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Nagasaki: oggi tristemente famosa per la bomba atomica, per i cattolici era la città dove, sulla «Collina dei martiri», il 5 febbraio 1597 morirono 26 religiosi (francescani e gesuiti) e laici, e il 10 settembre 1622 furono arsi vivi o decapitati 52 cristiani fra religiosi, laici, uomini, donne e anche bambini. Il più noto di essi, e il primo a salire sul rogo, fu il gesuita Carlo Spinola. Aveva 58 anni e ne aveva trascorsi 20 in Giappone.
Autore della biografia è un suo discendente, con lo stesso nome, che ne ha voluto conoscere la storia avventurosa. Figlio illegittimo, egli diede grande lustro al padre che lo aveva rifiutato; divenuto religioso, è stato alunno, al Collegio Romano, del famoso scienziato p. Clavio (protagonista della riforma del Calendario gregoriano); fuggito dal «secolo d’oro» di Genova, si ritrovò in mezzo ai conflitti tra le potenze cattoliche e quelle protestanti.
Singolari sono i sei anni di navigazione per raggiungere la missione del Giappone, segno di una fermissima, «titanica determinazione di perseguire il martirio» (p. 18) fin dai primi anni di vita religiosa. Preziosa è la descrizione dell’A. (esperto di navigazione e di rotte), ricca di dettagli per capire come erano fatte le navi e che cosa volesse dire allora mettersi in viaggio per l’Oceano, affrontare uragani, incidenti, scarsa alimentazione, epidemie, perdita dell’orientamento.
Partito con altri gesuiti (fra cui Girolamo De Angelis, anch’egli poi martire in Giappone e beato) per raggiungere l’Oriente, durante una tempesta si ruppe il timone, e si ritrovarono in Brasile, a Bahia de Todos os Santos. Dopo un anno, dovevano infatti tornare in Portogallo, ma finirono ai Caraibi; poi, nel tentativo di raggiungere Lisbona, furono catturati dai pirati inglesi. Una volta liberati, per nulla scoraggiati, dopo un anno di attesa, ripresero la circumnavigazione dell’Africa. Attraversarono altre avventure e tempeste fino a raggiugere Macao nel 1600 e Nagasaki nel 1602.
La biografia racconta l’impegno per imparare la lingua, il lavoro pastorale e sociale. L’A. mette in rilievo l’attività svolta da p. Spinola quale «procuratore», coinvolto nel commercio della seta per garantire le risorse da destinare alle opere della missione. È un aspetto a volte male interpretato, ma dà una visione realistica dei problemi dei missionari, senza trascurare l’annuncio evangelico. A Miyako (Kyoto), Spinola riuscì a fondare un’accademia scientifica che gli aprì l’accesso ai livelli più elevati della società, fino a raggiungere l’Imperatore e lo Shôgun (il governatore militare): questi accettavano i gesuiti, perché non volevano favorire i bonzi, ma non erano entusiasti dell’«invasione cristiana», soprattutto a causa dei commerci della seta.
Nel 1612 il Giappone contava 150 religiosi, di cui 123 gesuiti. Dal 1614 iniziò una sistematica persecuzione dello Shôgun Ieyasu contro i fedeli e i missionari. La nuova fede era un pericolo, in quanto i cristiani erano visti quasi come «spie» della Chiesa di Roma: dopo la conquista delle Filippine, ora volevano occupare il Giappone. Tutti i missionari furono costretti a radunarsi a Nagasaki per espatriare, e i gesuiti, in particolare, furono subito espulsi.
P. Spinola volle rimanere in clandestinità per essere vicino ai cristiani, ma nel 1618 venne arrestato. La prigionia fu penosa e umiliante per 45 mesi. In un piccolo locale erano radunati 33 prigionieri, così stretti da non potersi distendere; non potevano nemmeno lavarsi e dovevano soddisfare le necessità corporali davanti a tutti. Il martirio diventò una liberazione, quando furono arsi vivi il 10 settembre 1622. Particolarmente commoventi sono le pagine finali, con i dettagli dell’esecuzione, dove emerge un bambino di quattro anni, battezzato da p. Spinola e che ora con la madre riceve la sua benedizione e va incontro alla spada del carnefice.
Quale fu l’efficacia del lavoro missionario? Difficile rispondere a questa domanda. Dopo l’espulsione totale dei missionari, per più di due secoli in Giappone non ci furono sacerdoti. Ma nel 1842, quando si sono riaperte le porte agli stranieri, i missionari hanno scoperto che in Giappone era sopravvissuta una notevole comunità di fedeli che erano vissuti senza Messa e senza sacramenti: erano i «cristiani nascosti», i protagonisti del film Silence di Martin Scorsese.
L’A., che non è uno storico di mestiere, ha saputo farci rivivere in modo appassionante, attraverso la figura eroica di un suo protagonista, una pagina straordinaria e drammatica dell’epopea delle missioni gesuitiche in Oriente.