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ABSTRACT – Le mafie hanno da qualche tempo messo gli occhi sulla ricca filiera agroalimentare italiana – fatta di produzione, trasporto, distribuzione e vendita – e si sono sedute a tavola con tutti i consumatori per aumentare i propri guadagni. È questo, in poche parole, il quadro a tinte fosche delineato dal Rapporto sulle agromafie, elaborato da Coldiretti, Eurispes e Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare». La criminalità organizzata ha indossato il doppiopetto e il «colletto bianco» anche per gestire il complesso mondo del mercato alimentare. Un’economia parallela, illecita e sleale, che ha sviluppato negli anni un sottobosco criminoso che attecchisce capillarmente e agisce come il veleno in un pozzo.
La mafia è diventata dunque un qualificato imprenditore, «condiziona il mercato, stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, l’esportazione del nostro vero o falso made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding». È noto che l’Italia è un brand che fa vendere bene.
Il business agromafioso è difficile da misurare, vista la extraterritorialità del fenomeno, ma si stima che raggiunga un fatturato pari a 21,8 miliardi di euro. Questa enorme presenza invisibile è dunque in grado di stabilire, almeno in parte, cosa arriva sulle tavole degli italiani, minacciando la salute dei consumatori meno informati. Dal Rapporto emergono tutte le pratiche da contrastare: dall’abuso di manodopera a basso costo alla contraffazione dei prodotti made in Italy, dal caporalato alla gestione di interi supermercati. È possibile porre un argine a questi pericoli?
Per arginare la criminalità è anzitutto necessaria una scelta culturale che ritorni al senso del «convivio» (dal latino cum-vivere), in cui, attraverso il cibo, «viviamo insieme». Da sempre il cibo è considerato il prodotto di una cultura. Lo è quando lo si produce, quando lo si prepara e quando lo si consuma. È questa la filiera antropologica che crea comunione, ci relaziona ai frutti della creazione, ci lega al mondo circostante. Per contrastare lo strapotere delle agromafie è poi strategica la formazione nelle scuole e tra i consumatori, i quali hanno il potere di premiare il buon prodotto e l’onestà del produttore e del venditore. Anche l’investimento del Governo sui giovani agricoltori indica che la partita si può ancora vincere.
«La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare»: questo passaggio della Laudato si’ di papa Francesco è un richiamo a discernere e vigilare sulla globalizzazione dell’indifferenza, per non rimanerne vittime inconsapevoli perfino quando ci sediamo a tavola.
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AGROMAFIA
Organized crime is increasingly pervasive in Italy’s agricultural sector; the so-called «agromafia» – a neologism coined in 2011 – affects the entire agricultural industry in certain parts of Italy. From the Fifth Report of the Permanent Observatory on Agromafia criminal organizations, prepared by Coldiretti and Eurispes, what emerges are their efforts to combat these activies: from the exploitation of cheap labor to the counterfeiting of made in Italy products, from gangmaster and labor abuses to the management of entire supermarkets. A valid support to combat agromafia organizations remains education in schools and of consumers who have the power to reward the legally grown produce and the honesty of the producer and the seller. Also, the government’s investment in young farmers and additional checking activities indicates that the battle can still be won.