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Questo libro, a cura della prof.ssa Maria Martello, rappresenta la possibilità di ripensare il significato della mediazione dei conflitti alla luce di una visione «pluriprospettica». Come leggiamo nella Premessa, il senso della mediazione si deve comprendere in un’ottica riparativa e rigeneratrice, e l’obiettivo di questo lavoro è guardare al «nuovo che la Riforma della Giustizia avvalora», ma anche, soprattutto, riscoprire le radici filosofiche e sapienziali della riflessione sulla mediazione.
Il volume si suddivide in due parti. La prima, scritta dalla curatrice, si concentra essenzialmente sulla novità della «mediazione dei conflitti», sulle diverse prospettive da considerare, sulla dimensione educativa della mediazione e sul senso professionale del mediatore. Si tratta infatti di riconsiderare la centralità della formazione filosofico-umanistica, grazie alla quale si innesca un autentico processo di crescita, che è in grado di risvegliare non solo le qualità più propriamente umane, ma anche quelle domande di senso che accompagnano tutta la vita dell’uomo.
In quest’orizzonte si inserisce anche la formazione del mediatore. Una formazione che non potrà mai essere solo «tecnica», ma che dovrà invece valorizzare, in particolar modo, la dimensione umanistica e un approccio globale alla mediazione dei conflitti. Per questo il cosiddetto «mediatore» possiede delle autentiche chiavi di accesso all’umano. Tra le più interessanti: il pensiero laterale, la creatività e l’empatia, caratteristiche che appartengono in modo peculiare a colui o colei che è in grado di accompagnare un vero processo educativo. In ultima analisi, dunque, la mediazione dei conflitti non esiste in astratto, ma si incarna in una figura che assume e riassume in sé aspetti poliedrici, restituendo a noi l’idea di un percorso di ricerca inconcluso e sempre aperto, in cui il mediatore è interprete della complessità del reale.
La seconda parte del volume si incentra maggiormente sulla questione della giustizia, esaminata dal punto di vista giuridico e teologico. Particolarmente interessante è l’analisi di Tommaso Greco, che porta l’attenzione sulla distinzione tra diritto verticale e orizzontale, impianto sfiduciario e fiduciario, sottolineando la necessità di superare una certa idea del diritto in senso verticale, legata al potere e alla forza. In questo senso ci sembra centrale la domanda che lo stesso A. solleva, tracciando il percorso verso un diritto fiduciario: «Qual è il momento nel quale la fiducia compare dentro il diritto?» (p. 83).
Questa visione si arricchisce con il saggio di Roberto Bartoli sul paradigma giuridico della giustizia riparativa. L’A. presenta la dialettica tra giustizia punitiva e riparativa, ne esamina le differenze, ne valorizza i significati e ne descrive gli esiti, attraverso un proficuo confronto, che giunge a evidenziare non solo «i protagonisti» della giustizia punitiva e della giustizia riparativa, ma anche il rapporto tra le due dimensioni, alla ricerca di un’inevitabile complementarità.
Il terzo capitolo della seconda parte completa la visione giuridica della mediazione, ancora con particolare accento sul tema della giustizia. Luciana Breggia presenta la questione, osservando che la mediazione come sistema generale nella gestione dei conflitti è stata introdotta a opera del D. Lgs. n. 28/2010. La particolare angolatura assunta dall’A., infatti, intende arrivare a comprendere la mediazione a partire dalla giurisdizione. I diversi mondi che si intersecano in tale questione creano quello spaesamento da fronteggiare per via della «formidabile complessità dei nostri tempi» (p. 118). Il non facile equilibrio tra giurisdizione e mediazione trova qui una via di ricerca nella centralità dell’autonomia dei soggetti coinvolti, nella formazione del giudice e nella mediazione come strumento educativo.
Gli ultimi saggi che chiudono il volume presentano una prospettiva spirituale e biblica. Il superamento dei conflitti può essere un lavoro spirituale. La disamina di Letizia Tomassone delinea esattamente l’idea di giustizia come pratica relazionale e propone il modello di una «Teologia della riconciliazione» capace di connettere le differenze. Lo sguardo biblico conclude un discorso ancora aperto. Il saggio di p. Pietro Bovati riesamina la giustizia biblica nei suoi elementi originari e la identifica come giustizia di Dio: una giustizia che passa attraverso i tre atti del riconoscere, correggere e perdonare.
Possiamo concludere che il volume curato da Maria Martello dischiude una riflessione che ci invita a fare i conti con una delle sfide più grandi del nostro tempo: la giustizia, che mai come oggi rappresenta una vera aporia, quella che Jacques Derrida ha definito «l’esperienza dell’impossibile».