Il 20 giugno 2017, papa Francesco, dopo aver visitato la tomba di don Primo Mazzolari, anche lui profeta scomodo del nostro tempo, si recò al cimitero di Barbiana, dove riposa don Lorenzo Milani. Erano l’uno di fronte all’altro: Francesco e Lorenzo, in silenzio, in preghiera, da soli, quasi una resa di conti.
Da poco il Papa aveva liberato dalla censura il volume di don Lorenzo Esperienze pastorali e, in un messaggio per la pubblicazione dell’Opera omnia, aveva precisato che don Milani non era un prete da riabilitare, ma «un credente innamorato della Chiesa, anche se ferito».
A Barbiana, Francesco intendeva rispondere «a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo vescovo e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. […] Oggi lo fa il Vescovo di Roma: la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa». Aggiungeva che «la scuola non era una cosa diversa rispetto alla sua missione di prete. […] Egli voleva ridare ai poveri la parola, […] che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con fede consapevole. […] Tutto nasce dal suo essere prete che ha una radice ancora più profonda: la sua fede. […] Essere prete [è] il modo in cui vivere l’Assoluto. Senza questa sete di Assoluto si può essere dei buoni funzionari del sacro, ma non si può essere preti, preti veri, capaci di diventare servitori di Cristo nei fratelli».
Il 27 maggio 2023 ricorrono 100 anni dalla nascita di don Lorenzo Milani: il priore di Barbiana è ampiamente conosciuto per le sue opere e la sua scuola. Tuttavia c’è forse ancora qualcosa da scoprire in ambito religioso, per esempio nel suo ministero sacerdotale. Tre anni dopo la morte, nel 1970, proprio il tema del sacerdozio emerge nella prima intervista alla madre, Alice Weiss…