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François Bœspflug è autore di numerose pubblicazioni sulla storia delle religioni e sulle relative rappresentazioni artistiche; in questo volume, corredato da 100 illustrazioni, presenta l’iconografia inerente a un tema cardine nei tre monoteismi, denominato Akedah nell’arte ebraica, Legatura di Isacco-Ismaele nell’arte islamica, Il sacrificio di Abramo nell’arte cristiana. Ogni immagine è la sintesi figurativa del momento dell’immolazione, di cui l’A. dispiega la varietà stilistica e la ricchezza semantica e simbolica. I testi di riferimento sono in ordine: i versetti da 1 a 19 del capitolo 22 della Genesi e la sura 37 del Corano.
Nell’ebraismo, l’Akedah, commemorato nel Capodanno ebraico al suono dello shofar, viene collocato dalla tradizione omiletica alla fine del periodo biblico, quando il monte Moriah, indicato per il sacrificio, viene identificato con il luogo in cui fu costruito il Tempio di Salomone. Le interpretazioni di questo episodio sono orientate ad affermare che l’ingiunzione divina stabilisce l’altezza a cui devono tendere l’amore e il rispetto per Dio, fino all’obbedienza incondizionata. Infatti, prima che la condanna dei sacrifici umani venisse ribadita nel libro di Geremia (cfr Ger 7,31), di fatto tale pratica era già stata superata, in base al comandamento divino «Non uccidere». Resta inoltre innaturale la richiesta divina di uccidere un figlio che è il compimento della promessa divina fatta alla sterile Sara.
La prima rappresentazione pittorica, datata II-III secolo e scoperta nella sinagoga di Dura Europos, oggi è collocata nel Museo Nazionale di Damasco. Testimonianze di carattere musivo, miniaturistico e pittorico sono distribuite nelle antiche sinagoghe, nelle biblioteche di molte località d’Europa, fino all’epoca contemporanea, in cui si segnalano opere letterarie.
Nell’islam, il sacrificio di Abramo viene commemorato durante la «Festa del sacrificio», che coincide con il pellegrinaggio alla Mecca e con la ripetizione del gesto archetipico del sacrificio di una pecora, le cui carni vengono condivise con i bisognosi. La tradizione spesso identifica il figlio designato per il sacrificio nel primogenito di Abramo, Ismaele, che la sura 2 indica presente con Abramo all’edificazione della Kaaba.
Dalla tradizione timuride provengono le prime forme di arte figurativa, molto significativa, considerato il rapporto non univoco con le immagini: il divieto, non presente direttamente nel Corano, ma risalente agli hadith, è da sempre osservato nei soli luoghi di culto. In varie regioni furono prodotte miniature, affreschi, litografie – tranne sculture –, con uno schematismo che introduce iscrizioni e talvolta figure ignote alla tradizione ebraica e cristiana, come la presenza del padre di Abramo, ritenuto fabbricante di idoli, il quale architettò una punizione da cui il figlio dissenziente uscì indenne; e la trasfigurazione di dettagli, come il fuoco, in luogo del nimbo, per indicare la santità.
Il cristianesimo è una religione che ha prodotto una numerosa iconografica in tutte le forme di rappresentazione fin dall’arte paleocristiana, prima ancora che il concilio di Nicea II del 787 ponesse fine all’iconoclastia, nel Medioevo e dal Rinascimento all’età contemporanea. Alle Catacombe di San Callisto risale la prima raffigurazione del sacrificio di Abramo, che traduce in atto iconico di ringraziamento la fede di un Abramo obbediente, con la certezza della risurrezione dei morti (cfr Eb 11,17-19).
Straordinario è stato il ritrovamento, nella necropoli cristiana di El-Bagawat, nel deserto libico, sito romano-copto-bizantino del V secolo, di tombe ricche di graffiti, tra cui «La Cappella della pace». Questa, nella composizione simbolica del dipinto, presenta, non citata nelle Scritture, una Sara giovane sul monte Moriah, identificato nei testi apocrifi con la «Collina dell’incenso» di cui parla Ct 4,6. Nella varietà delle illustrazioni risaltano libere e simboliche riproduzioni dell’episodio, come l’associazione al sacrificio di Cristo e, via via che ci avviciniamo all’età contemporanea, connotazioni drammatiche e perplesse nei volti dei protagonisti.
Questo libro apre orizzonti di pace, con opere – di cui qui non è possibile offrire completo riscontro – che trasportano nei secoli la memoria della comune paternità di popoli in Abramo.