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La ricerca di Marco Testi mette in evidenza le radici colte, spesso nascoste, della canzone d’autore degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Il libro ripercorre le canzoni dei principali cantautori italiani, tra i quali Dalla, De André, De Gregori, Tenco e Vecchioni, e dei più importanti interpreti di Oltreoceano, come Leonard Cohen e Bob Dylan. La canzone d’autore è il tentativo di fondere in un rapporto più stretto musica e testi, dietro i quali l’A. rintraccia echi, influenze e suggestioni provenienti da molteplici fonti letterarie.
Sul finire degli anni Cinquanta, si affacciano sulla scena musicale interpreti della canzone che propongono nuovi stili e nuove interpretazioni. Autori attenti ai fenomeni culturali in atto cercano di capire come poter trasferire nella canzone un messaggio più profondo e impegnato, seppure velato da ricordi struggenti e da malinconia.
Negli anni Sessanta ci si accorge che la cultura può passare anche attraverso un disco, malgrado si tenda ancora a considerare poesia vera quella scritta sui libri, «ignorando che Cohen e Dylan sono arrivati sulle antologie scolastiche e che lo stesso Cohen era un poeta e scrittore» (p. 28). In quel periodo non era immaginabile che Dylan, malgrado la sua capacità di dare voce agli esclusi e di cogliere i nuovi segnali di una generazione che sogna una società più giusta, un giorno sarebbe stato insignito del Premio Nobel. Dylan e i cantautori di lingua francese Jacques Brel e Georges Brassens saranno punti di riferimento per i cantautori italiani, come Francesco Guccini, Fabrizio De André e Francesco De Gregori.
Molteplici sono i temi di ispirazione letteraria trasfusi nelle canzoni d’autore e analizzati nel libro. Fra questi, la solitudine e il viaggio, che esercitano un fascino particolare sui cantautori, come sui poeti di epoche diverse. Entrambi i temi ritornano nelle canzoni di De Gregori, considerato uno dei più vicini alla letteratura del viaggio come avventura umana.
Il tema del «viaggio» si ritrova in diverse forme. Luigi Tenco è fra i primi cantautori a scoprire il viaggio interiore, a volte nella delusione esistenziale e nella disperazione, quando ci si rende conto che la fuga è impossibile. Stati d’animo che trovano l’espressione più significativa nelle canzoni «Un giorno dopo l’altro» e «Una vita inutile». A Tenco e alla sua tragica morte, avvenuta a 28 anni a Sanremo, De André dedica «Preghiera in gennaio», riprendendo una poesia di Francis Jammes – «Preghiera per andare in paradiso con gli asini» – del 1912. Come viene ricordato dall’A., oltre De André, anche De Gregori rende omaggio a Tenco con «Festival», che sottolinea l’aspetto del mercato a tutti i costi.
Tra le fonti d’ispirazione non potevano mancare Ulisse e il viaggio omerico. L’eroe greco ritorna attualizzato nei brani di Lucio Dalla, come «Ulisse coperto di sale», «Itaca» e «4 marzo 1943», in cui lo stesso cantautore diventa figlio di un Ulisse di passaggio: è l’uomo contemporaneo smarrito e confuso alla ricerca di un senso e di un ritorno, di un eterno ritorno.
Nel repertorio di Roberto Vecchioni, il viaggio è avvolto in atmosfere fiabesche, in brani come «Sette meno uno» e «L’estraneo». Il cantautore-professore è considerato dall’A. uno degli «artisti che esprimono una cultura, a usare schemi tradizionali, “alta”» (p. 79).
Nella musica d’autore compaiono anche chiari riferimenti ad antichi testi sacri. È il caso del famoso brano «Turn! Turn! Turn!», del 1961, interpretato da The Byrds, le cui parole sono tratte in gran parte dal Qoelet. L’A. invita il lettore a non sorprendersi se il senso del tempo della Bibbia si ritrova elettrificato nelle chitarre di The Byrds o degli Osanna.
Il libro è anche un omaggio a una cultura che si è manifestata tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta e ha lasciato tracce indelebili soprattutto in film, raduni e festival musicali diventati pietre miliari della storia della canzone, ma è soprattutto un percorso inedito e originale, che rivela la presenza di radici colte anche dove non si sarebbe immaginato di trovarle.