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Il contesto dell’articolo. Un test eloquente di quanto il digitale abbia modificato il nostro modo di vivere è il rapporto con il tempo. Tutto sembra appiattirsi nell’istante, senza memoria e senza durata. In questo quadro risulta in evoluzione anche il rapporto con la morte.
Perché l’articolo è importante?
L’articolo ipotizza che nell’era del web la morte, appiattita sul solo piano orizzontale, da passaggio sia diventata capolinea. D’altro canto, la morte in versione fantasy sembra in maniera speciale il pubblico giovanile: ne fanno testo le rappresentazioni e narrazioni legate all’aldilà, al vampirismo, all’horror o agli zombi, i morti viventi. Il successo di queste narrazioni nell’immaginario giovanile è una richiesta non detta di parlare della morte e del suo rapporto con la vita. Tema sostanzialmente censurato nella vita ordinaria, anche in sede di predicazione.
Ora, secondo l’autore, la rivoluzione digitale ha contribuito a rendere impalpabile la differenza tra vivi e morti. I dati accumulati negli account, nei social e nei motori di ricerca vengono a formare il profilo digitale di una persona che continua a essere presente in una maniera ben diversa dai mascheramenti fittizi – un avatar, o un personaggio virtuale – di Second life. Come degli zombi digitali.
Tutto questo scenario pone una serie di problemi rilevanti in ordine all’elaborazione del lutto, al rapporto con i propri morti e con l’idea stessa di morte come punto di non ritorno definitivo. Anche perché la mutata relazione che si ha con i morti viene a influire anche sulle relazioni con i vivi, che rischiano di ridursi a parentesi episodiche, a disposizione di un click. In assenza di limiti temporali, tutto rimane aperto, ma anche caotico, incompiuto, sfilacciato. E rende più problematico coinvolgersi per sempre per qualcosa che valga la pena.
Quali sono le domande che l’articolo affronta?
- Nell’epoca digitale e dei «big data», fino a che punto una persona che muore, muore davvero?
- Come affrontare l’evoluzione culturale del tema della morte anche sul piano pastorale?
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DEATH AND THE DIGITAL (REVOLUTION)
Amongst other aspects, the digital revolution has also profoundly changed our relationship with death, to the point of making the difference between alive and dead impalpable. The data compiled from accounts, social networks and search engines form the digital profile of a person who continues to be present in a very different way from fictitious disguises – an avatar, or a virtual character – of Second life. This poses a number of relevant problems in terms of mourning, i.e. the relationship with one’s own dead and the very idea of death as the ultimate point of no return. At the same time, this article stresses the relevance of this theme and of the need to deal with it, especially in a pastoral context.