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«Giulia la gobba» andò in chiesa portando nella borsa una pistola, con l’intenzione di ammazzare il suo ex-fidanzato proprio nel giorno del suo matrimonio. Giulia era giovane, bella, ricca, ma aveva quella terribile deformazione sulla schiena, per cui la chiamavano «la gobba». Era il terzo uomo che l’aveva delusa, prima sfruttandola economicamente, poi promettendo di sposarla, e infine dileguandosi all’ultimo momento.
Fortunatamente, nella chiesa Giulia incontrò il santo monaco Callistrato – siamo nella Serbia ortodossa subito dopo la Prima guerra mondiale –, il quale la riportò sulla retta via. Nel monastero di San Sava a Mileševa, dove Callistrato era diventato igumeno, finalmente «Giulia la gobba» trovò la sua pace, prendendo il nome di Cassiana. Vendette tutti i suoi beni, fece della sua casa un ospizio per gli orfani, si diede a visitare gli ammalati, serbi e turchi, dei villaggi circostanti. Ma soprattutto sedeva ai piedi del suo padre spirituale.
Quando questi morì, le lasciò in eredità un manoscritto: Centuria dell’insegnamento cristiano sull’amore. «Centuria» significa «un centinaio» di pensieri, e ricorda le Centurie sulla carità di san Massimo il Confessore. Cassiana meditava ogni giorno quel manoscritto, ma quando anch’ella morì, non se ne ebbe più traccia, finché un giorno fu ritrovato sotto l’altare.
Tutta questa storia è raccontata da Nikolaj Velimirović (1881-1956), un vescovo canonizzato dalla Chiesa ortodossa serba nel 2003. Teologo, scrittore, apostolo, egli parlava correttamente sette lingue; morì nel seminario russo di San Tikhon, negli Stati Uniti (Pennsylvania). Una delle sue numerose opere è appunto Cassiana, pubblicata in serbo nel 1952 e poi tradotta in greco.
È su questa traduzione che Antonio Ranzolin ha condotto l’edizione italiana. Leggendo il sottotitolo di questo libro, ci si può chiedere: ma è possibile parlare ancora dell’amore senza cadere in banalità o in luoghi comuni? E, soprattutto, non è contraddittorio parlare di una «scienza dell’amore»? Si può insegnare ad amare? Il fatto è che non ci si stanca mai di parlare dell’amore, perché «solo l’amore attira gli esseri umani. Il fascino dell’amore è illimitato. Colti e ignoranti, ricchi e poveri, accorti e ingenui, belli e brutti, sani e malati, giovani e vecchi, tutti vogliono essere amati» (p. 104). Ma per parlare di amore, bisogna attingere alla sua sorgente.
L’autore parte dall’alto, dalla Trinità, e non si stacca mai da essa, anche quando parla dell’amore coniugale. Là infatti c’è tutta la scienza dell’amore. Trinità e Amore sono «inseparabili» (p. 77). Quando dunque si dice «Dio è amore», «ciò significa che tutta la Trinità santa è Amore. Il Padre è Amore, il Figlio è Amore, lo Spirito santo è Amore. La sorgente e l’archetipo dell’Amore tra gli angeli e tra gli uomini. Una sorgente che, quando dona, non si impoverisce e, quando riceve, non si arricchisce» (p. 91).
Ma «l’amore è inseparabile dalla verità», e la verità è Cristo (p. 105). La scienza dell’amore è connessa con la scientia crucis, e quindi solo il Crocifisso può insegnarla: «Prima di Cristo, figlia mia, non c’erano né un insegnamento sull’amore né una religione dell’amore» (p. 104).
L’epilogo della storia riserva una sorpresa, che lasciamo al lettore scoprire. Il volume si conclude con un’appendice, che è un luminoso commento al Padre nostro del vescovo Nikolaj Velimirović (pp. 143-165).