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Questo libro – dal titolo originario Dōgen: Japan’s Original Zen Teacher – è stato scritto da un professore di Studi religiosi presso la Florida International University e direttore dell’Asian Studies Program – dopo cinquant’anni di ricerche sul buddhismo giapponese –, tradotto da Anna Giulia Bifani, prefato dall’autorevole Aldo Tollini e pubblicato dall’Unione Buddhista Italiana, che nel 2021 ha fondato la casa editrice Ubiliber.
È un’offerta scientifica e pregevole al pubblico italiano, riguardante una figura magistrale del buddhismo, collocata tra i grandi pensatori dell’umanità: Eihei Dōgen (1200-53) – contemporaneo di san Francesco d’Assisi e di san Tommaso d’Aquino –, capostipite della Scuola Zen Sōtō. Celeberrima è l’opera Shōbōgenzō (qui: Tesoro dell’Occhio della vera Legge), riconosciuta come uno dei capolavori della letteratura religiosa e filosofica mondiale (confrontata con le opere, tra l’altro, di Platone, Aristotele, Plotino, Kant, Kierkegaard, Husserl e Heidegger).
Il libro di Heine consta di due parti: 1) «Vita e pensiero»; 2) «Letteratura ed eredità». Dōgen – orfano aristocratico della società giapponese medievale in transito verso la leadership dei samurai (primo periodo, di formazione, secondo Heine: dopo la morte della madre, diviene religioso sul monte Hiei e vive il grande dubbio sulla dottrina dell’illuminazione, per cui si congeda dal tempio Tendai e aderisce al nascente movimento zen) –, dopo quattro fondamentali anni di pratica e studio in Cina (secondo periodo, di trasformazione: dal tempio Kenninji del monaco Eisai in Kyōto al viaggio nel continente, vivendo con il mentore Rújìng presso il monte Tiāntóng, raggiunge l’illuminazione attraverso il solo atto di stare seduto) ritorna in patria nel 1227 per fondare la Zen Sōtō, maturando infine una notevole fama (terzo periodo, o riformativo: apre il primo monastero in Kyōto in stile cinese, e produce scritti eccezionali): è considerato il primo autorevole maestro zen del Giappone (quarto periodo, o performativo: diviene capo di un monastero zen autenticamente solitario in Eiheiji).
Il libro illustra gli aspetti principali dell’approccio di Dōgen all’insegnamento della meditazione seduta (zazen), nel contesto storico del suo tempo, e presenta le implicazioni del suo insegnamento per il mondo odierno. Un tema fondamentale degli scritti è la visione del tempo: l’accettazione radicale dell’impermanenza – caratteristica dello spirito della società giapponese; altresì, nei suoi scritti, nutrita della non-sostanzialità e della non-persistenza del buddhismo indiano – è luogo di realizzazione dell’unicità di nascita-e-morte in ogni singolo momento. Da qui le visioni esistenzialiste (alla Heidegger): dall’angoscia all’autentica consapevolezza. Heine sottolinea la rilevanza di questo primo tema per la vita contemporanea, informata dalla fisica teorica e dalla tecnologia applicata.
È evidente, quindi, l’originalità della comprensione di Dōgen della dottrina centrale mahāyāna, ossia l’illuminazione originaria, integrata nella vita quotidiana. Parimenti, è interessante il rimodellamento creativo del prestito dalla filosofia cinese classica (cfr il pensatore taoista Zhuāngzi) per una visione cosmica di vibrante attività: si consideri, in particolare, il continuum spaziotemporale, conforme all’attuale meccanica quantistica.
Il sincretismo di Dōgen ha generato una consapevolezza olistica che abbraccia la non-dualità. Per realizzare tale consapevolezza, è necessario esercitare la coscienza contemplativa, anche attraverso cerimonie sacre. Per Dōgen, i cercatori devono cogliere l’attimo attraverso una consapevolezza attenta e un comportamento decoroso: l’illuminazione è qui e ora. La cifra del pensiero e del linguaggio di Dōgen è la paradossalità. All’antico proverbio buddhista: «Quando il tempo sarà maturo, l’illuminazione sarà raggiunta» Dōgen risponde: «Il tempo è già maturo, quindi l’illuminazione avviene proprio ora».