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I 700 anni dalla morte di Dante hanno suscitato un grande interesse per il Poeta a livello editoriale, e questo libro ne dà testimonianza.
Alta fantasia (Paradiso, XXXIII, 142) è la modalità poetica utilizzata nella Divina Commedia. I poeti dell’«amor cortese» nel verso lirico nascondevano un amore di per sé orizzontale, mentre i teologi, nelle loro questioni, considerano un amore divino di per sé verticale. Dante, poeta theologus – o Theologus Dantes, come è indicato nell’epigrafe preparata da Giovanni del Virgilio per la tomba del Poeta –, trascende queste allegorie per mostrare che «la realtà ontologica di Dio, secondo l’annuncio neotestamentario, è agapico-relazionale: consiste nel darsi divino, ovvero nell’amore» (p. 58), incarnato in Cristo. Tanto che la verticalizzazione ascensionale verso il Paradiso non è per nulla a discapito dell’invito a riflettere sul fatto che Dio è amore in senso pieno, e che l’amare e l’amarsi vicendevole è possibile prima e nonostante l’Inferno; anzi, ci si salva con gli altri.
L’ altra teologia connota la «teologia poetica di Dante, altra – nelle forme e in taluni contenuti – dalla cosiddetta Scolastica, cioè dalla teologia ufficiale, quella accademica tardo-medievale» (p. 16). La poesia assurge a teologia quando offre il suo servizio alla scienza teologica.
Il libro è composto da tre capitoli, preceduti dall’introduzione – «A mo’ di premessa: Dante contemporaneo» –, in cui vengono esposte le basi metodologiche riguardanti la novità del testo e l’attualità del Poeta.
Il primo capitolo – «Terzo testamento» – sembra ispirarsi al brano dell’enciclica In praeclara summorum di Benedetto XV (1921): «L’Alighieri ha una straordinaria deferenza per l’autorità della Chiesa […]. Da qui quell’energica ammonizione ai Cristiani: dal momento che essi hanno due Testamenti, e contemporaneamente il Pastore della Chiesa». Ma non è così. Per l’autore, in Dante esiste un primo, un secondo e un terzo Testamento, depositari di una prima, una seconda e una terza teologia, i cui contenuti corrispondono rispettivamente all’insegnamento del «suo personale» maestro – Virgilio –, inteso come praeparatio evangelica; all’incarnazione di Cristo; e alla sua vocazione personale a «redigere […] un terzo testamento, un “terzo volume”, che rileghi l’evangelium con la praeparatio» (p. 59).
Il secondo capitolo – «Difficile ma bella» – descrive il ruolo di ancella della poesia nei confronti della teologia, allo stesso modo che la filosofia lo è per la teologia, e la ragione per la fede. La problematica non riguarda la conoscenza dell’oggetto considerato, ma la spiegazione e la responsabilità pedagogica che il poeta avverte nei confronti dei lettori. La Divina Commedia è bella; Beatrice è l’espressione compiuta di tale bellezza, in quanto icona escatologica del Cristo e verità che attesta la relazione d’amore che l’umanità può instaurare con Dio, a condizione che rispetti ciò che supera sempre sia l’ambito teologico sia quello poetico. La seduzione della bellezza è incommensurabile, ma la rivelazione pone dei limiti al teologo e al poeta.
Nel terzo capitolo – «Pensare poetando» – si dimostra che l’estetica poetica e l’itinerarium che essa persegue hanno validità esperienziale e sapienziale per la conoscenza e l’esperienza dell’Amore rivelato. L’itinerarium poetico indicato da Dante è corrispondente all’Itinerarium mentis in Deum di san Bonaventura e alla Summa Theologiae di san Tommaso. A questo proposito, l’autore afferma: «L’opzione estetica apre la questione teologica» (p. 37); «Il poeta può fungere – a suo modo – da teologo» (p. 82).
In questo libro Naro, partendo dai versi della Commedia, non trascura l’evoluzione costitutiva del contesto poetico e sviluppa un discorso teologico con l’apporto della riflessione di grandi maestri. Il suo percorso è un partire dallo spirito del primo Testamento, per scoprire il secondo Testamento, rivelato dall’incarnazione di Cristo, così da pervenire alla certezza che il pulchrum si addice alla Verità e all’Amore come l’unum, verum et bonum. Si può affermare che il velo dei versi attiene al mistero della rivelazione nella misura in cui l’incarnazione svela e vela il mistero di Dio: occorre «fare i conti col velo dell’umanità di Gesù» (p. 37) e con il «sovrasenso» della sua divinità.
MASSIMO NARO
Alta fantasia. L’altra teologia di Dante Alighieri
Brescia, Scholé, 2021, 142, € 12,00.