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ABSTRACT — In queste pagine si parla di un’opera polemica di sant’Agostino, il De baptismo contra donatistas, in cui, oltre al problema concreto che deve risolvere, il vescovo di Ippona sviluppa una serie di criteri sul processo di scoperta della verità, intesa come dono dello Spirito: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (Gv 16,12-13).
Il problema da risolvere riguardava il sacramento del battesimo, all’interno della questione dei lapsi — i cristiani che avevano apostatato durante una persecuzione — e la posizione in merito dei donatisti. Essi sostenevano infatti, portando a sostegno della propria tesi la dottrina di San Cipriano su eretici e scismatici, che fosse necessario battezzare nuovamente coloro che avevano ricevuto il battesimo da ministri che essi consideravano lapsi.
Agostino non affronta il tema da una prospettiva puramente intellettuale. E distingue due livelli sui quali intende discutere con i donatisti: l’ortodossia, cioè la giusta opinione (doxa) su una questione di fede, che in questo caso riguarda la dottrina del sacramento con la sua prassi; e l’ortoprassi, che prende in considerazione il modo in cui si vive e si agisce nella Chiesa. Ora, ortodossia e ortoprassi sono due facce della stessa medaglia.
Per Agostino, un solo criterio guida l’ortoprassi: la carità. Nel De doctrina christiana, parlando dell’interpretazione della Scrittura, aveva spiegato che tutta la parola di Dio ha come argomento la carità, l’amore di Dio e del prossimo. Nello stesso tempo, oltre a essere il tema fondamentale di tutta la Scrittura, la carità diventa criterio di giudizio di ogni interpretazione della parola di Dio.
Sant’Agostino distingue dunque due aspetti: da una parte, un’opinione discussa sulla quale ci può essere discordanza; dall’altra, la carità, che è la guida delle azioni e del comportamento ecclesiale. La differenza di opinioni non può distruggere la carità, né essere causa di divisione nella Chiesa. In questo, Cipriano costituisce un esempio, al contrario di quanto pretendevano i donatisti.
Per Agostino è chiaro che subordinare la carità alle idee non è il modo per mettere in pratica l’insegnamento della Scrittura. Perché l’attaccamento alle proprie idee provoca divisioni. E l’Ipponate distingue di nuovo due livelli: «Siamo uomini. Farsi un’idea che non corrisponde alla realtà delle cose è una tentazione umana. Ma essere troppo attaccati al proprio parere o invidiare quelli migliori fino al punto da giungere al sacrilegio di rompere la comunione e creare uno scisma o un’eresia, è presunzione diabolica».