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«La mattina del 21 giugno 1630, verso le quattro e mezza, una donnicciola chiamata Caterina Rosa, trovandosi, per disgrazia, a una finestra d’un cavalcavia che allora c’era sul principio di via della Vetra dè Cittadini, dalla parte che mette al corso di porta Ticinese (quasi dirimpetto alle colonne di San Lorenzo), vide venire un uomo con una cappa nera, e il cappello sugli occhi, e una carta in mano…». Con questo incipit, che si prolunga ancora di varie righe, inizia il saggio storico di diritto più famoso della letteratura italiana moderna, la Storia della Colonna Infame di Alessandro Manzoni.
Accolta con malcontento dai lettori del gran lombardo, che s’attendevano una prosecuzione de I promessi sposi, se non addirittura un’altra prova del genio narrativo del nipote di Cesare Beccaria, nel tempo la Storia ha superato critiche, diffidenze, svalutazioni: quelle dei contemporanei che si lamentavano con Manzoni di essersi occupato di gente semplice, e quelle degli storici a noi più vicini che accusarono Manzoni di non avere spirito e metodo storico.
Quest’opera ha persino superato il test forse più difficile, quello di una lingua che a tratti risulta un po’ pesante al nostro orecchio contemporaneo, che s’è formato al gusto delle frasi semplici, della brevità e della velocità.
Tutto è in contrasto con la prosa ricca, articolata, cesellata e calibratissima di Manzoni, che richiede al lettore a ogni minimo passaggio attenzione e concentrazione: la stessa che l’autore si impose nello scrivere, modellare e cambiare, rivedere per anni questo saggio, «porta» piccola per brevità di pagine, non per valore, importantissima per entrare nel mondo letterario di Manzoni.
La Storia è infatti opera che nasce e accompagna il laboratorio linguistico, tematico e poetico de I promessi sposi, in tutto il suo tormentato percorso ventennale di gestazione. Se si può dire che non ci sarebbe la Storia senza I promessi sposi, altrettanto si può dire che la piena comprensione de I promessi sposi non si ha senza la Storia.…