L’epoca moderna presenta una grande differenza rispetto al passato nella maniera di considerare la felicità[1]. Per gli antichi, e anche nel cristianesimo, essa era il premio dell’uomo virtuoso, strettamente connessa all’agire buono, frutto di fatica ed educazione. Inoltre, era legata a una dimensione religiosa, era un dono di Dio. Nell’epoca moderna, la felicità tende a diventare sinonimo di emozione, di un soggettivo «sentirsi bene», un sentire che può essere reso possibile non tanto da una condotta buona (che anzi presenta non di rado smentite), ma da un calcolo, da una tecnica, o da sostanze in grado di suscitare sensazioni di benessere. In tale differente modo di concepire la vita, la felicità si appiattisce sul livello orizzontale, empirico, si concretizza in una forma più precisa, ma anche più riduttiva. Con conseguenze notevoli, non solo per il nostro tema.
Una nuova visione della felicità
Il senso di accresciuto benessere e le prodigiose possibilità che la nuova scienza mette a disposizione influiscono sulla concezione della felicità. L’esaltazione dell’attività umana, resa possibile dalla rivoluzione scientifica, e un secolo più tardi dalla rivoluzione industriale, porta al «disincanto del mondo», per usare la suggestiva immagine di Marcel Gauchet[2]. In questa nuova visione, non sono più presenti gli esseri e le mediazioni che parlavano di un mondo «altro»; tra essi vi erano senza dubbio elementi incantati e folkloristici (maghi, streghe, folletti, spiriti), ma anche possibilità di aiuto alla debolezza dell’uomo (sacramenti, sacramentali, miracoli, intercessione dei santi), che si trova ora abbandonato alle sue forze. Il mondo e il cielo vengono descritti in modo più preciso, ma diventano anche più freddi, più bui, indifferenti alle vicende dell’uomo. La nuova scienza offre una spiegazione materiale, matematica, del mondo, ma lo svuota di un possibile significato spirituale, indispensabile per la qualità della vita.
Uno degli autori che hanno meglio analizzato il disincanto operato dal pensiero moderno è lo storico statunitense Lester G. Crocker. Egli scrive, a proposito della nuova visione che ha ispirato questo grandioso e inedito progetto: «Quando la cristianità crollò, fu necessario mettere qualcosa al suo posto, a meno di accettare che il mondo morale umano soccombesse di fronte all’assalto di coloro che insinuavano che non c’era diritto, ma solo forza, non legge valida, ma solo tirannia, e nessuna speranza di cambiare ciò che non poteva essere altrimenti. In qualche modo la luce doveva essere conservata accesa nella casa dell’uomo, quand’anche fosse vero che fuori non c’era
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