
AUX PORTES DE L’EUROPE1
Les gens du cirque ne vieilliront jamais,
ils changent les tigres en agneaux
quand les sirènes la nuit cherchent
à limoger leur chapiteau,
ils nourrissent de cage en cage les animaux
qui râlent, tremblent et rugissent
des bombardements bêlant dans les rues de la ville.
Fauves ou tout petits, à l’air, griffus ou dans l’eau, ils remercient
de la crinière ou du museau.
Les missiles peuvent crachoter leur capharnaüm,
rien ne soustrait l’équilibriste à sa navigation dans les hauteurs,
là où les albatros, dans les forêts du ciel, prennent impassiblement leur essor.
ALLE PORTE DELL’EUROPA
La gente del circo non invecchierà mai,
cambiano le tigri in agnelli
mentre le sirene notturne cercano
di annientare il loro tendone,
vanno di gabbia in gabbia a nutrire gli animali
che rantolano, tremano e ruggiscono
per l’urlo dei bombardamenti nelle vie della città.
Grandi belve o creature piccine, per l’aria coi loro artigli o nell’acqua ringraziano
con la criniera o col muso.
I missili possono sputacchiare caos e confusione,
ma nulla distrae l’equilibrista dalla sua navigazione nelle altezze,
dove gli albatros, nelle foreste del cielo, spiccano impassibili il volo.
1. Poesia ispirata dal documentario di Romain Goupil su Kyiv assediata, 2 place de la Victoire, Kyiv, in https://programmetv.ouest-france.fr/documentaire/geopolitique/2-place-de-la-victoire-kyiv-c250275649/
* * *
OU TOUT ENSEMBLE NE FERAIT QU’UN
Nous avons pris tout l’hiver avec nous dans la niche,
ce qui neige, siffle et renifle.
Nous sommes devenus les dauphins d’un roi de longue patience,
tels des enfants réchauffant dans leur paume
la barbe des vieux, des très vieux aux blés mûrs.
Qui peut dire quand finira la guerre ?
Les plus minés des villages égouttent leur terreur
dans l’évier des cuisines, tout n’est plus qu’un désert
recouvrant les cris, les morts et les prières,
seul un vent d’ammoniaque au silice inentamé
les visite encore de sa rumeur glacée.
Quand donc les fleurs des cerisiers,
le bon chien du berger viendront
rendre à la vie les ruines de la grande oubliée ?
DOVE TUTTO INSIEME NON FAREBBE CHE UNO
Abbiamo portato tutto l’inverno con noi nella nostra cuccia,
con la sua neve, il suo sibilo e il tirar su col naso.
Siamo divenuti principi ereditari d’un re di lunga pazienza,
come bimbi che riscaldano fra le palme delle mani
la barba dei vecchi, molto vecchi, dai frutti da tempo maturi.
Chi può dire quando finirà la guerra?
I più distrutti fra i villaggi sgocciolano il loro terrore
negli acquai delle cucine abbandonate, tutto non è più che un deserto
che copre le grida, i morti e le preghiere,
solo un vento implacabile d’ammoniaca al silicio
li visita ancora col suo brusio ghiacciato.
Quando dunque i fiori dei ciliegi,
il buon cane del pastore
Contenuto riservato agli abbonati
Vuoi continuare a leggere questo contenuto?
Clicca quioppure
Acquista il quaderno cartaceoAbbonati
Per leggere questo contenuto devi essere abbonato a La Civiltà Cattolica. Scegli subito tra i nostri abbonamenti quello che fa al caso tuo.
Scegli l'abbonamento