Il trauma psicologico è un tema che, fino a tempi recenti, ha ricevuto scarsa attenzione in sede di ricerca. Infatti, non è semplice definirlo con precisione o verificarlo, come nel caso dei traumi fisici. Gli eventi eclatanti degli ultimi anni (come il dramma dei reduci o gli attentati terroristici) hanno suscitato un crescente interesse nei confronti di questo tema, articolandosi in numerose sottocategorie, e compensando ampiamente le carenze precedenti.
Che cos’è un trauma?
L’etimologia della parola – dal greco τραῦμα, «ferita» – indica bene il significato del termine: il trauma è una ferita che segna, talvolta in maniera indelebile, l’essere che la subisce. La ferita può assumere due significati: uno legato all’evento in sé e l’altro alle conseguenze che ne derivano. Le due dimensioni della ferita, «trauma oggettivo» e «trauma psicologico», non sono alternative, ma si intrecciano: l’una può includere l’altra o esserne la conseguenza. È probabile che chi abbia subìto trascuratezza emotiva e psicologica durante l’infanzia sia più predisposto a cadere vittima di relazioni abusive in età adulta. Il trauma psicologico potrebbe essere definito come uno stato caratterizzato da esperienze post-traumatiche, scatenate da relazioni o eventi stressanti di diversa natura, che l’individuo non riesce a gestire e che hanno un impatto significativo sulla sua vita e sul suo benessere mentale[1]. Gli effetti di questo stato di sofferenza possono assumere forme intrusive e persistenti, e durare per un lasso di tempo maggiore rispetto al ristabilimento fisico.
Le esperienze riferite in proposito sono infatti accomunate da un dato temporale, da un momento discriminante tra un prima e un dopo, che determina un cambiamento significativo nella persona, limitandone l’autonomia e la capacità di cogliere gli aspetti belli e gratificanti dell’esistenza. Di fronte agli eventi sconvolgenti, il corpo e la mente vengono investiti da una forte reazione, che genera un turbine di emozioni e sensazioni fino al punto di superare le capacità di sopportazione, di tolleranza della persona. La durata dell’evento, la sua ripetizione in assenza di supporto emotivo, può avere un impatto tale da provocare forti stati emotivi e fisiologici: questi a loro volta generano reti neurali disfunzionali che alterano il modo di pensare, sentire e agire. Il vissuto traumatico così incapsulato è suscettibile di essere attivato anche in maniera intensa da vari stimoli, facendo sentire la persona sotto costante pericolo.
Pierre Janet (1859-1947) è stato un pioniere in questo campo. Egli considera il trauma psicologico un’incapacità della mente a trovare un significato, a
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