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Scienza e tecnologia

Una ricerca etica condivisa nell’era digitale

Carlo Casalone

4 Aprile 2020

Quaderno 4075

Digital Transformation (iStock/kentoh)

«Si tratta di sapere se è effettivamente possibile avere di nuovo elezioni libere ed eque. Così com’è, non penso che lo sia. E quindi la mia domanda per loro è: è questo quello che volete? È così che volete che la Storia vi ricordi? Come ancelle dell’autoritarismo che è in aumento in tutto il mondo?»[1]. Queste sono le domande che Carole Cadwalladr, giornalista del quotidiano britannico Guardian, rivolge agli «dei della Silicon Valley» in un famoso «TED talk», che ha raggiunto quasi quattro milioni di visualizzazioni.

La vicenda in esame era quella della Cambridge Analytica, la società pubblicitaria che, utilizzando dati estratti da milioni di profili Facebook, aveva condizionato le elezioni presidenziali degli Usa nel 2017 e il referendum sulla Brexit del 2018. Il Guardian e il New York Times hanno accusato il social network di aver reso possibile la raccolta dei dati, pur non avendola attivamente procurata, e poi di averla sottovalutata o nascosta. Facebook ha incolpato a sua volta Cambridge Analytica di aver sottratto le informazioni in modo illecito. La vicenda ha portato alla ribalta la potenza nascosta nella messe di dati raccolti in rete: elaborandola con opportuni algoritmi, si è in grado di condizionare le decisioni personali e di ottenere effetti impressionanti in ambito sociale e politico.

Per citare un esempio più vicino ai nostri giorni, si pensi all’utilizzo in Cina e in Corea del Sud di applicazioni che, attraverso la geo­localizzazione, consentono di tracciare i percorsi e gli incontri delle persone[2]. Se da una parte la loro introduzione è motivata dallo stato di eccezione per impedire la diffusione del contagio da Covid-19, dall’altra viene così legittimata una sorveglianza sociale di precisione e capillarità inedite. Siamo davanti a una situazione che favorisce l’accettazione sociale delle nuove tecnologie, col rischio di occultare il tipo di controllo sui corpi che viene esercitato in una logica biopolitica[3].

La manipolazione della libertà che viene evidenziata da questi episodi sbarra la strada a ogni ingenua interpretazione delle nuove tecnologie digitali, come se fossero spontaneamente positive o almeno neutrali. Senza contare che questa è solo una parte della questione. Infatti, le nuove tecnologie non si sviluppano in modo isolato e settoriale, ma in stretta connessione reciproca. Per questo vengono definite «emergenti e convergenti»[4]. Raggruppate nell’acronimo NBIC, ne fanno parte lo studio sistematico della materia a un ordine di grandezza «nanometrico»[5], la biologia (inclusa la genetica), l’informatica

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Una ricerca etica condivisa nell’era digitale

Carlo Casalone

Coordina la Sezione scientifica della Pontificia Accademia per la Vita e insegna Teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana.


4 Aprile 2020

Quaderno 4075

  • pag. 30 - 43
  • Anno 2020
  • Volume II

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Si parla di:

Big Data Bioetica Covid-19 Intelligenza artificiale

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