non il punto di approdo statico e definitivo, ma solo una tappa, per il compimento della democrazia dell’alternanza.
Egli arriva a questa soglia, ma non riesce a varcarla. Le Brigate Rosse colpirono il cuore dello Stato il 16 marzo, giorno in cui per la prima volta i comunisti votarono la fiducia a un governo guidato da Giulio Andreotti. L’architetto dell’accordo con Berlinguer era stato Moro.
Mentre la Commissione Moro 2 ha di recente introdotto punti inediti sulla sua prigionia, uno dei frutti della sua eredità è la ricerca di giustizia come riparazione e non come vendetta, come testimonia la figlia dello statista, Agnese. Le parole del figlio Giovanni invece rimangono un monito per tutti: «La verità è l’unica forma di giustizia possibile».
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40 YEARS AFTER ALDO MORO’S SACRIFICE
Forty years have passed since the kidnapping and murder of Aldo Moro and five members of his by a unit of the Red Brigade. What really happened? What is the statesman’s legacy in the political life of the nation? The risk of being forgotten is not far away, not only because about 70% of Italian youth do not know who Moro was, but because of the risk of reducing his 62 years to the “Moro case” and his 55 days of imprisonment. While the Moro 2 Commission has recently made available unpublished details about his imprisonment, one of the fruits of his legacy is the search for justice as reparation and not as revenge, as his daughter Agnese demonstrates. Meanwhile, the words of his son Giovanni remain a warning to «Truth is the only possible form of justice».