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ABSTRACT – Ricorre quest’anno il centenario di un’opera filosofica a suo tempo molto letta, discussa e discutibile, ma ancora utile in qualche modo per la comprensione della presente crisi dell’Occidente: si tratta de Il tramonto dell’Occidente. Lineamenti di una morfologia della storia mondiale (1918), di Oswald Spengler (1880-1936).
La moderna psicosi del tramonto o della decadenza, con l’aura di malinconia che le è connessa, nasce nella Mitteleuropa, nell’area danubiana in cui Spengler si è formato. Ed è possibile che da essa gli sia venuta la certezza del tramonto dell’Occidente eurocentrico, come gli sembrava evidente dal capovolgimento dei valori, dal sorgere di nuove ideologie politiche, dalla mancanza di creatività, sicché allo storico rimaneva l’ufficio di essere il notaio di una tale morte.
Il naturalismo storico di Spengler applica alla storia degli uomini il modo di procedere della biologia. Unico oggetto della scienza storica sono le civiltà (Kulturen) e le grandi civiltà (Hochkulturen, ne riconosce soltanto otto). Esse non sono un fatto universale, ma realtà eccezionali, con una vita biologica intrinsecamente limitata in media entro un millennio. Quando si esaurisce in esse la forza creatrice, alla Kultur si sostituisce la Zivilisation, che porta con sé lo scetticismo, il materialismo, le correnti irrazionalistiche. Terminato il ciclo delle Hochkulturen, nulla nella vita dell’umanità ha più importanza, valore e significato. Colpisce, in questa maniera di interpretare le civiltà, il determinismo naturalistico.
L’impalcatura ideologica di Spengler è certamente crollata, insieme al mito faustiano che rimpiangeva. Quasi nessuno oggi si accorge dell’entusiasmo che suscitò nel primo Novecento. Di essa, tuttavia e purtroppo, sopravvive l’idea che la guerra sia una specie di destino biologico e storico, comunque venga di volta in volta travestita.
Dal canto suo, la Chiesa, che crede nel Signore creatore, redentore e conservatore del mondo, guarda al «teatro della storia del genere umano» come a un cammino costellato di sforzi, sconfitte e vittorie, in un progresso di maturazione nel quale permangono «gravissime afflizioni e angustie derivanti dall’imperversare della incombente minaccia di guerra». Una storia che non è deterministicamente regolata, perché è l’uomo a orientare le forze che egli stesso suscita e «che possono schiacciarlo o servirgli».
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100 YEARS ON FROM «THE DECLINE OF THE WEST»
The article commemorates the centenary of a long-celebrated philosophical essay by Oswald Spengler (The Decline of the West) and, despite its limitations, is not without relevance today. Certainly arguable both for its theoretical and practical conclusions, it is still useful in some way for the understanding of the present crisis of the West.