Il 3 febbraio 2024, il presidente senegalese, Macky Sall, ha annunciato il rinvio delle elezioni presidenziali, abrogando un suo precedente decreto che le fissava per il 25 febbraio. La sua decisione è arrivata dopo che il Parlamento aveva costituito una commissione con il compito di indagare su due giudici del Consiglio costituzionale dei quali era stata contestata l’integrità nel processo elettorale. Infatti, già alcuni deputati del Partito democratico senegalese (Pds) – la formazione politica di Karim Wade, figlio dell’ex presidente Abdoulaye Wade –, sostenuti da alcuni eletti della coalizione di governo, avevano avanzato accuse di corruzione contro due giudici del Consiglio costituzionale, i quali avevano in precedenza respinto la candidatura di Karim a causa della sua doppia nazionalità, francese e senegalese. Nel suo discorso per annunciare il rinvio delle elezioni, il presidente senegalese aveva infatti affermato che il Paese si trovava davanti a una controversia tra l’Assemblea nazionale e il Consiglio costituzionale, in aperto conflitto su una presunta faccenda di giudici corrotti. E, annunciando il rinvio delle elezioni, si era limitato a dire che le stesse sarebbero dipese dal dialogo nazionale, che avrebbe dovuto mettere insieme gruppi della società civile, partiti politici e candidati prescelti o meno dal Consiglio costituzionale[1].
Questo è stato dunque l’inizio di una crisi che ha gettato il Paese nella tensione, determinando così un periodo turbolento. Alcuni hanno parlato di un colpo di Stato costituzionale, perché in precedenza nel Senegal non si era mai saltata un’elezione presidenziale. Il Paese non aveva mai infatti conosciuto un colpo di Stato (militare). E dagli anni Novanta ha sperimentato sempre una democrazia multipartitica, con regolari cambi di governo[2]. Di fatto, secondo la Costituzione senegalese, Sall non avrebbe dovuto più guidare il Paese dopo il 2 aprile, giorno in cui scadeva il suo secondo mandato.
La crisi provocata dalla decisione del presidente ha suscitato la reazione anche delle autorità religiose, che si sono mostrate preoccupate per il rinvio delle elezioni. Per esempio, l’arcivescovo di Dakar, mons. Benjamin Ndiaye, dopo la reazione della Lega degli imam e dei predicatori del Senegal (Lips), che aveva anch’essa espresso la sua opposizione al rinvio delle elezioni, ha rivolto un appello per il rispetto della Costituzione. Secondo mons. Ndiaye, c’è bisogno «che il senegalese eviti la tecnica dell’aggiramento. Un regolamento esiste per essere seguito, e non perché non lo si raggiri. Quando si rispetta il regolamento, si può progredire»[3].
Un Paese esemplare, democraticamente
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