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Due i poli magnetici che danno vita al campo di ricerca e investigazione di Lorenzo Fazzini nella scrittura dei pezzi che costituiscono il materiale raccolto in Dio fra le righe, elzeviri scritti per tre mesi per la prima pagina del quotidiano Avvenire. Questi punti di riferimento sono entrambi di origine scritturistica: da un lato, c’è: «Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono» (1 Ts 5,21); dall’altro lato, c’è: «Rendete ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15). Si tratta di due citazioni all’insegna delle quali possiamo ascrivere la curiosità e la professionalità dell’A., la meraviglia personale e la lettura teologica scaturiti dal suo incontro con i molti scrittori citati in queste pagine agili e preziose.
Che tipo di operazione ha compiuto Fazzini? Ci sembra che egli abbia attraversato il vasto campo della letteratura spigolando con grande attenzione frasi e frammenti di dialoghi, raccogliendo le une e gli altri per compiere una duplice opera di «salvezza»: da un lato, delle tensioni spirituali degli autori, e, dall’altro, delle domande di senso dei lettori.
Se Umberto Eco ha teorizzato le «passeggiate nei boschi narrativi», potremmo dire che Fazzini le ha compiute. Usando il criterio della contemporaneità e della fama, egli ha selezionato alcune pagine di grandi autori dei nostri giorni, con l’ambizione di indicare al lettore come la domanda su Dio non solo sia presente in molte pagine di scrittori d’oggi, ma per certi versi sia ineludibile, una volta che si scelga di dare ai personaggi profondità umana. Dio come orizzonte delle domande e delle vibrazioni che l’umano conosce in alcuni passaggi della propria esistenza.
L’opera di Fazzini è simile al gesto biblico della spigolatura. Questo, come sa bene chi ha un po’ di dimestichezza con l’Antico Testamento, è un atto protetto e normato. Lasciare libertà ai poveri e ai piccoli di spigolare nei campi è un segno necessario di giustizia sociale, di liberalità e di benedizione. Così l’A., che va spigolando per i campi della letteratura, ci sembra compiere una grande opera di giustizia e di liberalità: rende giustizia alla profondità umana che abita l’intelligenza del lettore e, d’altra parte, indica il «bene-dire» che molte pagine di scrittori contemporanei, nella nostra epoca disillusa e atea, pur contengono.
La lista degli scrittori citati è amplissima. Alcuni sono stimati in modo particolare: Colum McCann, Cormac McCarthy, Chaim Potok, Eric-Emmanuel Schmitt, Wendell Berry. Ma anche Annie Ernaux, Robert Schneider, Amélie Nothomb.
Come è organizzato il materiale all’interno del testo? L’agilità e la brevità dei singoli pezzi che costituiscono l’intero mosaico del volume non vengono meno nella loro raccolta. Esse rappresentano il punto di forza del libro. Piuttosto, la scelta compiuta è stata quella di «coagulare» i testi per affinità, intorno agli otto titoli dei capitoli: «Dio, una virgola»; «La fede, “piccola barca nella nebbia”»; «Amare è accettare che “ogni cosa non è più tua”»; «Comunità: aver qualcuno vicino»; «In ricerca, sul crinale fra dubbio e verità»; «Mistero, o del guardare l’invisibile»; «Il discorso deve continuare».
Come leggere questo libro? Non inganni l’agilità del testo, perché ogni pezzo è un «precipitato» di riflessione e di sintesi. Perciò, di fronte alla sua densità, si danno due possibilità. La prima è di leggerlo tutto d’un fiato, dal primo all’ultimo pezzo, per lasciarsi sommergere dall’onda lunga di questo lavoro, che dà spazio alla bellezza della parola e alla profondità della riflessione. La seconda è di leggerlo gustandolo a piccoli bocconi, facendogli indicare un cammino possibile di incontri, come briciole di pane lasciate da chi quel cammino lo ha già compiuto. Sapendo, sia nell’uno che nell’altro caso, che una sola lettura non basterà, e che potremo porre questo libro sul ripiano della libreria dove teniamo i libri cari, «frequentati».