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Qual è il rapporto tra la creazione artistica e la morale? E tra arte e fede? A queste domande cerca di rispondere, peraltro senza mai ergersi a giudice supremo, uno dei più importanti esperti di cultura dei nostri tempi, Tzvetan Todorov, con la sua opera Il caso Rembrandt.
Lo scrittore, che approfondisce da molti anni il rapporto tra arte, letteratura e cultura in alcune epoche, parte, per rispondere a tali quesiti, dal famoso pittore olandese. Che cosa c’entra Rembrandt con il bene e il male, si chiede lo studioso? Molto, perché il grande pittore ha dovuto rinunciare a una parte di sé, non per capriccio, ma perché la conoscenza e la missione dell’artista si concretizzano solo attraverso la sua opera.
Una certa apparente noncuranza di Rembrandt – per la precisione, Rembrandt Harmenszoon van Rijn – dopo la morte della moglie Saskia, avvenuta nel 1642, quando lui aveva 36 anni, anche nella cura dell’unico figlio sopravvissuto, Titus, e i debiti da lui accumulati (i suoi beni vennero messi all’asta nel 1658) porterebbero a pensare che l’artista avesse un comportamento amorale. In effetti la Chiesa riformata olandese ebbe qualcosa da ridire, perché egli aveva avuto un figlio da una giovane donna senza averla sposata ufficialmente.
Ma Todorov ci chiede: noi restiamo indifferenti di fronte ai poveri ritratti da Rembrandt mentre accompagnati dai figli laceri bussano alle case dei benestanti? Restiamo freddi di fronte all’immagine di una ragazza povera suppliziata sul palo (e lasciata poi agli avvoltoi) per aver causato la caduta della padrona di casa che la minacciava per non aver pagato l’affitto? No, è impossibile, diciamo noi. Anzi, nota giustamente lo studioso di origine bulgara e residente in Francia, «viene spontaneo il paragone con la crocifissione di Cristo».
Che cosa è successo, si chiede e ci chiede allora Todorov? Come può un uomo apparentemente indifferente ai suoi doveri familiari causare tanta commozione in chi guarda a distanza di quattro secoli? Perché – egli risponde – non è vero che l’arte è amorale, estranea ai valori umani, autosufficiente. Solo che l’artista guarda alla vita attraverso l’opera e soltanto in essa traspone, anzi fa vivere la sua reale esperienza umana. Se deve lasciare a noi quella pietà, deve far sì che tutta la sua vita sia l’opera, e non solo il suo essere marito o padre.
Todorov porta un altro esempio: i disegni che rappresentano la moglie morente. L’atto di mettersi a dipingere di fronte alla persona amata che soffre può sembrare cinismo, ma non lo è. È il modo che l’artista ha di far conoscere quel dolore, di ricrearlo come monito per gli altri, come testimonianza e ricerca di un senso della vita. L’artista non è un uomo a metà, ma più semplicemente un essere che compie la sua missione attraverso ciò che gli è stato donato fin dall’inizio. I suoi poveri, la moglie sofferente, i condannati al patibolo ci commuovono anche dopo così tanto tempo, come se il pittore ci avesse personalmente narrato il destino di quei «miserabili», come direbbe Hugo.
Rembrandt però non è un narratore nella scrittura, ma sulla tela. Ci sono stati artisti che hanno celebrato l’indifferenza o la trasgressione, o il piacere per il piacere, o semplicemente la bellezza, così come Oscar Wilde difendeva l’autonomia dell’arte per l’arte, arrendendosi sgomento alla fine della stagione della bella e breve giovinezza.
Uno dei messaggi tramessici dalla pittura del grande pittore olandese è che «grazie a queste qualità ognuno di noi può riconoscersi nei suoi dipinti e ritrovarvi le proprie emozioni o i propri interrogativi». La solitudine è il rischio dell’artista. Non la sterilità. Il suo isolamento dal mondo ha però, come sapevano bene Flaubert e Bachtin, la consolazione di creare un mondo talmente verosimile e carico di vecchi e nuovi valori da diventare autonomo: i suoi personaggi lasciano solo il creatore e se ne vanno per le loro strade, aprendo nuovi universi di senso e contribuendo – si pensi al solitario Manzoni – alla costruzione non solo di una cultura, ma di un’intera nuova storia.
TZVETAN TODOROV
Il caso Rembrandt
Milano, Garzanti, 2017, 162, € 20,00.