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ABSTRACT – Da sempre, la cinematografia fantastica e la fantascienza sono uno degli elementi più provocatori di letture teologiche o trascendentali, condividendo tre presupposti:
- Una teoria dell’intelligenza costruttiva: il senso non è qualcosa che viene scoperto, ma è costruito in modo invisibile. Ciò che qualcuno sperimenta in modo individuale finisce per avere un senso che viene attribuito in modo intersoggettivo. Ma ci sono realtà per le quali viene costruito un senso generalmente espresso in strutture non chiuse, in forme simboliche decisamente metaforiche, suscettibili di letture teologiche o trascendentali. Un esempio di potenzialità provocatoria delle forme simboliche non chiuse è 2001: Odissea nello spazio (1968).
- Una nozione di «campo», o «universo di significato», come quadro interpretativo in cui si strutturano i significati, e anche come spazio sociale in cui si costruiscono e circolano i significati. Non è il prodotto (il contenuto) o la ricezione che rigenera il campo, ma la circolazione intersoggettiva. In alcune storie di fantascienza invece i mondi da noi creati diventano autonomi, e noi restiamo intrappolati in essi (come nelle fictions The Matrix, eXistenZ, Solaris). Spesso l’immaginazione di mondi autonomi creati e l’immersione totale in essi sono un tipo di risposta secolare e pragmatica al desiderio antropologico di vita eterna.
- Una considerazione narrativa della tecnologia, in cui le sue manifestazioni e le sue capacità articolano un discorso metaforico di altre realtà, comprese quelle del corpo umano, della mortalità e della divinità: una «tecno-teologia». La parola techne implica la concretizzazione, l’ingresso di un’idea nel mondo sensorialmente percettibile dei fenomeni. Dunque in senso lato la tecnologia condiziona la circolazione del religioso (costruzione, consumo e ricostruzione), ma è anche un’analogia discorsiva del religioso: il tema della concretizzazione, dell’incarnazione, del «farsi corpo» come condizione per l’azione nel mondo è la novità rivelata nella fede cristiana, ed è dunque possibile la metafora di Gesù come una techne di Dio. Inoltre la dimensione dell’incarnazione, della corporeità, nostra e anche del corpo ecclesiale, risente della dialettica «ambigua» fra opacità e trasparenza e sente come disagio il ristagno in ognuna di esse: l’assoluta opacità risulta così oscura da giungere alla mancanza di significazione, e l’assoluta trasparenza è così innocua da diventare insignificante (la «mostruosità», opacità che «mostra» quello che prima era nascosto, è il tema principale di film come quelli di David Cronenberg).
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TECNO-THEOLOGICAL STORIES
Among the many contemporary narratives, there is one that can arouse disturbing readings on the transcendent reality and on our relationship with it. Fantastic cinematography and science fiction provide provocative material to arouse social debates on reality such as mortality, divinity, opacity and transparency, monstrosity and innocence. This article presents a narrative consideration of technology as a form of metaphorical representation of other realities and proposes a close relationship between technological and theological discourse. The Author is a professor at the Communications Department of the Ibero-American University of Mexico City.