RECENSIONE

FOLLIA E SALVEZZA

Follia e salvezza

Paolo Cattorini

Quaderno 4077

pag. 307 - 308

Anno 2020

Volume II

2 Maggio 2020
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C’è un pensare per concetti e un pensare per immagini. L’uno ha bisogno dell’altro. Vi sono immagini che concentrano in sé e offrono al fruitore significati fondamentali relativi all’uomo, al mondo e a Dio. Significati che sorprendono, affascinano e invitano a un impegno d’interpretazione e di comprensione, ma che non possono essere completamente ritrascritti in forma logicamente argomentativa, in proposizioni teoriche astratte. L’immagine, sintesi sensibile della verità, provoca l’intelletto e lo sollecita a svolgere discorsivamente le ragioni di un’imprevista rivelazione.

Documentare questa rilevanza essenziale della visione è l’intento della collana «Icone» dell’editrice il Mulino, in cui s’inscrive il contributo di Maurizio Ghelardi, ricercatore presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Egli utilizza una serie di opere pittoriche (riprodotte a colori nelle pagine centrali del testo) per rappresentare l’esperienza e il sentimento religiosi del XVI secolo. Gli artisti di questo periodo combinano originalmente l’eredità teologica di matrice nordica e medievale con una nuova e più secolare visione del mondo.

L’icona attorno a cui ruotano le riflessioni critiche dell’autore è la Nave dei folli di Hieronymus Bosch (dipinto datato tra il 1500 e il 1510), in cui terra, inferno e paradiso sembrano convocati per un ultimo messaggio religioso. Bosch guarda al mondo come a qualcosa d’irreale, come a una barca folle, volta al naufragio, se non intervenisse un’altra nave, quella della Chiesa, simbolo della salvezza dal diluvio attraverso la fede, come nelle Tavole del Diluvio, opera conservata a Rotterdam.

Tale duplicità corrisponde all’ambigua nozione di follia: la follia dello stolto che nega l’esistenza di Dio, del peccatore che inganna e violenta sé e gli altri, oppure la follia elogiata satiricamente da Erasmo da Rotterdam: quella follia che non solo è utile per la felicità dei giorni, ma rimanda a un Dio che salva il mondo grazie a ciò che costituisce scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani. Erasmo – per inciso – privilegiava nettamente l’esegesi delle Scritture rispetto alle illusioni dell’arte figurativa.

Nel secondo capitolo Ghelardi commenta una nota immagine letteraria. La nave dei folli, di Sebastian Brant, è un poema apparso a Basilea nel 1494, corredato da 114 xilografie, eseguite prevalentemente da Albrecht Dürer. Frasi e immagini, che compongono una simultanea enciclopedia-pinacoteca, illustrano la follia inerente a ogni vizio o passione smodata. Il testo, che ispirerà molta omiletica successiva – l’albero maestro come simbolo della croce di una nave-Chiesa che cerca di domare l’ostile potenza delle acque –, fa da lievito per vivaci aspirazioni di riforma della vita religiosa e socio-politica, denunciando la diffusione di costumi decadenti ed edonistici.

«Per Bosch non è mai la verità religiosa a essere incerta e opaca, bensì la capacità dell’uomo di salvarsi dal mondo servendosi di essa» (p. 63). Nell’opera di Pieter Bruegel il Vecchio, invece, Dio si nasconde dentro la quotidianità di un’esistenza terrena intrisa di povertà, violenza, fatica, lavoro. Nella gelida atmosfera dei suoi quadri invernali, il divino non ha bisogno di epifanie sacre né di clamorosi giudizi per condannare gli esseri umani – come accadeva in Bosch – a causa della loro nefandezza morale. Il destino resta ineluttabile e la condizione del credente si espone agli scacchi della contingenza, quasi sopravvivendo su una sottile lastra di ghiaccio.

In questa parvente indifferenza del mondo, evocata dalla rarefatta ambientazione dei suoi algidi dipinti, si incastona l’evento spirituale, che si fa largo tra perenni conflitti umani e s’innerva in una natura disincantata. Le immagini dipinte da Bruegel sono i prototipi eloquenti della transizione tra Medioevo e Rinascimento.

MAURIZIO GHELARDI
Follia e salvezza
Bologna, il Mulino, 2019, 152, € 12,00.

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