|
La cultura collaborativa va sostenuta, perché è «organizzativamente rilevante, pedagogicamente necessaria, progettualmente generativa». Nei tre capitoli del testo vengono approfondite le ragioni di una prospettiva che costituisce un valore aggiunto per i servizi educativi, in particolare per il sistema scolastico e per la realtà sociale e territoriale in cui opera. L’autore, professore di Didattica presso l’Università Cattolica di Piacenza e di Brescia, pone l’attenzione su alcune questioni cruciali delle dinamiche educative: il ruolo della società, la rilevanza centrale delle persone con le loro relazioni e le loro interazioni in un determinato contesto, in una comunità. Egli non limita la sua analisi a princìpi e teorie, ma la estende a esperienze concrete, a progetti che hanno trovato concreta attuazione, evidenziandone i risultati positivi.
La collaborazione è un principio ineludibile in considerazione del compito della scuola e delle risposte che è chiamata a dare in una realtà soggetta a continui cambiamenti, che deve fare i conti soprattutto con la multiculturalità, quindi con la necessità di trovare una unitarietà di valori riconosciuti come patrimonio comune. Finalità che possono essere raggiunte mettendo al centro il processo collaborativo e la dimensione comunitaria della scuola.
La crisi dell’educazione contemporanea e la frammentazione hanno origine nell’indebolimento della dimensione comunitaria. La comunità, a differenza della società in senso generale, implica una condivisione di un patrimonio di valori comuni, di un orizzonte comune di cultura e significati, del riconoscimento di un ethos, di una storia. Per questo viene considerata dall’autore come «soggetto unificante e punto di riferimento stabile del progetto educativo di un determinato aggregato sociale».
Intesa in questa accezione, la comunità è inevitabilmente una forza «educante», che ha bisogno di essere orientata da un progetto comune e dall’impegno di ogni singolo attore. Un modello complesso, non privo di rischi di omologazione delle diverse culture educative. Perciò gli studiosi preferiscono la definizione di «territorio educante», ritenendo questo un concetto più concreto, meno rigido, più distante da rischi ideologici e più indicativo di un luogo in cui instaurare dinamiche di rete.
Gli esempi di cooperazione educativa non mancano nella storia della pedagogia italiana – da Capitini a Dolci e a don Milani, con la Scuola di Barbiana – e anche in altri Paesi. Per rimanere sul campo d’azione italiano, l’autore ricorda «maestri innovatori», come Giunti e Malaguzzi, riporta alcuni esempi attuali di interazione con gli studenti e fra gli studenti, e i risultati positivi ottenuti sul campo dal coinvolgimento e dalla responsabilizzazione dei ragazzi. Ma mette in evidenza anche gli ostacoli, le difficoltà e i rischi, perché non si tratta di un automatismo, bensì di un processo che implica una scelta, i cui risultati non sono garantiti. La collaborazione educativa è sinonimo di partecipazione e di condivisione e richiede uno sforzo di energie individuali, una capacità di fare squadra per superare le difficoltà, da quelle legate a possibili conflittualità inevitabili nelle interazioni a quelle che possono derivare dal rapporto con le famiglie, e per superare i rischi dell’autoreferenzialità.
Una soluzione valida su cui si sofferma l’autore è quella di agire in una logica di rete per attivare una sinergia che diventi alleanza, costruendo patti. Anche in questo caso non mancano gli esempi concreti, come i patti educativi territoriali. Per esempio, nel comune di Orzinuovi (Bs), il Patto per l’educazione, promosso nel 2012 dalla Consulta dei dirigenti delle scuole statali e paritarie e sottoscritto da un numero sempre più ampio di realtà istituzionali, è stata un’iniziativa di grande rilevanza non solo per l’obiettivo raggiunto, ma anche per il percorso collaborativo che ha richiesto. Così la sinergia si è trasformata in alleanza.
PIERPAOLO TRIANI
La collaborazione educativa
Brescia, Morcelliana, 2018, 224, € 17,50.