Numerose sono le biografie di don Milani apparse nel centenario della nascita, ma la Storia di µ di Alberto Melloni[1] si distingue da tutte: non solo perché ci guida attraverso le foto di un giovane Oliviero Toscani, e nemmeno per i versi di Fabrizio De André che introducono i vari capitoli, quanto piuttosto per quello che si propone. Vuole essere «un invitatorio alla lettura della sua parola, della sua figura, senza attualizzazioni superficiali, lasciando tutta la distanza fra quel presente, altro dal nostro, che era il suo» (p. 9). Di qui anche la scelta di indicare con «µ» il protagonista, in modo da lasciare intatti i nomi con cui era chiamato da chi lo amava. Melloni ha diretto l’edizione dell’Opera omnia di Milani nei «Meridiani» della Mondadori[2].
Il taglio profetico di don Milani ha origine nell’estraniarsi dall’ambiente in cui si trovò a nascere, quello alto-borghese e colto in cui vive l’infanzia: il padre, Albano Milani Comparetti, è autorizzato ad aggiungere al suo il cognome del bisnonno senatore, la madre è Alice Weiss. Sono entrambi di cospicue famiglie ebraiche. Lei è un’ashkenazita asburgica il cui cugino, Edoardo Weiss, psicanalista, era stato allievo di Freud; l’altro cugino, Ottocar, funzionario delle Generali, aveva sposato una nipote di Ippolito Nievo. In famiglia le istitutrici sono rigorosamente tedesche e l’insegnante di inglese di Alice è lo scrittore e drammaturgo James Joyce. Ciononostante Lorenzo, spesso assente a scuola per malattia, non riporta buoni voti, e viene così chiamato a sostegno un giovane, Giorgio Pasquali, il futuro padre della Filologia moderna.
Indecifrabile è il percorso che lo aprirà alla sua vocazione sacerdotale: dopo le effimere velleità pittoriche al seguito di Hans-Joachim Staude, da cui tuttavia imparerà a puntare sull’essenziale, dopo il rifiuto categorico dell’università, ecco l’ingresso nella Chiesa cattolica con il battesimo e infine il seminario, tra lo stupore e la perplessità dei suoi. Ma in Lorenzo si fa chiarezza, fin dal primo incontro con don Bensi, il quale diventerà la sua guida spirituale. Di fronte alla salma di un prete giovane, incapace di una preghiera, asserisce risoluto: «Io prenderò il suo posto» (p. 50).
Quattro mesi dopo, nel 1943, entra in seminario e nel 1947, ricevuta l’ordinazione sacerdotale, è mandato come cappellano a San Donato di Calenzano, dall’anziano don Pugi: don Lorenzo aveva rifiutato l’università e ora riceve l’incarico di dare lezioni integrative ad alcune classi elementari. Anzi, «si sperimenta maestro, non per vocazione» (p.
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