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ABSTRACT – Un argomento quale la vocazione di Lutero non richiama l’attenzione dei biografi: lo si dà per scontato. Tutti ne parlano, ma i più in modo generico. In realtà i fatti non sono così ovvi. Lutero entrò in monastero a 21 anni, in seguito a un temporale. Il 2 luglio 1505, mentre ritornava a Erfurt da Mansfeld, dove aveva visitato dei parenti, fu colto da un tempesta nei pressi di Stotternheim, a pochi chilometri da casa. Un fulmine cadde vicino a lui, ed egli, terrorizzato per il rischio di una morte improvvisa, fece voto a sant’Anna di farsi monaco se si fosse salvato. Due settimane dopo, il 17 luglio, Lutero entrava nel convento degli agostiniani di Erfurt e iniziava il cammino di vita religiosa nel noviziato. Né lui né gli agostiniani che lo accolsero ebbero dubbi sulla validità del voto. Era una vocazione autentica?
In tale linea, nell’articolo esamina diversi documenti dello stesso Lutero, negli anni precedenti il 1517, riguardanti il rapporto con il padre, contrario all’entrata in monastero. Il padre infatti lo aveva avviato allo studio del diritto. Ma a Martin lo studio del diritto non piaceva. Forse il giovane – spirito poetico, amante della musica, sensibile al fascino della natura – potrebbe aver sentito un impulso per la vita spirituale e contemplativa, ma anche per la vita religiosa quale garanzia di salvezza dell’anima e di pace interiore, quando nel luglio incappò nel terribile temporale che cambiò il corso della sua vita e della storia.
Sarebbe interessante entrare nell’animo di Lutero per conoscerne i sentimenti e i pensieri. I biografi si sono lanciati nelle più disparate direzioni, che è impossibile riassumere. L’articolo vuole richiamare l’attenzione su una pagina del commento alla Lettera ai Romani, un corso universitario tenuto a Wittenberg nel 1515-16, e quindi circa dieci anni dopo la sua professione religiosa. Si tratta del commento alla parte finale della Lettera, al capitolo 14, dove Lutero tratta direttamente il problema della vocazione religiosa, in modo chiaro e singolarmente concreto, ponendosi il quesito: «Che senso ha oggi farsi monaco?».
I giudizi storici confermano l’analisi fatta su queste pagine di Lutero. L’esattezza di certe formule, la critica al proverbio tradizionale secondo cui desperatio facit monachum, il problema della validità del voto, il rapporto conflittuale con il padre e il contesto della scelta fanno propendere decisamente per una vocazione autentica.
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MARTIN LUTHER’S VOCATION
The issue of Martin Luther’s vocation does not draw biographers’ attention for it is taken for granted. Yet it is fundamental to understand Martin Luther’s intentions, because the facts are not straightforward. Luther entered a monastery aged 21, and frightened at the risk of sudden death following a near miss with a lightning bolt, he vowed to St. Anne to become a monk. Neither he, nor the Augustinians who received him, questioned the validity of his vow. Was it an authentic vocation? On this line, several of Luther’s documents from the years before 1517 concerning the relationship with his father, who was contrary to his entrance to the monastery, are discussed. Historical documentation clearly affirms the authenticity of Luther’s religious vocation.