|
NINO ROTA, CONCERTI PER VIOLONCELLO N. 1 E N. 2, S. Chiesa, violoncello, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, C. Rovaris, direttore. Sony 8869792410 cd
Ricordiamo Giovanni Rota Rinaldi, più semplicemente Nino Rota (Milano, 3 dicembre 1911 – Roma, 10 aprile 1979) nel centenario della nascita, anche con alcuni fatti, come il presente cd, e alcune parole spese da chi lo ha stimato e gli ha voluto bene, a cominciare da Ennio Morricone, che ne faceva un riferimento costante per la sua attività e, soprattutto, per lo spirito con cui vi si dedicava.
Ciò che si sottintende qui è l’estraneità di Rota a correnti di pensiero, tra le molte del Novecento (anche quelle a lui più congeniali, come il Neoclassicismo), e soprattutto a quei rovelli imposti da una parte della critica musicale, che bollavano come ovvia e banale ogni maniera di espressione diretta e sfogata. Figurarsi, poi, quando Nino giunse a firmare un successo televisivo col tormentone de «La pappa al pomodoro» (1964) cantata da Rita Pavone!
Nino Rota ha la sua prima affermazione, undicenne, con l’oratorio L’infanzia di san Giovanni Battista (1922), prima di entrare nel Conservatorio di Milano e poi diplomandosi (1930) da privatista in composizione a Roma sotto la guida di Alfredo Casella. Dopo due anni di perfezionamento negli Stati Uniti, si laurea in Lettere (tesi di musicologia) presso l’Università di Milano. L’anno dopo compone la prima di più di 140 colonne sonore (e musiche di scena) per il film Treno popolare (1933) di Francesco Matarazzo, toccando poi, via via, ogni genere di musica, compreso il capolavoro per il teatro Il cappello di Paglia di Firenze (1955). Assieme alla recentissima (dicembre 2011) celebrativa pubblicazione del titolo, altri tre cd, firmati da Riccardo Muti tra il 1995 e il 1999, sempre per l’etichetta Sony, ci aiuteranno ad approfondire la figura di Nino Rota.
Riccardo Muti, che frequentava il Conservatorio di Bari, di cui Rota era direttore, si era sentito incoraggiato a continuare gli studi e ad allargare gli orizzonti culturali al Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, alla rinomata classe di pianoforte di Vincenzo Vitale. In seguito Muti si perfezionò anche in direzione d’orchestra a Milano con Franco Caracciolo. In ricordo del consiglio simpatetico e spassionato, e molto di più per l’apprezzamento delle musiche di Rota, Muti nella registrazione più recente ha interpretato i due Concerti per pianoforte (1960 e 1973), con la collaborazione di Giorgia Tomassi come solista, mentre nella registrazione più antica ha messo insieme un programma più composito con il Concerto per archi (1964-77), la Suite (1966) dal balletto «La strada» sul film di F. Fellini e i «Ballabili» del Gattopardo, l’omonimo film di L. Visconti. Il cd centrale, del 1997, è giustamente dedicato a musiche da film, comprese quelle per Il Padrino (otto brani) di F. F. Coppola, che valsero a Rota l’Oscar (Academy Award, 1974) per la colonna sonora della parte II, mentre sei pezzi provengono da Prova d’orchestra di Fellini e cinque riguardano Rocco e i suoi fratelli di L. Visconti. La partitura conclusiva, Sinfonia del Gattopardo, indica la fedeltà a un momento della vita che gli aveva dato particolari soddisfazioni.
Muti interpreta questi brani come musica senza etichette, valorizzando quanto li inserisce in quella tradizione italiana, da Monteverdi a tutto il Novecento, che si distingue per chiarezza formale, luce e colori nell’orchestrazione, una cantabilità inconfondibile, ma non sdolcinata, grazie al meglio di quanto sia riuscito ad ottenere dall’Orchestra Filarmonica della Scala negli anni della sua lunga collaborazione.
Questi elementi li ritroviamo nel cd recente affidato, sempre dalla Sony, ancora a interpreti italiani: la solista di fama internazionale, la violoncellista Silvia Chiesa, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai con uno dei suoi direttori ospiti, Corrado Rovaris.
Pieno di leggerezza e di grazia mozartiana, il Secondo concerto (1973) quanto il Primo (1972) si presenta drammatico, secondo una cifra che, a suo tempo, Mario Soldati — che aveva apprezzato di Rota la collaborazione in cinque suoi film, compreso Fuga in Francia (1948) — aveva benissimo espresso: tra ciò che distingue meglio la musica di Nino Rota c’è un «riposto senso tragico, l’incessante presentimento della morte, che però non pesa, anzi conferisce una straordinaria leggerezza, un’ineffabile grazia a melodie struggenti, perfette, chiuse nella loro malinconia misteriosamente felice».
Giulietta Masina volle che l’ultimo saluto a suo marito, Federico Fellini, nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli, fosse accompagnato da uno di questi temi, l’«improvviso dell’Angelo», affidato alla tromba di Mauro Maur.