Karl Rahner: se ne continua a parlare anche 40 anni dopo la sua morte. Nato il 5 marzo 1904 a Friburgo, in Brisgovia (Germania), ed entrato nell’Ordine dei gesuiti il 20 aprile 1922, è morto il 30 marzo 1984 a Innsbruck (Austria), poche settimane dopo aver compiuto 80 anni. Arrivato nel capoluogo tirolese nell’estate del 1936, dal 1937 al 1939 vi aveva insegnato come docente, e dal 1948 al 1963 come professore di dogmatica, fino a quando venne chiamato a occupare la cattedra di Romano Guardini a Monaco di Baviera (1963-67) e poi ancora a Münster, in Vestfalia (1967-71). Nell’autunno 1981 fece ritorno a Innsbruck, per trascorrervi la vecchiaia.
Ma che significavano per lui «vecchiaia» o «collocamento a riposo»? Rahner infatti continuò a pubblicare, a tenere conferenze, a predicare e a rilasciare interviste. Per tutta la sua vita fu uno «sgobbone», e quindi in tutto e per tutto un gesuita della «vecchia scuola». Sempre pronto a servire, metteva la sua conoscenza e la sua competenza a disposizione non solo dei colleghi e degli studenti, ma anche di persone semplici che gli chiedevano un consiglio. Un suo confratello ha affermato: «Detesta la parola “genio”. La produttività di Rahner è dovuta alla sua regolarità»[1].
Un teologo «punto di riferimento»
Rahner è diventato un «punto di riferimento». Non si continua soltanto a parlarne, ma lo si legge e lo si cita. E poi è sempre fonte di ispirazione. È impossibile pensare una teologia senza di lui, e nemmeno lodarlo con l’intento di estrometterlo. Quattro anni fa è stata portata a compimento l’edizione delle sue Opere complete (Sämtlichen Werke = SW), che era stata iniziata nel 1989 dalla Karl-Rahner-Stiftung («Fondazione Karl Rahner»)[2]. Il primo volume è apparso nel 1995, l’ultimo nella primavera del 2018. Grazie a questo impegno ciclopico, l’opera stampata è ormai totalmente accessibile ed è «entrata a far parte delle acquisizioni della ricerca storico-critica»[3]. «Così tanto Rahner» può spaventare o bloccare, soprattutto se si viene a contatto con il suo nome per la prima volta. Uno dei cinque editori delle Opere complete, Albert Raffelt, ha scritto giustamente: «Affinché questi oltre due metri [di volumi delle Opere complete] non restino un capitale infruttuoso, è molto importante che vengano letti e sviluppati a fondo nel mondo teologico attuale»[4].
Ci si potrebbe chiedere: Ma perché? Non si è già detto e scritto tutto su Rahner? Vi sono ancora delle lacune nella
Contenuto riservato agli abbonati
Vuoi continuare a leggere questo contenuto?
Clicca quioppure
Acquista il quaderno cartaceoAbbonati
Per leggere questo contenuto devi essere abbonato a La Civiltà Cattolica. Scegli subito tra i nostri abbonamenti quello che fa al caso tuo.
Scegli l'abbonamento